Friday 28 September 2007

DUE POST IN UNO

Oggi è una giornata particolare. Non solo perchè è venerdì e io adoro il venerdì. Ma anche perchè oggi questo post sarà doppio.
PRIMO POST:
Oggi nuovo capitolo del racconto "Un uomo senza importanza".

LA FESTA DELLA CAMICIA NERA


Quando si avvicina il Natale Angelo ha sempre dei buoni motivi per deprimersi. Prima di tutto, l’anno sta finendo. Angelo si rende conto che il tempo passa sempre troppo rapidamente. Il prossimo 30 dicembre avrà trent’anni. Laureato da tre, svolge un lavoro schifoso, non ha una donna.
Il secondo motivo di sconforto è una donna alta, con lunghi e ricci capelli neri, occhi azzurri come il cielo estivo e un corpo bellissimo: Margherita Reiner. Con lei non sa più che fare. È sfuggente. Ormai le ha provate tutte: legge tutti i quotidiani, pure quelli di sinistra che gli fanno venire la nausea, pur di mostrarsi informato. Ha pure iniziato a leggere un libro, del qualche non ha raggiunto nemmeno la metà. Lui, che ha sempre e solo amato fare sport. Ha addirittura fatto una donazione di ben 2 euro ad un’associazione benefica di cui aveva una volta parlato la Reiner, per poi farsi bello davanti a lei.
Eppure...Sorrisi, simpatie, ma niente di più. Una corazza dura come il cemento armato. Angelo si sente sconsolato. Di questo passo, pensa sempre, arriverò alla fine dell’anno scolastico senza nemmeno averle strappato un appuntamento.
Terzo ed ultimo motivo di sconforto: il grande Terrore, il Consiglio di classe. È una riunione che si tiene sempre alla fine del quadrimestre, dove tutti i professori discutono dei programmi, degli esami di maturità, dell’andamento scolastico degli studenti, ecc. Agli occhi di Angelo la cosa sembra una specie di tavola rotonda presieduta dal re, ovvero la preside, che siede con fare “imperiale” a capotavola. E per Angelo è paurosamente noiosa. Inizia subito dopo pranzo e può durare fino alle sette di sera. Per questo è stato costretto ad annullare il suo appuntamento di piacere.
Dopo “Bellasempre” ha conosciuto altre due o tre donne di età compresa tra i quaranta e i cinquantasette anni. Fugaci incontri erotici, niente di più. Quella sera, per esempio, aveva appuntamento con una quarantaseienne di Como. Brutta come la peste, ma con due tette da guinness dei primati. Doveva vedersi con lei alle otto vicino all’imbarcadero del lago di Como. Andare a bere e poi concludere in bellezza la serata. Aveva già in mente un paio di posizioni per far impazzire Cucciolina, come si fa chiamare lei. Ma come arrivare a Como per le otto se magari alle sette e mezza potrebbe essere ancora lì? Con il traffico che c’è alla sera? Ha chiesto uno spostamento di orario, ma lei ha negato. Ha dovuto disdire. Adesso, pensa mentre spiega, quella là andrà a trovarsi un altro uomo e io non la incontrerò mai. E dove ne trovo un’altra come quella lì, con tette tanto grandi da farmi dimenticare Margherita? Non può non essere incazzato!
La sesta ora suona, alla fine. È la prima volta in quasi due anni di insegnamento che Angelo vorrebbe che quella non suonasse mai. È talmente giù di morale che il suo trillo gli sembra spettrale e sinistro. Rabbrividisce, come se in classe ci fossero 30 gradi sottozero. Impallidisce, le mani diventano due spugne, comincia a sudare.
Allegramente e in modo scomposto, i ragazzi si precipitano fuori dalle aule. Mentre li guarda uscire, li odia ancora di più. Si, pensa, tornate a casa a divertirvi, ad uscire e a fare shopping natalizio. Io sarò qui, a parlare delle mie fatiche e di quanto voi non le apprezziate. Pensando a questo, sospira. Sta per partire in una “crisi di male assoluto”, ma il dolce sorriso di una studentessa lo desta dai suoi cattivi pensieri.
