Friday 31 August 2007

LADY DIANA SPENCER, 1997-2007

Era la notte del 31 agosto 1997. Lady Diana Spencer e il compagno Dodi, alloggianti all'Hotel Ritz di Parigi, salgono sulla Mercedes. Destinazione: ignota. I paparazzi li circondano. L'autista accelera all'inverosimile per seminarli. Si dice raggiunta la velocità folle di 180 Km/h. L'auto imbocca il tunnel dell'Alma. I paparazzi sono sempre alle costole. Ad un certo punto, un rumore. Lo schianto. La macchina si schianta contro il 13 pilone del tunnel. Diana E Dodi muiono insieme all'austita Harry Paul. Si dice che l'autista fosse ubriaco. Questa è la versione ufficiale.
Muore a soli 36 anni una delle donne più amate d'Inghilterra e del mondo, tanto amata da oscurare pure la luce della monarchia inglese.
Muore in circostanze che, dopo dieci anni, sono ancora poco chiare. C'è chi sostiene che l'autista non fosse ubriaco. Inoltre, la macchina sulla quale viaggiavano Dodi e Diana era stata misteriosamente rubata alcuni giorni prima, per poi misteriosamente riapparire. Un attentato? E da parte di chi? Perchè?
Tante le ipotesi, nessuna confermata. Si dice che Diana fosse incinta. Lo sostiene a gran voce Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi. E sostiene anche che la morte dei due sia stata architettata dai servizi segreti britannici, e forse per due motivi:
1- se Diana fosse stata veramente incinta di Dodi, avrebbe partorito un figlio di fede islamica e il futuro re d'Inghilterra non si poteva "permettere" di avere un fratellastro islamico;
2- Diana era un ostacolo al matrimonio tra Camilla e Carlo;
3- Si dice che, forse, Mohamed Al-Fayed fosse implicato nella vendita di armi e che, ad un suo sgarro, avessero voluto in realtà colpire il figlio e Diana sarebbe quindi una vittima del "fuoco incrociato".
Ma Diana era veramente incinta? Ecco una cosa che fa sospettare di si. Infatti, appena morta, Diana venne imbalsamata. Le vennero asportati gli organi interni, e al suo posto fu messa della formaldeide, sostanza che rende praticamente impossibile stabilire o meno una gravidanza. Che Mohamed avesse ragione?
Non ci è dato di saperlo. E forse non lo sapremo mai. Sta di fatto che lei è morta. E sono passati dieci anni. E giustizia, per lei, forse non sarà mai fatta.
Uno dei tanti episodi di quanto il potere sia a volte dannoso.
See ya! :-(

Thursday 30 August 2007

UN UOMO SENZA IMPORTANZA: CAPITOLO UNO


Diciamo che ho titubato un pò. Uno, perchè questo non è un semplice racconto di poche paginette, ma una specie di "romanzo" (oddio, usare la parola romanzo mi sembra esagerato!!!) di crica 80 pagine.
Ad ogni modo, lo scritti nel 2005. Il titolo venne da un'opera del drammaturgo inglese Alan Bennett, "A woman of no importance", che tradotto in italiano diventa "una donna senza importanza". E' la storia di una donna che, pur avendo una malattina mortale, continua a comportarsi come se fosse assolutamente utile all'umanità, pur non essendolo affatto.
Il mio "romanzo" è leggermente diverso: narra infatti di un laureato in ingegneria, rozzo, incapce e pure schifosamente ottuso che si crede il migliore di tutti. Si sente bello, virile, intelligente e se qualcosa gli va storto non pensa alla sua inettitudine, ma piuttosto alla sfortuna (se non trova un lavoro decente è perchè c'è troppa "concorrenza" di donne e amici degli amici).
Pur rendendosi ad un certo punto conto della sua incapacità, e cercando di porvi rimedio, combinerà solo altri guai.
Il personaggio principale, Angelo, è ispirato ad una persona che conosco veramente nella realtà. E vi posso garantire che egli è al 99% come Angelo. Un amico del mio mulo, è grazie alle mie osservazioni e ai suoi aneddoti che Angelo è nato.
Se credete che una persona simile non possa esistere, venite a Saronno e ve la presenterò. Vi basterà stare solo mezza giornata con lui perndervi conto!!! :-p
Ma passiamo al primo capitolo
L’INIZIO DI UN MITO

Sono le otto e cinque ed è veramente in ritardo. Le lezioni iniziano alle otto e trenta. Come l’anno precedente. Come sempre. E il primo giorno di scuola lui non può permettersi di arrivare in ritardo. Lui è professore, deve dare il buon esempio! Quest’anno deve veramente migliorare. Vuole essere un buon professore. Certo, prima o poi troverà un lavoro adatto alle sue competenze e capacità. Ma per ora si deve accontentare di quello. Ha comunque “interessanti prospettive per il futuro”.
Con quella Ka rosso fuoco tutta piena di bozzi, si tuffa nel traffico del mattino. Sembra una bolgia dantesca. Basta una sola macchina che vada più piano delle altre per intasare ogni via di fuga. Le bestemmie e gli strombazzi di clacson arrabbiati non si fanno certo attendere. Di solito Angelo è il primo a farsi sentire. Le sue bestemmie sono da guinness dei primati. Il suo record di mano sul clacson è di due minuti netti. Ma quella mattina è stranamente silenzioso. Ha altro per la testa. Non riesce a pensare e a suonare il clacson contemporaneamente.
Ma il tempo non aspetta certo che il traffico si snellisca. Verso le otto e un quarto Angelo ormai capisce che non riuscirà ad arrivare in orario. Si arrabbia. Picchia la mano sul clacson. Bestemmia con furore. Suda. In un attimo l’abitacolo è invaso da una puzza orribile di sudore fresco e stantio. Il suo marchio di identificazione. Tutti lo conoscono per quel suo “profumo”. E gli hanno affibbiato un nomignolo adatto: puzzone. Infatti Angelo non è un tipo che ama rimanere nella vasca fino a diventare molle come una prugna sottospirito. Non ama coprire il suo odore con profumi, saponi e deodoranti. Lo ha letto una volta sul giornale femminile di sua sorella. Alle donne piacciono gli odori naturali del maschio. Le eccita. Il suo amico Daniele poi, il “coglione” perché ha sposato una russa che poi se ne andata portandosi via anche i mobili di casa, ha confermato. Da quel momento Angelo evita di lavarsi troppo. Una doccia alla settimana. A volte anche una ogni due. Così non copre gli odori. Così le donne si eccitano. A volte, quando vuole far sentire il suo “odore maschio” alza le braccia e indossa camice non lavate. Il risultato è un penetrante odore di frittata cipollata che farebbe scappare anche una cammella in calore.
Angelo cerca di divincolarsi da quella morsa. Ma proprio mentre trova una via d’uscita viene sorpassato da una macchina. Una Panda nuovo modello blu metallizzato. Dallo specchietto retrovisore Angelo nota che è una donna, e per giunta bruttissima.
È una sfida. Un affronto. Nessuno mi sorpassa, pensa. Soprattutto una donna. Comincia quindi una “gara” all’ultimo sangue tra lui e la macchina davanti. Il cofano della Ka non disterà più di pochi centimetri dalla macchina che precede. Ogni momento è buono per poterla superare e farle vedere chi guida meglio.
Sembra che quella mattina non gli debba andare bene. E mentre attraversa la statale senza il benché minimo rispetto della distanza di sicurezza, gli appare una visione. Una ragazza di non più di quattordici, quindici anni. Forse russa. O anche una polacca. O una lettone. Una bellezza fulminea ed elettrizzante. Una prostituta mattutina. A quella visione Angelo strabuzza gli occhi. Poi, mentre la macchina sorpassa la visione, lui volta la testa di quasi 180°.
- Che figa!-
Emette un sibilo serpico carico di libido.
Si immagina completamente nudo, con l’attrezzatura del piacere al massimo della sua forma, insieme alla ragazza, stesi su un materasso lercio. Poi la chiave entra nella toppa e forza oscenamente la serratura, mentre lui ulula di piacere come un licantropo.
Quella fantasia gli è deleteria. Si è dimenticato che non è in grado di guidare e contemporaneamente fare “altro”. Semplicemente perché non è possibile.
Booom! Si ritrova quasi soffocato dall’air-bag che gli esplode in faccia. Un qualcosa di positivo in quella giornata: si è stranamente allacciato la cintura di sicurezza. Di solito lui si allaccia solo la cintura dei pantaloni. Questo “inconveniente” ha evitato che la faccia mal rasata che lui considera sexy all’estremo diventi una poltiglia sanguinolenta.
- Ma dico, sei deficiente?-
La donna alla guida della Panda scende “leggermente” contrariata. Una brutta grassona quarantenne, con il culo molliccio e piatto. Se fosse stata una bella donna, avrebbe potuto mettere in campo il suo “charme” e sistemare amichevolmente la situazione. Magari gli sarebbe potuto scappare anche un appuntamento! Ma con quella lì…solo l’idea lo fa vomitare.
- Io deficiente? Se lei non sa guidare non è colpa mia! Si può sapere perché si è fermata in mezzo alla strada?-
- In mezzo alla strada? Mi dica, lei non si ferma mai alle rotonde quando sono impegnate? No, non credo. Uno che guida come lei certo no!-
In un attimo di lucidità si rende conto che quella bruttona ha ragione. Non si può osservare una bella donna, farsi pugnette e guidare contemporaneamente!
Alla fine la questione si risolve. La colpa è di Angelo. Punto e basta. La bruttona sembra soddisfatta. Rimonta in macchina e se ne va.
Anche Angelo dovrebbe andare. È il primo giorno di scuola. È professore. Deve arrivare in orario. Ma sono le nove e dieci. E poi la macchina non parte. Ha rotto il radiatore. Oddio, lui non sa nemmeno come funziona un radiatore. Lui è ingegnere, mica un manovale!
Osserva il misero spettacolo. La Ka di sua madre. Lei non sarà certo contenta. E nemmeno il suo portafogli, perché adesso deve chiamare il carro attrezzi e questo pretenderà un pagamento faraonico.
Visto che non vuole spendere i soldi per il carro attrezzi, spinge la macchina sul ciglio della strada. Poi fa i suoi calcoli ingegneristici. Dal punto in cui si trova alla scuola ci saranno circa cinque chilometri. Se si mettesse a correre dovrebbe metterci circa mezz’ora.

