Saturday 14 April 2007

LA RIVOLTA DI VIA PAOLO SARPI AKA CHINATOWN

Visto che non sono capace di fare come molte persone, ovvero mettere la testa sotto la sabbia e dire "se non vedo non è reato", ho deciso di dire la mia opinione, come al solito.
Tutti sapranno della rivolta di via Paolo Sarpi a Milano, meglio conosciuta come l'Italian Chinatown. Secondo le fonti ufficiali, tutto sarebbe inziato grazie all'intervento di una zelante vigilessa che, vedendo una commerciante cinese scaricare della merce in orario non consentito, si sarebbe premurata di metterle una multa. Alla reazione della donna, secondo gli abitanti cinesi del quartiere, sarebbero scattate le reazioni dei vigili. E questo, quindi, avrebbe fatto scattare la rivolta. Ad un certo punto sarebbero pure apparse le bandiere (rosse!) della Repubblica Popolare Cinese, ultimo baluardo (insieme a Cuba) comunista.
  • qui
  • si può trovare un video e un commento decisamente più autorevole.
    Quello che voglio invece dire io è questo: non è stata la multa alla commerciante a scatenare la rivolta, ma la situazione in cui si trovano gli immigrati cinesi: la ghettizzazione. Credo che molti di coloro che vengono in Italia lo facciano per stabirvisi in pianta stabile. Ma...anche se un immigrato vuole integrarsi, come fa se dall'altra parte trova un muro di diffidenza e anche di disprezzo? Impaurito, si rifugia tra "la sua gente", che non lo disprezza.
    Mi è venuta in mente la rivolta delle periferie parigine. In quel caso la situazione era addirittura peggiore. Giovani francesi di origine algerina, marocchina o tunisina, meglio conosciuti con il disprezzante titolo di "immigrati di seconda o terza generazione" non hanno fatto altro che mostrare il loro malcontento e lanciare un segnale d'allarme ad una cultura che li vede solo come immigrati, e non come francesi a tutti gli effetti. Vivendo in una specie di limbo, ne algerini ne francesi, che cosa sono? Problema di identità. Facili prede per estremisti di ogni sorta. Rabbia per essere considerati "diversi" se non addirittura "inferiori". In Italia non c'è ancora questa emergenza ma...fra dieci o vent'anni, che succederà? Lascio agli altri la risposta e il quesito: Che cos'hanno di così diverso per essere disprezzati? Il colore della loro pelle? La loro lingua? La loro cultura? O forse sono i media che, guidati da una enorme mano invisibile megli conosciuta come governo, non fanno altro che farceli odiare al fine di meglio piegarli? A voi la risposta.
    Alla prossima.

    1 comment:

    Anonymous said...

    Io ho un'amica cinese: parla il dialetto milanese meglio di me! Razzisti di m...a!