Prende la sua valigetta ed esce dall’aula. Tutto è deserto. Angelo sente i suoi passi rimbombare sinistramente. E pensare che lui ha sempre pensato che la scuola sarebbe un posto migliore, senza gli studenti e le loro voci squillanti. Invece ora si rende conto che questa è oscura, silenziosa come un sepolcro, fredda come un cimitero abbandonato. Le porte spalancate delle aule gli sembrano cripte pronte ad accogliere le salme. Il banco in fondo al corridoio, quello del bidello, assomiglia al tavolo dell’obitorio. E senza la puzza di fumo e, a volte, di erba l’ambiente e pervaso da un leggerissimo e fastidioso odore di medicina e malattia, assurdità e pazzia. I muri, i pavimenti, le finestre. Tutto ne è impregnato. Infatti la scuola era prima un ospedale psichiatrico. Manicomio, come dice Angelo. E in quel momento ha l’impressione che le voci dei matti si siano rimesse ad urlare, nel tentativo disperato di farsi sentire. E se i fantasmi esistessero veramente?, pensa Angelo. In quel momento sarebbero lì, e lo starebbero guardando.
Angelo schizza fuori dall’Anonimo in preda ad un terrore cieco e inspiegabile.
Entra in sede, e gli pare di essere entrato nella casa di Babbo Natale. Ovunque festoni colorati, lucette psichedeliche, stencil con raffigurazioni natalizie. In aula professori addirittura peggio. Oltre ai festoni, alle palline, agli stencil, qualche malato di mente ha avuto il coraggio di addobbare un piccolo albero sul tavolino del computer.
- Che cagate!- sbotta Angelo.
Si siede al suo tavolo e rimane immobile a fissare quello scempio, senza aprire bocca. La sua testa intanto corre a pensieri di “male assoluto”. Già si immagina con un accendino in mano. Con questo dà fuoco a tutte quelle immagini moleste e alla preside, che diventa una torcia umana. Poi, inarrestabile, “purifica” quella prigione che lo umilia costantemente come uomo e come ingegnere. E esorcizza anche gli spiriti dei matti, che lo vogliono tormentare.
La nuvoletta maligna si dissolve non appena Margherita Reiner fa il suo ingresso in aula professori. Indossa dei pantaloni stretti e un bel maglione aderente con scollatura a “V”. Un abbigliamento un po’ mascolino. Le starebbe meglio una mini vertiginosa, una maglietta con scollatura esagerata e un paio di stivali con i tacchi a spillo. Così sarebbe super, pensa Angelo. Ma è comunque attraente.
Vedendola arrivare, da sola, Angelo decide di “gettare l’amo” per l’ennesima volta. Ormai è troppo deciso ad arrivare al sodo per arrendersi.
- Ciao, tutto bene?-
La Reiner si volta. Si sposta una ciocca molesta dall’occhio e sbuffa.
– Tu non hai idea del carico di stress che accumulo ogni volta che arrivano questi periodi-
- Ti capisco. Succede la stessa cosa anche a me.-
- Ci sono dei momenti in cui fare l’insegnante è stressante-
- Magari avresti potuto scegliere un lavoro migliore. Ma, sicuramente, non ti saranno arrivate proposte!-
Margherita ride.
– Ho iniziato col lavorare in una casa editrice. Correggevo le bozze. Poi è scaduto il contratto e non me lo hanno più rinnovato. Quindi ho scelto la via dell’insegnamento. Inoltre svolgo anche traduzioni per una casa editrice. Ma come lavoro non mi permette di mantenermi. Quindi faccio l’insegnante. Devo ammettere che mi è sempre piaciuto insegnare. E poi mi permette di conoscere sempre cose nuove -
Angelo osserva le sue belle labbra muoversi, ma non l’ascolta. Sono soli in aula professori. Nessuno in vista. Lei vestita in modo tanto attraente. Lui deciso ad arrivare al suo scopo. È il momento giusto per “gettare l’amo”. O la va o la spacca!
- Senti, io starei andando a farmi un panino al bar: voi venire con me?-
Margherita si gira e sorride. Come quella volta che gli ha chiesto di uscire. Angelo è già preparato alla frase: “niente confidenze con i colleghi”.
- Andare a mangiare un panino? Perché no? Ho detto ad un collega che lo avrei aspettato, ma non se la prenderà se lo precedo. Magari, già che sono al bar, mi compro anche qualcosa da sgranocchiare durante il consiglio. Quando mi annoio divento una mangiona da competizione!-
Angelo abbassa la testa. – Ah, capisco, allora…-
Aspetta…ha detto di si! Strabuzza gli occhi. Si dà un pizzicotto sulla gamba. Ahia! È sveglio. Allora la magia del Natale esiste sul serio!
- Ti dispiace se vado un attimo in bagno? È una cosa che non riesco a trattenere!-
Corre in bagno e si chiude a chiave. Comincia ad ansimare. Non riesce a crederci. Si sente…strano.
Sta in bagno per due minuti, seduto sul water, ad ansimare. Poi si rende conto che è tutto vero, si asciuga il sudore, si sciacqua le mani ed esce. Si è tranquillizzato.
- Allora andiamo!-