Alle dieci meno venti un uomo sulla trentina, con le ascelle pezzate, la faccia mal rasata brillante di sudore, la borsa di finta pelle sporca di fango e il fiato grosso arriva davanti alla portineria di un istituto tecnico della provincia di Milano. Il bidello, un uomo sulla sessantina dal viso sottile e lo sguardo intelligente, lo saluta freddamente.
- Buongiorno professore- dice con un filo di disprezzo nella voce da fumatore incallito.
Lo guarda con disgusto. Quell’uomo. In teoria dovrebbe essere un professore di matematica. Si presenta al mondo sporco di unto, sudato, puzzolente e con la borsa sporca di fango. Una cosa simile, pensa, non l’ho mai vista. E pensa sconsolato che l’istruzione ha davvero toccato il fondo. Se come professori assumono gente simile…
Angelo però capisce il contrario. Il suo sguardo, secondo lui, è di gelosia perché non è un bell’uomo, laureato in ingegneria elettrica e con “interessanti prospettive per il futuro”. Angelo non sopporta quella gente. Perché sono stupidi e ignoranti, pensa sempre. E non sanno stare al loro posto.
- Buongiorno- dice Angelo ansimando.
Cerca di mantenere quel distacco che la sua superiorità gli impone.
Si ricompone rapidamente e si avvia. Percorre lentamente i pochi metri che lo separano dalla sua classe.
Perché Angelo, ingegnere (brillante come si definisce lui) uscito dal politecnico di Milano con una votazione mediocre è finito a fare il professore in un istituto tecnico della provincia di Milano? Come può un ingegnere ridursi ad insegnare invece di andare giustamente “in cerca di gloria”?
In realtà la carriera di Angelo era iniziata in modo promettente. Fresco di laurea, era stato assunto in una piccola impresa. Il “padrone” (come lui definisce il direttore generale) lo aveva accolto in modo molto amichevole e professionale. Angelo si sentiva al settimo cielo. Tanto felice da pregustare già la poltrona di finta pelle da dirigente e le tette sode di una bella segretaria davanti agli occhi. Mentre faceva questi sogni, combinava un guaio dietro l’altro. Non riusciva a inviare i fax, a fare le fotocopie e nemmeno ad usare correttamente il computer. Gli dicevano di fare una cosa e lui faceva il contrario. Prendeva appunti, se li studiava a memoria, per un po’ faceva le cose bene poi si “resettava”. Eppure tutto sembrava così facile sui testi universitari! Erano così pieni di speranza i suoi sogni! Passava le notti intere a ristudiarseli (a memoria), ma appena arrivava al lavoro tutto sembrava il contrario. La vita lavorativa era totalmente diversa.
In due mesi aveva commesso errori di ogni genere. Non era in grado di fare nemmeno le cose più elementari. I suoi colleghi dovevano sempre sistemare i suoi pasticci e a lungo andare la cosa li aveva inaciditi. Le leggende d’ufficio su di lui erano tantissime. Non ci badava. Pensava fossero gelosi. Solo lui li dentro era ingegnere. Gli altri avevano tutti miseri diplomini o lauree di “basso livello”. Ovvio, pensava sempre lui, hanno paura che gli faccia le scarpe!
C’era poi una bella biondina in ufficio. Una ragazza alta e snella. Stupenda. Era la segretaria del suo “padrone”. Gli sorrideva ogni volta che lo salutava. Era cordiale. Angelo sentiva sempre le trombe ogni volta che la vedeva. E si era talmente messo in testa che se la doveva fare che non riusciva a pensare ad altro. Anche perché non è mai stato capace di occuparsi di due cose contemporaneamente.
Poi il periodo di prova era finito, e si era trovato di fronte all’amara realtà.
- Sei un incapace!- gli aveva urlato il suo capo. – Non ho mai visto un deficiente come te. Vai a impastare mattoni!-
Se un datore di lavoro ti parla in quel modo vuol dire che sei veramente un impiastro. Ma Angelo aveva troppa stima di sé. Ed aveva pensato che il vecchio lo avesse cacciato perché aveva paura che lui, ingegnere “brillante”, gli portasse via il lavoro. E anche la donna! In fondo era giovane, bello, virile, con “interessanti prospettive per il futuro”. Dunque era stato “mobbizzato”. Lui. Un ingegnere. Non poteva sopportarlo.
In realtà le cose erano andate diversamente. Il suo capo lo aveva licenziato perché aveva provocato troppi danni con la sua totale inettitudine. Era diventato un peso morto per l’azienda.
Aveva passato un breve periodo di sconforto. Soli mille euro in tasca. Colloqui dopo colloqui. Tutti senza esito. Troppa concorrenza, pensava ogni volta. Poi aveva avuto il colpo di fortuna, ed aveva cominciato a pensare ad “interessanti prospettive per il futuro”.
Era stato assunto in una multinazionale tedesca. Contratto come Co. Co. Co. Mille e cinquecento euro al mese. Angelo aveva strabuzzato gli occhi ed aveva sentito il melodioso suono del registratore di cassa rimbombare nel suo cervello. Mica male! Niente ferie. Niente malattia. E chi se ne frega, aveva pensato. Io non mi ammalo mai.
Prima collocazione di Angelo: ufficio marketing. Sul suo curriculum aveva segnalato le sue grandi competenze nel settore (che in realtà non aveva). Risultato: disastro totale! Due stampanti distrutte. Un fax a pezzi. I colleghi lo deridevano dalla mattina alla sera. Le donne lo snobbavano.
Seconda collocazione di Angelo: progettazione. È un ingegnere elettrico, no? Visto che non sapeva fare nulla nemmeno li, scartabellava tutto il giorno i cataloghi di manufatti elettrici. Quando il suo lavoro era diventato inutile, urgeva un’altra collocazione. Quindi terza collocazione di Angelo: archivio. Almeno li non avrebbe fatto danni.
Passava tutto il giorno ad archiviare pratiche, fatture e affini. Un lavoro che poteva fare chiunque. Ma lui era ingegnere cavolo! Aveva studiato otto anni e mezzo per cosa? Si era imparato a memoria tutte quelle formule matematiche solo per archiviare inutili pezzi di carta? Possibile che tutto doveva essere contro di lui? La frustrazione era giunta al massimo storico. Mandando in vacanza la sua avarizia patologica, quasi ogni sera andava a sfogarsi con qualche prostituta minorenne proveniente dai paesi dell’est. Era l’unico suo svago.
Poi in una ventosa giornata di ottobre la sua vita lavorativa era cambiata. Il suo capo era una biondona quarantenne con due tette monumentali. E da qualche giorno, dopo pochi mesi dalla sua assunzione, lo guardava in modo interessante. Una sera si era trattenuto un po’ di più e lei gli era letteralmente saltata addosso. Lo avevano fatto come animali, rotolandosi sul pavimento insipido dell’archivio.
Era iniziato il loro triste ménage. Lo facevano sempre dopo il lavoro. Una cosa di massimo quattro/cinque minuti. Un rapporto triste e grigio come una mattina autunnale, che si concludeva con un urlo da uomo di Neanderthal. Era felicissimo.
Il capo non era per niente soddisfatta.
- Tu non sai fare niente- gli aveva detto un giorno. – Duri troppo poco! E molto più bravo il Richetti, che ha vent’anni in più di te!-
Angelo si era sentito offeso. E quello era stato il suo più grande sbaglio. Troppo orgoglioso di sé, pensava ormai di aver piegato ai suoi voleri il donnone stile tedesco. L’orgoglio provato aveva provocato danni irreparabili. Perché lui l’aveva trattata male e l’aveva pure insultata.
Il giorno dopo si era stato convocato dall’ufficio personale. Gli avevano dato il preavviso. Era fuori anche da lì.
Ed eccolo qui, che cammina lentamente lungo il vialetto ciottoloso e sconnesso di quell’istituto tecnico di basso livello. Cammina e pensa che la vita sia troppo ingiusta con lui. Ma succede sempre così, pensa: è un momento di crisi economica questo. Troppa concorrenza, troppi pochi posti. E quei pochi che ci sono vengono affidati “agli amici degli amici”. E alle donne, che come al solito “fanno le troie”. E lui? Niente. Perché è bravo. Perché non ha “amici degli amici”. Perché non è una donna, e quindi “una troia”. Emigrerebbe, se solo potesse. Ma i suoi calcoli ingegneristici gli dicono che il gioco non vale la candela. Troppi soldi spesi, e per cosa poi?
La sua classe. In quale classe è? Ormai è suonata la terza ora. No, deve ancora suonare. Ah ecco, fa ancora in tempo ad entrare per la seconda ora. Quindi si trova in III D.
La classe è al secondo piano di un edificio squadrato e schifoso che tutti chiamano “anonimo”. Classi con enormi finestroni sempre puzzolenti di muffa e tristi come un collegio di suore. Sulle tende ci fanno i nidi i ragni. In quel tugurio gli studenti sono obbligati a seguire le lezioni. Un tugurio abbandonato a se stesso, tipico delle scuole statali. I soldi non ci sono mai. Eppure i ministri se ne fanno grandi scorpacciate, pensa Angelo. Vorrei anch’io farne indigestione, per una volta nella vita.
Si precipita in classe senza guardarsi in giro. Gli studenti sono seduti composti ai loro banchi. Sembrano stupiti di vederlo entrare.
- Salve a tutti. Scusate il ritardo. Adesso facciamo l’appello e iniziamo subito la lezione-
I ragazzi cominciano a ridacchiare e a bisbigliare tra di loro. Mi sfottono, pensa. Sempre così gli studenti. Non hanno rispetto per gli insegnanti. Questi stronzi! Tanto poi ve la farò pagare! E già pregusta il potere del registro dei voti.
- Ben arrivato! Ma che ti è successo?-
Ha parlato qualcuno. Una voce di donna che non appartiene ai suoi studenti.
Ed in effetti c’è una donna seduta alla cattedra. Ha i capelli neri, mossi. È giovane. Non deve avere più di trent’anni. Indossa dei vestiti casual, ma che non riescono a nascondere le sue belle forme. Ha un viso sottile, delicato, con due grossi occhi azzurri. È una bella donna. Una delle più belle che Angelo abbia mai visto in quella scuola. Forse è per questo che sente come una tromba suonare nel suo cervello. E una gran voglia di allungare le mani. Quella visione sta risvegliando in lui una certa voglia. Ma è una voglia diversa. Una voglia…nemmeno lui è in grado di descriverla. Sa solo che si sente stranamente bene. Come se la vita avesse preso un gusto dolciastro che accarezza il palato e i sensi.
- Ciao! Spero non ti sia successo nulla di grave. Io mi chiamo Margherita Reiner. Sono la nuova insegnante di inglese. Adesso avevo un’ora buca e la preside mi ha mandato qui a sostituirti. Tu sei il professore di matematica vero?-
- Certo sono Angelo. Piacere-
Si stringono la mano. Com’è morbida la sua mano, pensa. Una mano calda, energica, contro la sua molliccia, sudaticcia e sfuggente.
Intanto gli studenti ridacchiano e bisbigliano. A causa dell’emozione ha fatto cadere la giacca e la borsa.
Margherita ride anche lei. – La preside ha fatto chiamare a casa: pensava fossi malato.-
- Adesso vado a parlare con la preside e sistemo tutto!-
Intanto si prepara ad una bella chiacchierata, pensando agli argomenti da trattare con lei. Perché lui sa cosa piace alle donne. Sono tutte uguali, loro.

- Allora, l’anno scorso avevamo parlato…-
E’ appena entrato in classe dopo l’intervallo. Getta la sua valigetta sporca sulla cattedra ed inizia la lezione. A dire la verità non ricorda cosa ha trattato l’anno precedente. Ma guarda il libro nuovo e capisce subito da dove iniziare. Dal primo capitolo.
Inizia la spiegazione. Con il libro aperto in mano, legge la prima riga. È l’introduzione. Giù risatine moleste. Lui fa un colpo di tosse. Comincia ad infastidirsi.
E pensare che l’anno precedente era iniziato così bene. Gli studenti così educati, rispettosi. Poi era successo qualcosa. Stava “spiegando” le equazioni di secondo grado e uno studente aveva alzato la mano. Non aveva capito bene l’argomento e chiedeva spiegazioni. Lui, aveva guardato l’alunno. Poi il libro. Poi ancora lo studente. Aveva cominciato a sudare. La sua unica risposta era stata “sul libro è scritto così!”. Gli studenti avevano subito capito con chi avevano a che fare.
Ecco il primo argomento. Comincia a “spiegare” e a scrivere gli esempi riportati sul testo. Gli studenti non capiscono niente.
Una pallina di carta lo raggiunge alla testa. Lui si volta. È rosso in viso.
– Allora? Ricominciamo come l’anno scorso? Basta!-
Silenzio sepolcrale. La “spiegazione” riprende. Risatine sommesse. Si, quest’anno sarà particolarmente crudele. Metterà 3 a raffica. Farà interrogazioni a sorpresa. Compiti in classe senza preavviso. L’idea lo elettrizza. E va in “trip utopico”. Adesso si sta immaginando lui, Giulio Cesare circondato dai suoi schiavi. E le ragazze, tanto belle, sono tutte le sue “puttanelle”.
È ancora immerso nel suo sogno ad occhi aperti, con il gesso sospeso a mezz’aria, quando lo colpisce un’altra pallina. In nuca stavolta.
– Allora, vogliamo piantarla? Sto spiegando! Possibile che nessuno di voi è interessato allo studio?-
La rabbia fa si che lui si “lasci andare”. Scarica così uno scorreggione osceno, che ha cercato inutilmente di trattenere fino al suono della campanella.
Adesso le risate sono argentine e tuonanti. Sembra vogliano far crollare l’edificio. Angelo, rosso come un pomodoro maturo, non sa più cosa fare. A che servirebbe arrabbiarsi? Ormai la “truppa” si è “ammutinata”.
- Basta ho detto! Vi mando tutti dalla preside, mannaggia a voi!-
Le risate si fanno più intense. Mi stanno prendendo per i fondelli, pensa. Sono il loro clown. Sono sempre stato il loro clown. Maledetti stupidi, ignoranti…non gli vengono altri termini.
Schizza fuori dall’aula, sbattendo violentemente la porta. Andrà al cesso, a fumarsi una sigaretta in barba alla legge antifumo.

La quinta ora è finita. Lui è esausto. Non li sopporta. Veramente, non ce la fa più! Gli studenti sono più irrispettosi che mai. Gli tirano palline, fanno pernacchie, disegnano sue “caricature” corredate di insulti tipo “fallus impudicus” et simila. Nemmeno lui sa dove possano avere imparato quelle parole. Ma non ha importanza dove le abbiano apprese. La cosa principale è che non hanno rispetto di lui e del suo lavoro. Lui fa del suo meglio, cavolo. Ma non è il suo campo. Lui dovrebbe lavorare in una grande industria. Lui è ingegnere, porca vacca! E poi se c’è crisi mica è colpa sua.
Alcuni professori parlano entusiasti del bel rapporto che hanno con gli studenti. Come Alexis, l’insegnante di conversazione inglese. Un’australiana mezzo-sangue sempre in jeans. Una laida paurosa, secondo Angelo. Questa qui è sempre in giro a parlare con gli studenti. Durante l’intervallo, prima dell’uscita della scuola. Sembra una di loro. Non la sopporta assolutamente. Ma alla fine ha mandato giù il rospo e le ha posto la fatidica domanda: come fai? Lo ha fatto solamente perché era stufo di essere ingiustamente denigrato. Si era aspettato chissà cosa. Boh, forse una formula magica. Dei termini altamente tecnici. Niente di ciò. Sorridendo e mettendo in mostra dei denti perfetti, aveva semplicemente risposto che bisognava essere se stessi, essere gentili, non mostrarsi superiori. Perché se noi siamo laureati, aveva detto, questo non significa che siamo migliori di loro. Angelo non era rimasto soddisfatto. Ma…io sono superiore a loro, aveva pensato. Io sono ingegnere! Ho studiato otto anni e mezzo all’università. Di questi qui, aveva pensato, quanti ne andranno all’università? Conclusione: per lui era impossibile fare come Alexis. Lei era una laureata in lettere. Lui in ingegneria. Il suo livello era nettamente superiore.
Si siede in aula professori. Alcuni si stanno preparando per la sesta ora. Altri se ne vanno a casa. Lui, semplicemente, sta seduto senza nessun pensiero particolare in testa.
- Ciao! Tutto bene? Mi sembri depresso: qualcosa non va?-
La Reiner si siede proprio di fronte a lui. La maglietta attillata che indossa fa fatica a nascondere le forme, che sembrano vogliano far esplodere l’indumento. Angelo, mal per lui, va in “trip utopico”. Pensieri vietati ai minori di 18 si affollano nella sua mente confusa. Scrolla la testa, nel tentativo di cacciare via quelle immagini che gli offuscano la mente.
- Angelo, allora? Tutto bene?-
- No, niente di grave. Solo lo shock del primo giorno-
Lei sorride. Ha un sorriso meraviglioso. Dei denti stupendi. Tutto in lei è assolutamente meraviglioso. Non riesce a capire come una donna bella come lei abbia potuto diventare insegnante. Quante altre cose avrebbe potuto fare, una con quelle caratteristiche fisiche!
Prende la sua borsa e si allontana. – Ci vediamo domani-
- Certo-.
Angelo sta seduto ancora qualche minuto, per riprendersi completamente dal “trip”. Poi prende la sua borsa sporca di fango e si avvia verso casa. A piedi. Dieci chilometri sotto un sole africano.

Le urla di sua madre le hanno sentite tutto il palazzo. Suo padre, incazzato come una bestia, per poco non lo sbatteva fuori di casa. Sua sorella invece è stata colta da una crisi isterica. Per solidarietà. Il danno fatto alla macchina ha reso tutti molto nervosi. Forse perché è il quarto in un anno. Tutti provocati dall’estrema disattenzione di Angelo.
- I danni li pagherai tu!- urla sua madre.
- Ci pensa l’assicurazione!- dice lui incavolato.
- Tu pagherai i danni a me! Nel senso che pagherai i costi del noleggio di un’altra auto!-
Angelo sbuffa e va in camera sua. A sbollire la rabbia. Non è colpa sua. Non è mai colpa sua.
A cena nessuno parla. Le immagini del telegiornale scorrono veloci davanti agli occhi dei commensali. Angelo grufola come un suino, criticando le notizie con il suo solito fare di superiorità. Dice che è giusto “sbattere fuori dalle balle” i musulmani perché fanno solo danni. Un paese civile come l’Italia, dice, non può assolutamente accogliere degli estremisti e degli stupratori. E intanto pensa alle donne musulmane, che si scoperebbe volentieri. Quegli occhi scuri, voluttuosi. Quanto si eccita, mentre le guarda passeggiare avvolte in quei pastrani!
Passa poi a descrivere l’Italia utopica sotto la guida della Lega. Si infervora, sputacchia, batte il pugno sul tavolo. Non ha niente da invidiare a Mussolini quando annunciò che l’Etiopia era diventato colonia italiana.
I genitori e la sorella lo guardano indifferenti. Sono abituati a quei discorsi e non ci fanno più caso. E poi lui, quando la gente non risponde, si sente bene. Non sanno cosa dire perché dice cose “intelligenti”.
Finisce di ingollarsi la sua peperonata. Sorbisce, fa rumori strani, rutta, mastica a bocca aperta. E lo fa in un modo tanto osceno che persino un maiale avrebbe schifo a sedersi a tavola con lui.

Di sera Angelo corregge i compiti. Ma la scuola è appena iniziata e non ha compiti da correggere. La noia comincia a bussare alla sua porta.
Sbadiglia. Rutta con voluttà. Si sdraia sul suo letto. L’immagine della Reiner lo invade come un’onda anomala. Ha deciso: se la deve fare. È una questione di principio. Nessuno in quella scuola ha le caratteristiche fisiche per poter conquistare la Reiner. Tranne il prof. Ermanno Galli, di educazione fisica. Una specie di montagna umana. Ma il Galli può essere escluso perché omosessuale dichiarato. Dunque, per la prima volta in tutta la sua vita, non ha concorrenza.
Riuscirà a farsela. E lei sarà attratta da lui. In fondo, che cos’ha di sbagliato? È bello, intelligente, virile. Se riesce a portarsi a letto le quarantenni, che come ha sempre pensato lui hanno il palato fine, perché non dovrebbe riuscirci con una giovane?
Si alza dal letto, si spoglia e ammira orgoglioso il suo petto peloso. Poi si toglie le mutande e contempla le sue natiche villose e il suo “lombrico”. Ama troppo quella parte. Quante ne avrebbe da raccontare, se potesse parlare!
Il pensiero della Reiner lo fa andare su di giri. Guarda l’orologio: solo le undici. Non ci sono filmetti sexy a quell’ora. Vorrà dire che guarderà dei filmati piccanti che ha scaricato da internet. Oddio, per scaricare quei filmati ha speso ore di connessione e decine di virus che hanno infettato il suo computer. Ma ne è valsa la pena. Tanto il computer mica lo ha sistemato lui!
Appena appaiono i titoli di testa, Angelo comincia a “scaldarsi”. Quando inizia lo spettacolo lui è definitivamente caldo. Le immagini mostrano tre ragazze nude che fanno il bagno in una vasca idromassaggio.
- Si, godi, troia!- erutta. Lo fa per darsi la carica.
Quando lo spettacolo entra nel “clou” Angelo da di mano come un frullatore alla massima potenza.
L’orgasmo lo coglie di sorpresa. – Uaaaaaaaaaaaah!- si ritrova ad urlare. Poi bestemmia da record: cinquanta secondi.
Accaldato, fa “la fontanella” contro il muro.
Nudo, si lascia cadere sul letto. È durato circa un minuto. Il filmato continua.
- Angelo, che succede?-
Non poteva certo prevedere che quell’impicciona di sua sorella entrasse in camera in quel momento! Fa appena in tempo a fermare il video e ad infilarsi sotto le coperte.
- Angelo, allora?-
- Niente- mente – ho solo visto che la mia squadra ha vinto!-
La sorella fa un’alzata di spalle e se ne va. Angelo tira un sospiro di sollievo. È in preda ad una crisi da umiliazione estrema.

È mezzanotte e mezza e si sente depresso. Porca miseria, pensa, quanto vorrei che Margherita fosse qui! Deve fare qualcosa per sopperire alla mancanza. Sta impazzendo.
Ruba la macchina di suo padre e va sulla statale. A quell’ora pullula di prostitute. Trova la sua preferita, una russa quindicenne dai capelli rossi. La carica in macchina. Vanno nel solito angolo. Ne “usufruisce” al limite dello stupro. Tanto è solo una puttana.
La paga con il solito disprezzo e torna a casa. Si sente un vero uomo.

See ya next week con il secondo capitolo! :-p
P.S. Ovviamente, Angelo è un personaggio di fantasia. E per quanto assomigli a questa persona, non è questa persona...diciamo che è ispirato, ma non così negativo! :-) Meglio precisare, prima che qualcuno pensi alla diffamazione volontaria! :-D

Wednesday 29 August 2007

TAMARRI

Piccoli tamarri...



...e piccoli tamarri crescono!



Concertante....
See ya :-O

Tuesday 28 August 2007

OGGI...TEST!

Visto che non si può parlare di cose serie tutti i giorni, oggi qualcosa di più distensivo. Un test che ho "fregato" ad Aries, e che lui aveva "fregato" a qualcun altro che non ricordo. Naturalmente, non essendo coperto da nessun copyright, chiunque lo può "fregare" a suo piacimento! :-p

*ADESSO*

sono: pronta per leggere il mio libro e andare a nanna! :-p

voglio: laurearmi e trovare un lavoro...e magari pure fare il dottorato, l'hanno prossimo

desidero: riuscire a dedicare tempo anche alla vita privata nel nuovo anno lavorativo

sento: il rumore assurdo del mio ventilatore

cerco: sempre il modo per tenere il mio cervello occupato

piango: l'ho fatto spesso da adolescente, adesso solo quando sono veramente nervosa o incacchiata

dovrei: andare a letto, forse :-p

chi è la persona più strana che hai incontrato? un ragazzo irlandese di Cork...

chi è la persona più incasinata che conosci: Io! Che domande!!!

*SI O NO*

tieni un diario: non sono una buona diarista. Ci ho provato innumerevoli volte, fallendo

ti piace cucinare: 'nsomma...non è che mi venga molto bene!

hai un segreto che non conosce nessuno: direi di no, ma segreti che conoscono in pochi si!

ti mangi le unghie: no

credi nell'amore: si, anche se alla mia maniera

ti vorresti sposare? Cosa? Chi ha parlato di matrimonio? Ecco adesso mi viene da grattarmi ovunque! Non parlatemi di matrimonio, sono allegica!!!

ti sei mai tatuato? ci ho pensato tante volte, non l'ho mai fatto

ti fai delle paranoie sulla tua salute? Mi faccio paranoie su tutto tranne che sulla salute

ti senti bene in compagnia dei tuoi genitori? Direi di no!
ti piacciono le tempeste? Le adoro! Mi ispirano!

*PREFERENZE*

numero: 3 (mi perseguita)

colore: nero

giornata: venerdì, sabato e domenica fino al pomeriggio

cibo: quando ho fame!

stagione: inverno

sport: nuoto e

cioccolato al latte o cioccolata calda: cioccolata calda

cioccolato al latte, fondente o bianco: al latte

vaniglia o cioccolato: cioccolato

*NELL'ULTIMA SETTIMANA*

hai pianto? no

hai aiutato qualcuno? non so

hai comprato qualcosa? i miei occhiali nuovi

ti sei ammalato? no

sei andato al cinema? no

sei andato al ristorante? no

hai detto ti amo? sì,a modo mio! :-p

hai scritto una lettera? no

hai parlato col tuo ex? No!

ti è mancato qualcuno? un mio amico, che ora è in America (quando parlo con lui è sempre una sorpresa!) @ Francis: non cominciare pensare male!!! :-p

hai abbracciato qualcuno? sì

hai litigato con i tuoi genitori? con mia madre...almeno due volte al giorno!

hai litigato con un amico? no, non mi piace litigare con gli amici!

See ya! :-p

Monday 27 August 2007

EL ALAMEIN


Devo ammettere che, quando questo film uscì al cinema, non andai a vederlo pensando che fosse il solito film dove i soldati vengono visti come eroi e martiri. Poi lo vidi in televisione, e ancora in DVD e dovetti ricredermi.
E' un film che narra di una storia poco conosciuta, una delle tante che costellano lo scenario drammatico della seconda guerra mondiale. La seconda battaglia di El Alamein si svolse tra il 23 ottobre e il 4 novembre del 1942. Fu una guerra in cui l'esercito italo-tedesco subì una delle grandi sconfitte che culminerà con la resa dell'Italia nel settembre del 1943 e la sconfitta definitiva della Germania.
Si è scelto di narrare di un battaglione poco conosciuto: la divisione Pavia. Si è scelto di narrare le loro vite in una guerra di logoramento che ha portato ben 9.000 soldati a morire nelle sabbie del deserto e 35.000 prigionieri che sono stati sicuramente i più fortunati. Si è scelto di mostrarli come uomini, e non come eroiu. Come persone che avevano tanta voglia di vivere, e che contro la loro volontà sono stati costretti a morire.
LA TRAMA
El Alamein, egitto, ottobre 1942. Il giovane volontario universitario Serra viene mandato nel battaglione della Pavia. Lui, giovane studente universitario pieno di entusiasmo, conosce solo il lato "glorioso" della guerra, e se si arruola come volontario è solo perchè vuole entrare trionfalmente ad Alessandria, come Mussolini continuava a ripetere in quel periodo. Ma arrivato al fronte si rende conto che le cose sono totalmente diverse. Fame, sete, caldo torrido di giorno e freddo intenso di notte, cibo scandente, acqua che puzza di nafta, morte. Comincia ad imparare la dura vita in prima linea, e apprende dei "tre miracoli" riservati a ciascun soldato, e come rendersi conto quando qualcuno verrà ucciso ("gli si allunga il naso, e le orecchie si fanno trasparenti, come carta velina"). Quando arriva la battaglia, quella vera, e soprattutto la sconfitta, è lasciato da solo in mezzo al deserto, abbandonato, come migliaia di altri commilitoni.
Ecco il trailer:

IL MIO GIUDIZIO:
Un film assolutamente da vedere. Di scene di guerra ce ne sono poche, e non particolarmente cruente. Ma quello che emerge è il lato umano, la speranza, la paura, la rassegnazione di giovani uomini con tanta voglia di vivere che furono costretti a morire a causa della disorganizzazione e dell'egoismo dei superiori. Un film toccante, profondo.
Ad El Alamein è stato eretto, alla fine degli anni '50, un sacrario che contiene le spoglie dei 9.000 caduti in guerra, di cui 1300 rimasti ignoti.
L'ingresso del Sacrario.
Targa commemorativa all'ingresso.
Altra targa commemorativa.
Il Sacrario vero e proprio.
I soldati noti...
...e gli ignoti
Ancora una targa.
Quando vedo queste cose vengo presa dalla tristezza e dalla rabbia insieme. E mi viene in mente una frase che ho letto sul monumento di Gorla dedicato alle piccole vittime della scuola del 1943: "E vi avevo detto di amarvi come fratelli"...
See ya :-(


Saturday 25 August 2007

ALLA CONQUISTA DEL GAVIA

Agosto 2007. Due amici alla "conquista" del Gavia. Più di 2000 metri...tutti in bicicletta! Un'impresa quasi titanica. Sfido chiunque ad imitarli! :-)



See ya! :-)

Friday 24 August 2007

MA...BUON COPLEANNO!

Oggi un caro amico compie gli anni. Dico caro, anche se lo conosco da poco. Caro perchè è stato lui a farmi conoscere altra gente molto simpatica. Caro perchè mi ha ridato la voglia di scrivere racconti sui fantasmi quando ormai li consideravo cose troppo "commerciali". E caro perchè senza i suoi commenti forse il mio blog avrebbe ancor meno visitatori :-p
Ad ogni modo...


BUON COMPLEANNO EMANUELE, BUMBLEBEE, OMBRE!!!!!

25 anni...e pensare che il tempo fugge troppo rapidamente! Ecco una bella immagine per il tuo compleanno:
Visto che ti piacciono i lupi...
E poi...

Vediamo se posso aggiungere qualcosa...no, credo sia tutto!
See ya! :-D

Wednesday 22 August 2007

IL RACCONTO!!!

Ebbene si. Dopo qualche settimana di pausa si ritorna a pubblicare racconti. Credo che i mei fan non vedessero l'ora (ehehehehe....sto scherzando. Quali fan? Alzino la mano! Silenzio di tomba! :-P).
Vabbé, bando alle stupidate, questo è un nuovo racconto scritto durante caldi pomeriggi estivi di luglio. Caldi per il caldo esterno, caldi per la rabbia che mi ribolliva nel sangue e nella trippa mentre scrivero questo racconto, caldi perchè non facevo altro che vedere e rivedere il documentario della bbc sui preti pedofili e questo non faceva che aumentare il caldo del punto due!
Dai, basta deliri! Passiamo al racconto!

CRIMEN SOLLECITATIONIS

Fa caldo alla centrale di polizia. Le finestre sono aperte e la corrente d’aria fa si che l’aria non sia asfissiante.

Un ragazzo seduto di fronte ad una scrivania piena di carte e di pratiche che nessuno ricorda. Un uomo seduto di fronte a lui. Giovane, sulla quarantina. È il commissario. Sembra stia facendo altro, eppure aspetta qualcosa. Aspetta una risposta dal ragazzo seduto di fronte a lui.

Il ragazzo seduto di fronte a lui è biondo, giovane, con gli occhi verdi che emanano una luce simile a quella dell’inferno, una luce di disperazione. Dopo tre ore di interrogatorio a vuoto, il ragazzo ha chiesto che gli venissero tolte le manette. Il commissario gliele ha tolte. “Non è pericoloso” aveva detto “qui nessuno è un prete”.

Tutti erano scoppiati a ridere.

- Allora – inizia il commissario, rivolgendosi al ragazzo – adesso per favore mi devi spiegare perché hai accoltellato don Roberto. Per poco non l’hai ucciso. Per fortuna lo hai preso di striscio-

- Glielo ho già detto!-

- Beh, in queste tre ore non sei stato molto preciso. Non hai fatto altro che ripetere, testuali tue parole, che lui è uno schifoso bastardo perverso figlio di puttana…insomma, mi vuoi spiegare perché nutri così tanto rancore nei confronti di don Roberto? Che cosa poteva averti fatto quell’uomo da odiarlo così? Tutti lo amano in paese, perché tu lo hai cercato di ucciderlo? Per favore, vedi di parlare. Siamo qui da tre ore, fa un caldo asfissiante e credo che chiunque vorrebbe essere altrove piuttosto che qui dentro. Quindi vedi di fare un favore a tutti e parla! -

Silenzio. Il ragazzo rimane con lo sguardo fisso a terra. Il commissario non si rende conto, perché non li vede, che i suoi occhi sono bagnati di lacrime.

- Ascoltami, so che sei un ragazzo intelligente e non sei un maniaco. Vedi, spesso e volentieri mi capita di aver a che fare con gente che uccide non premeditatamente, ma perché qualcosa scatta in loro. A volte è una sciocchezza che fa scattare il raptus. A volte questioni ben più complicate. Allora, che cosa ha fatto don Roberto Acquisgrana di così grave da spingerti a tentare di ucciderlo?-

- Ha stuprato mia sorella!-

A quella parola il commissario sgrana gli occhi. La penna che tiene in mano gli cade e non si cura nemmeno di raccoglierla. L’appuntato che redige il verbale si ferma con la mano destra a mezz’aria.

- Oh cazzo!- esclama l’appuntato.

Il commissario deglutisce a fatica.

- Avevo…avevo sentito delle voci ma…raccontami tutto, per filo e per segno. E non dimenticare nulla! Capito?-

Il silenzio che piomba in quell’ufficio in un caldo e afoso pomeriggio di luglio è gelato e fa rabbrividire tutti.

- Allora?-

- Ci fidavamo di lui- inizia il ragazzo – e chi non si fiderebbe di un prete?-

La sua voce è rotta dal pianto. Ogni tanto si passa il dorso della mano sinistra sul naso, per asciugarselo. Il commissario gli porge un fazzolettino di carta. Lui lo afferra, si soffia il naso e si asciuga gli occhi. Non alza lo sguardo.

- Ci fidavamo di lui…è un prete non può far nulla di male alla fine i preti sono fatti per fare del bene fanno i missionari aiutano la gente. Don Roberto era stato missionario in Africa e noi ci fidavamo di lui perché aveva la fama di essere un brav’uomo e aiutava la gente e quando era venuto da noi un pomeriggio ed era restato tutto il pomeriggio a parlare del più e del meno nessuno avrebbe mai immaginato che era venuto solo per adocchiare mia sorella.-

Fa un sospiro, si soffia il naso e ricomincia:

- Insomma mia sorella mi aveva detto che lui le aveva detto cose strane del tipo “sei una bella bambina” o anche “tu sei speciale per me. Abbracciami”. E lei una volta lo aveva abbracciato e lui le aveva toccato il sedere. E lei ha solo dieci anni e non aveva capito il gesto e poi un’altra volta mi era venuta a dire che l’aveva visto mentre le guardava sotto la gonna ma lei non ci aveva fatto caso pensando che stesse cercando qualcosa…insomma poi avevo detto questa cosa ai miei perché cominciavo ad avere dubbi su di lui e loro mi avevano detto che ero paranoico e che don Roberto era una brava persona. Che potevo fare io che ho anche la fama di essere un miscredente solo perché vado in giro vestito di nero e non vado mai a messa? Ecco avevo ragione io ma nessuno mi credeva solo mia sorella mi credeva. Non aveva però ancora capito-

Ancora silenzio. Un silenzio più pesante e crudele che le parole di quel ragazzo, vomitate con rabbia e dolore.

Il commissario incalza:

- Allora? Poi che è successo? Ha fatto lusinghe, ha cercato di circuire tua sorella, ha convinto i tuoi genitori a lasciarla da sola con lui? Che ha fatto? Dimmi tutto, io ti credo-

- Ecco quella volta non aveva detto niente su mia sorella ma io avevo notato che non le toglieva gli occhi di dosso e lei arrossiva fino alle orecchie e mi diceva che la cosa la imbarazzava ma voleva bene al prete e voleva bene a dio, quella stupida, e che quindi si fidava dell’emissario di dio e mi domando da quando quelle cornacchie intonacate sono emissari di dio e mi domando se lui ne è a conoscenza e cosa ne pensa perché…-

- Non divagare e raccontami i fatti!-

Il ragazzo non parla. Tiene sempre la testa bassa. Ogni tanto si asciuga gli occhi.

- Allora quel giorno don Roberto è venuto a far visita alla tua famiglia, ha parlato con i tuoi genitori ma non ha mosso alcuna proposta. Giusto? Bene, adesso raccontami quando si è fatto avanti!-

- Ecco non ricordo bene il giorno-

- Non importa il giorno! Dimmi solo come è successo! Avrà fatto qualcosa no? Avrà detto qualcosa?-

- Era domenica e i miei erano andati a messa come al solito e poi il prete era venuto da noi a congratularsi con mia sorella perché aveva letto bene in chiesa e li ha fatto la sua proposta…-

Il ragazzo si mette a piangere. I suoi singhiozzi non lasciano indifferente il commissario. Si alza e si avvicina a lui. Gli tocca la spalla amorevolmente, come farebbe un padre con un figlio in difficoltà.

- E’ difficile, lo so. Ma devi dirmi tutto. Non posso fare niente se non ho tutti i dettagli. E lei, sta scrivendo?-

- Tutto!-

- Bene!-

- Dimmi, come ti chiami? Non me lo hai ancora detto!-

- Luca!-

- Ecco, Luca. E quanti anni hai?-

- Ho quindici anni-

- Sei giovanissimo. Perché rovinarti la vita così giovane?-

- Ma glielo ho detto. Nessuno mi crede. NESSUNO!-

- Io ti credo. E adesso vai avanti a raccontare!-

- Quella domenica lui era venuto da noi dopo pranzo. Aveva parlato del più e del meno e aveva lodato mia sorella per la bella espressione mentre leggeva il vangelo. Poi ha cominciato a fare domande ai miei genitori chiedendo come andava a scuola se aveva qualche materia insufficiente se aveva problemi e cose del genere. Loro non si sono lasciati scappare l’occasione e hanno detto che aveva problemi in musica che suonava la chitarra per poter suonare in chiesa e che non era molto brava e in chiesa non la facevano mai suonare e non poteva essere un modello di cristianità per loro se non sapeva suonare bene le canzoni di chiesa. Così il prete ha detto che lui poteva darle ripetizioni di chitarra e che bastava che lei venisse da lui tutti i sabati pomeriggio dopo il catechismo-

- I tuoi genitori come hanno reagito?-

- Erano molto contenti-

- E tua sorella?-

- Lei non era contenta. Insomma lei non voleva perché quello che il prete le continuava dire a catechismo non le piaceva affatto. Aveva cominciato ad avere paura perché diceva che la guardava in modo strano e quegli occhi le facevano paura perché erano strani. E poi aveva pure detto che un giorno era in corridoio da sola dopo il catechismo e lui l’aveva abbracciata contro la sua volontà e le aveva messo una mano sotto la gonna. Insomma non voleva andare da lui e batteva i piedi piangeva e difendeva le proprie idee-.

- E i tuoi come hanno reagito?-

- Beh le hanno dato della bugiarda e della svogliata perché non voleva imparare a suonare la chitarra perché a lei di suonare la chitarra non importava specialmente di suonarla in chiesa. L’hanno accusata di voler a tutti i costi essere diversa dalle altre sue amichette perché tutte erano brave e suonavano la chitarra e lei no e la gente parlava male di lei perché non voleva fare come le altre. Alla fine l’hanno obbligata-

- Perché?-

- Per quello che ho appena detto-

- Perché secondo loro era diversa dalle altre e non voleva assimilarsi?-

- Si-

- E perché era bugiarda?-

- Si-

Silenzio per qualche secondo. Solo il rumore delle dita dell’appuntato che battono sulla tastiera del computer e il rumore convulso del ventilatore da soffitto.

- Ci vuole l’aria condizionata qui- dice all’improvviso il commissario. – Fa troppo caldo per quel ventilatore e poi il suo rumore mi infastidisce-

- Sono d’accordo con lei- dice l’appuntato – ma si sa che lo stato i soldi non ce li da e se li mangia tutti per altre stupidate-

- In che paese viviamo, vero?-

- Già. Io leggo tutte le sere il blog di Beppe Grillo e ogni volta mi indigno. Sono sempre più convinto che non miglioreremo mai la situazione fino a quando la gente non si sveglierà-

- E chi siamo noi per farla svegliare?-

- Nessuno. Solo la legge-

- Che dipende dallo stato-

- Infatti! Non mi piace far picchiare i giovani che manifestano pacificamente. E più di una volta sono stato richiamato per questo-

- Non fanno differenza. Sono tutti uguali per loro-

- Ma torniamo agli affari nostri. Allora Luca, tu mi hai detto che i tuoi genitori hanno convinto tua sorella ad andare da don Roberto anche se lei non voleva, giusto? Ecco, adesso dimmi cosa è successo dopo che lei è andata da sola da don Roberto-

- E’ successo quel che è successo! È tornata a casa piangendo ma non è andata dai miei genitori ma è venuta da me e mi ha fatto vedere che aveva le mutande sporche di sangue. Mi ha detto che lui l’aveva obbligata a spogliarsi e poi ad aprire le gambe e poi le aveva fatto male ripetutamente. Sicuramente lei capisce che cosa ha fatto, vero? Dopo l’aveva fatta rivestire e le aveva dato ripetizioni di chitarra e lei non era riuscita a suonare perché sentiva male in mezzo alle gambe ed aveva una paura blu e lui si era arrabbiato perché non voleva imparare-

- Tu che hai fatto in quel momento?-

- Non c’era molto da fare. Sono andato a dirlo ai miei genitori e mi sono portato dietro le prove-

- E loro ti hanno creduto?-

- Si-

- E perché non hanno denunciato il fatto?-

Luca si mette a ridere mentre le lacrime continuano a sgorgargli dagli occhi.

- I miei genitori sono troppo paurosi e troppo religiosi per poter andare direttamente a denunciare il fatto e sono andati dal prete che gli ha detto che lui non aveva fatto nulla e che se era successo quello che era successo non era colpa sua. Magari di qualcun altro quando era uscita da chiesa perché c’era in giro cattiva gente e che bisognava fare una denuncia contro ignori per violenza sessuale. Lei sa benissimo che queste cose non portano da nessuna parte. Mia sorella continuava ad insistere che era stato lui-

- Come si chiama tua sorella?-

- Maria-

- Dunque tua sorella Maria ha continuato a sostenere che fosse stato il prete. E i tuoi genitori chi hanno creduto?-

- Beh, sembrava di si anche se sembravano essere sempre meno convinti più il prete parlava-

- E che cosa diceva?-

- Non ero li a sentire ma sembra che abbia fatto una specie di predica sul dovere di castità del sacerdote e che il sacerdote ha fatto voto di castità e non può commettere atti impuri.-

- Questo solo a parole! Anche i preti sono esseri umani. Hai sentito di quel frate denunciato per stupro su una suora? Va bene non divaghiamo e vai avanti-

- Ecco….-

- Che è successo dopo? I tuoi genitori hanno creduto a tua sorella Maria o no? E poi cos’hanno fatto? Non l’hanno più mandata da don Roberto, vero?-

- E invece si! L’hanno ancora mandata perché lui non so come abbia fatto li ha imboniti. Insomma continuavano ad obbligarla ad andare da lui perché erano sicuri che non le avrebbe fatto più nulla ora che loro sapevano e non tenevano affatto in considerazione il fatto che ormai lei era traumatizzava non mangiava più non dormiva più e non riusciva più a socializzare a scuola e piangeva tutte le notti e solo io la consolavo. La obbligavano ad andare ancora da lui anche perché avevano paura di quello che avrebbe pensato la gente e…-

- Ma non è possibile cazzo! Scusa il mio sfogo Luca. Continua!-

- Poi pure lei è stata imbonita o anche minacciata-

- In che modo?-

- Beh ecco il prete le ha detto qualcosa, non so cosa, ma alla fine si era convinta che la colpa fosse sua se tutte le domeniche lui faceva i suoi comodi una o due volte con lei. Insomma, non ho capito bene, alla fine l’ha rimbambita a tal punto, e non è difficile con una cretina come lei, che lei non solo è stata in silenzio ma ha pure continuato ad aprirli le gambe. Ecco…tutto…questo…e poi l’ha minacciata-

- Mi viene da ridere. Sul serio. Ma ha sentito lei? Adesso una bambina di dieci anni induce in tentazione un prete di oltre quarant’anni. Ma ha sentito fin dove si spingono?-

- La cosa mi disgusta!- dice con sdegno l’appuntato.

- E cosa avrebbe detto per minacciarla?-

- Mah, non so, sembra che le abbia detto che dio l’avrebbe punita perché dio ha sempre ragione e loro sono gli emissari di dio…insomma, una marea di cazzate e lei già traumatizzata e timorosa di dio all’estremo gli ha creduto!-

- Lo sai Luca? Io più vado avanti e più sono convinto che molte ingiustizie e violenze di questo mondo siano dovute alla religione. La religione è la più grande piaga mai inventata dall’uomo. Le religioni monoteiste. L’uomo si è maledetto per l’eternità. La religione ha fatto più danni che benefici. Ma vai avanti!-

- Insomma lei era convinta di essere colpevole e pregava giorno e notte dio, quella stupida, perché la perdonasse. Poi è arrivata all’autolesionismo-

- Come?-

- Si frustava con la cintura dei pantaloni.-

- E…-

- Si tagliava con le lamette. Piccoli tagli. Diceva che lo aveva visto in un documentario di una festa paesana al sud dove i penitenti di tagliavano per umiliarsi di fronte a dio e lo faceva pure lei…-

- Lui continuava a violentarla, vero?-

- Sempre! Praticamente non aveva nemmeno più bisogno di obbligarla che lei arrivava da lui si spogliava nuda e lui faceva i suoi comodi una o due volte e poi le dava ripetizioni di chitarra. E poi la voce si era sparsa e tutti i bambini la prendevano in giro e le dicevano che era la puttana del prete. Poi avevano pure cominciato a picchiarla e un ragazzino più grande voleva fare sesso con lei perché diceva che se lo faceva con il prete doveva farlo anche con lui. L’ho beccato io mentre le abbassava le mutande e gli ho dato una centra. Poi sono arrivati i genitori degli altri bambini. Alcuni erano indignati per il comportamento immorale di mia sorella. Comportamento immorale, capisce? Altri invece credevano alla storia della violenza e intimavano i miei genitori a parlare. Loro tacevano. Ormai Maria era diventata l’ombra di se stessa. Era talmente convinta di essere ormai “impura” che avrebbe aperto le gambe a chiunque, se solo glielo avessero chiesto. Questo non lo potevo sopportare. E una notte ha fatto la cazzata….-

- Cosa ha fatto?-

- Si è tagliata le vene e poi l’abbiamo portata all’ospedale e i miei genitori pensavano invece a cosa la gente avrebbe pensato invece che pensare e riflettere su cosa l’aveva spinta a soli dieci anni a tentare di suicidarsi. Ho preso così la mia decisione-

- Volevi ucciderlo?-

- Si. Volevo fargli pagare quello che aveva fatto a mia sorella, quel bastardo-

- E non hai pensato alle conseguenze?-

- Lei nella mia situazione ci avrebbe pensato?-

- Hai ragione. Continua.-

- Non ho più niente da dire-

- No, adesso dimmi come hai deciso di agire per tentare di uccidere il prete-

- Devo dirlo?-

- Si, devi!-

- Mia sorella era in ospedale e il medico ha consigliato ai miei di portarla da uno psichiatra e loro avevano cominciato a pensare di avere una figlia matta e stavano impazzendo. Ho litigato con loro dandogli dei vigliacchi e dei deficienti, e mi sono pure preso un ceffone da mia madre. Non mi importava più niente. Ormai avevo deciso che bisognava farla finita. Non ragionavo più. Che avrebbe fatto lei se le avessero stuprato la sorella? Come avrebbe reagito lei di fronte all’indifferenza e all’ignavia della gente e alla sofferenza di una bambina innocente? Nemmeno mi sono reso conto di aver preso un coltello dalla cucina. Sono entrato in chiesa e lui stava confessando delle vecchie. Ho nascosto il coltello sotto la maglietta. Poi ho detto che volevo confessarmi anche io. Allora il prete voleva rientrare nel confessionale e io l’ho colpito. Una vecchia mi ha visto e ha chiamato la polizia. Il resto lo conosce-

- Già-

Silenzio.

- Va bene-

- Cosa?-

- Mi spiace Luca, ma devo trattenerti!-

- Mi mandate in prigione?-

- Fino a quando il giudice non deciderà altrimenti per te. Vista la situazione, potrebbe anche scagionarti e magari farti scontare la pena in una comunità di recupero-

- Io non voglio andare in prigione-

- Se fosse per me ti farei tornare a casa. Ma io devo applicare la legge e devo trattenerti. Perdonami-

- La colpa non è mia-

- Non preoccuparti. Ho fin troppi elementi per poter risolvere la situazione. Quando tua sorella starà meglio interrogherò anche lei. Vedrai, tutto si risolverà-

- Non voglio andare in prigione-

Piange. Il commissario vorrebbe veramente mandarlo a casa, ma ha le mani legate dalla legge. Maledetta legge. Non è sempre vero che è giusta.

Da un giornale locale:

Il parroco del paese gli stupra la sorella di dieci anni. Quindicenne tenta di ucciderlo.

D. - Ha stuprato ripetutamente la sorella di dieci anni, inducendola la suicidio. Un ragazzino di quindici anni, L.B., giovedì scorso ha tentato di accoltellare il parroco del paese di D., don Roberto Acquisgrana, con una coltellata alla gola.

Secondo il ragazzo, le violenze sarebbero iniziate circa due mesi prima. Con una scusa il parroco avrebbe convinto i genitori della bambina a darle ripetizioni di chitarra. Qui, in assenza di testimoni, sarebbero avvenute le violenze.

Nonostante il fatto fosse stato denunciato ai genitori, questi non avevano avvertito la polizia, e le violenze erano continuate. Fino a pochi giorni fa, quando la bambina ha tentato di togliersi la vita tagliandosi le vene.

Il giovane L., accecato dalla rabbia, ha aggredito il prete in chiesa, accoltellandolo alla gola. Il prete si è salvato per miracolo e ora è ricoverato all’ospedale cittadino, in prognosi riservata.

Il ragazzo è stato trattenuto dalla polizia e in attesa di giudizio.

Alla fine di luglio la cella dove si trova Luca viene aperta.

- Sei libero!-

- Il giudice…-

- E’ stato don Roberto a volerti fare uscire. Ti ha perdonato-

- Perdonato di che cosa?-

- Di aver tentato di ucciderlo. Lo sai che ha detto? “Bisogna perdonare le pecorelle smarrite e ricondurle all’ovile”. Per loro tutti siamo solo un branco di pecore senza cervello-.

- Infatti-

Il commissario lo accompagna fuori. Fa caldo. Il sole lo abbaglia.

- Che ne sarà di me?-

- Niente. Il parroco ha chiesto la tua scarcerazione. Alla fine sta bene e non gli è successo niente. Tu hai la fedina penale pulita, non preoccuparti-

- E di lui, che ne è stato?-

- L’ho arrestato!-

- Veramente?-

- Si. E che il Vaticano mi dica qualcosa, se vuole. Ma per me i criminali vanno in galera, che siano preti oppure no. Sono tutti uguali di fronte alla legge-

- E’ la legge a non essere uguale per tutti-

- Purtroppo è vero-

Camminano fianco a fianco sotto un sole africano.

- Dai Luca, monta in macchina che ti accompagno a casa io!-

Luca sale sulla sua ford Mondeo e si avviano verso casa.

Durante il tragitto, non parlano. È il commissario ad aprire il dialogo.

- Lo sai, dopo che tu hai cercato di uccidere il prete, in paese si è finalmente diffusa la notizia della violenza su tua sorella. Sai che cosa ho scoperto? Non è stata la sola. Ha violentato anche un bambino di otto anni e una bambina di undici anni. Solo una volta loro, però. Tutti naturalmente sono stati indotti al silenzio.-

- Che bello!-

- Tutto il paese è indignato. Però sono sempre tutti li, in chiesa, a pregare e pronti a perdonare e ad accettare incondizionatamente che un altro prete gli riempia la testa di stronzate. Anzi, prima che io lo arrestassi, il prete ha pure celebrato un’ultima messa in cui chiedeva scusa per quello che aveva fatto. Indovina? Lo hanno perdonato. Tutti tranne naturalmente i genitori delle vittime-

- Lei non è un credente, vero?-

- Una volta credevo in dio e frequentavo la chiesa. Poi lentamente mi sono reso conto di una cosa: per loro, meno cerchi di capire e meglio è. La verità è quella che ti impongono loro, e nient’altro. Quando ho capito questo, ho deciso di non mettere più piede in chiesa e ho intrapreso la carriera nella polizia.-

Luca non apre bocca. Ascolta in silenzio. Del resto, non saprebbe cosa dire di sensato.

- La sai ancora una cosa? Io penso che tutte le ingiustizie, le disuguaglianze, le ottusità di questa terra, se non sono di natura politica sono solo ed esclusivamente di natura religiosa. Le religioni monoteiste sono state le più grandi piaghe dell’umanità. Piaghe da cui non ci libereremo mai-

Luca non parla. Ma nel suo intimo sente che quell’uomo ha ragione. Il problema è che non sa proprio come risolvere la situazione. Chi è lui alla fine, se non un ragazzino di quindici anni devastato dal dolore e dall’impotenza? Se cento non credono più, diecimila crederanno sempre. E altri bambini sono pronti per cadere nella rete di certa gente.

- Eccoci a casa!-

- Non voglio entrare!-

- I tuoi genitori ti stanno aspettando-

- Non li voglio vedere-

- In un modo o nell’altro…ecco…credo abbiano capito perché tu hai agito in quel modo-

Luca sta zitto. Non scende dalla macchina.

- Dai vai. Tua sorella ti aspetta-.

Due settimane dopo il commissario si ripresenta a casa sua. Ha un’aria affranta e lo sguardo basso. Luca gli apre la porta e lo fa accomodare in salotto. Gli chiede se vuole qualcosa da bere, lui nega cortesemente.

- Sono solo venuto a salutarti!-

- Va via?-

- Sono stato trasferito!-

- Veramente? Dove? Perché?-

- La settimana scorsa il vescovo della diocesi è andato a parlare con il capo. In poche parole, lo ha convinto a scarcerare don Roberto e ha trasferire me! Si sa, quando uno cerca di imporre la giustizia, diventa scomodo-

- Capisco-

È l’unica parola che riesce a dire. Sente un groppo in gola e una gran voglia di urlare, di bestemmiare, di maledire il mondo e tutti coloro che si inchinano a certe leggi assurde.

- Dunque don Roberto è libero e lei è stato trasferito!-

- Per “punizione”: per aver arrestato un prete senza prima avere il consenso del vescovo, consenso che mi sarebbe stato sicuramente negato.-

- Quindi…quindi don Roberto tornerà in parrocchia!-

- Non qui! Anche lui è stato trasferito!-

- E libero di ripetere gli stessi orrori su altri bambini!-

- In un certo senso…ma io non mi arrendo sai. Io ci sbatto la testa ma questa cosa la voglio risolvere. È ora di finirla.-

- Che vuole fare da solo?-

- Da solo niente…ma con l’aiuto di altre persone…scartabellerò tutte le denunce per pedofilia a danni di preti negli ultimi anni. Stilerò una lista e cercherò di renderla pubblica. E che mi mettano a tacere se vogliono. Ma la giustizia io la voglio! Adesso basta con questo “crimen sollicitationis”-

- Crimen che?-

- Una bolla emanata dall’attuale papa prima che lo diventasse. In poche parole fa si che certi crimini vengano messi a tacere, con le lusinghe e le minacce, se necessario. Come è successo a tua sorella

Silenzio. È Luca a romperlo stavolta, con una voce flebile come quella di un gattino:

- La ringrazio per quanto ha fatto-

Lui fa cenno con la testa.

- Prenditi cura di tua sorella. Come sta?-

- Non bene. E il bello è che i miei vogliono obbligarla ad andare ancora a messa, a confessare quello che le è successo al prossimo prete che verrà. Perché le insegni a perdonare. Perdonare! Che bella parola! Perdonare!-

Il commissario ride. – E gli altri ragazzi? La picchiano ancora?-

- Non esce più di casa. E quando esce gli altri la evitano, quasi avesse la peste-

- Forse, quando crescerà, le cose si sistemeranno. Ma devi stargli vicino-

- Lei pensa che ci possa essere un perdono?-

Il commissario ci pensa su e poi risponde:

- No-

- Sembra che lei mi capisca perfettamente-

- Ti racconterò una storia. Circa trent’anni fa c’era un bambino figlio di persone molto religiose. Si blaterava che c’erano stati dei miracoli in famiglia, e il primo ad essere stato, per così dire, “miracolato”, fu proprio quel bambino. E lui prendeva la fede come una cosa seria, pregava con fervore, si comunicava sempre. Poi un giorno avvenne un fattaccio. Il prete del paese era un uomo grosso e con mani come due badili. Assomigliava non poco a don Camillo, ma come lui non lo era di certo. Quell’omone un giorno, perché il ragazzino faceva il chierichetto, lo ha “preso” di peso in canonica, gli ha tirato giù i pantaloni e glielo ha infilato dentro così in profondità da…scusa la volgarità! Erano altri tempi, la gente era molto più credulona e nessuno gli ha creduto. È finito in manicomio per questo. Per due anni. Poi è uscito. Era un’altra persona. Ma era sempre lacerato dentro. Crescendo il bambino ha deciso che avrebbe fatto giustizia a tutti i costi!”

- E chi era quel bambino?- domanda Luca, anche se sa benissimo la risposta

- Io-

- Lo avevo intuito-

Gli volta le spalle e va alla porta:

- Ti saluto Luca. Stammi bene!-

- Anche lei-

Lo vede salire in macchina e allontanarsi verso nord.

See ya! >:-@

P.S. presto psterò pure la foto relativa. Non avendo trovato in rete una foto che meglio riassumesse il tema centrale di questo racconto, la dovrò fare io. E, non appena fatta, la posterò! :-P