Il bar è un enorme stanzone nel piano interrato dell’istituto. Pochi tavoli e grande puzza di fumo, in barba alla legge Sirchia.
Si siedono in un angolo e cominciano a parlare di lavoro. Quanti compiti assegnare per le vacanze natalizie? Non va bene farli oziare troppo, dice Angelo. È giusto arrotondare i mezzi voti per eccesso? Angelo propone di arrotondarli per difetto. Specialmente quelli negativi. Si struscia le mani pensando a quanti tre potrebbe assegnare in questo modo.
Margherita risponde a monosillabi, intenta com’è a divorare il suo panino al prosciutto, mozzarella e pomodoro. Bisogna attirare la sua attenzione. Il tempo a disposizione è limitato. Allora gli viene in mente una cosa che ha letto non ricorda nemmeno dove. Ma è sicuro che farà colpo su di lei. Infatti Margherita una volta, mentre parlava con Mike, aveva detto che non sopportava l’aria commerciale del Natale. Quella cosa che ha letto fa proprio al caso suo.
- In Natale – inizia Angelo – è nato come festa cattolica per coprire un’altra festa religiosa pagana. Questa è una cosa che non ho mai sopportato del cattolicesimo. E poi…è nato Gesù? E allora perché non essere veramente più generosi invece di buttare via i soldi in modo tanto stupido-
Margherita lo guarda.- Interessante – dice senza convinzione.
Angelo sorride. Ci sta riuscendo. Forse ha veramente toccato il tasto giusto.
Angelo assume un’espressione seria. - E poi…-
- Ciao Meggy!-
Uhm…accento americano, voce da adolescente…ha riconosciuto il soggetto: Michael Scalzi! Il sorriso “beota” muore sulle labbra di Angelo.
- Ciao Mike- dice Margherita. Il suo volto si illumina. – Ti stavo aspettando. Nel frattempo sono venuta a mangiare qualcosa con Angelo. Non ti dispiace vero?-
- Sarà dura, ma sopporterò il tuo “tradimento”. Scusa se sono arrivato in ritardo, ma ho dovuto finire il mio turno –
Saluta calorosamente Angelo. Lui non fa una piega. Ecco chi stava aspettando: lui era solo una scelta di ripiego, per non rimanere da sola.
Si siede vicino a loro. I due iniziano a parlare. E ovviamente lui rimane in un angolo. Non perché loro non vogliano parlare con lui. E che i loro argomenti non riesce a comprenderli. Non lo interessano. Le loro idee sono lontane anni luce dalle sue, che Angelo ritiene le uniche giuste. E poi non sa cosa dire. È una persona metodica. Diciamo pure esageratamente schematica. Ragiona come un computer: perché riesca a fare qualcosa deve preparare uno schema step-by-step. Di improvvisare non è mai stato capace. E adesso che non ha preparato il suo discorso, è come se quei due parlassero una lingua marziana.
Angelo si alza dalla sua sedia facendo un rumore infernale. È inutile stare lì a reggere il moccolo.
- Io vado- dice. – Devo finire di correggere dei compiti. Ho promesso ai ragazzi che li avrei consegnati domani. Sono già in ritardo di quattro giorni!-
- Allora ci vediamo su!- dice Mike.
- Ci vediamo su-.
Si allontana di corsa, ma le voci di quei due sembrano volerlo inseguire. Sono come pugnali, che lo trafiggono nel vivo.
Una volta fuori cerca di addentare il suo panino ma gli viene la nausea. Lo getta nella spazzatura. Poi si rende conto della stupidata commessa (l’ha pagato € 3,50!) e cerca di riprenderlo. Purtroppo è immangiabile. Bestemmia violentemente e torna in superficie.
Esce fuori. L’aria è fredda, pungente, carica di neve. Si accende una sigaretta che ha “scroccato” al Galli e fuma con stizza, mentre il vento spazza via le ultime foglie morte. Non sa che dire né che pensare. Ma ci deve riuscire, porca vacca! Margherita è diversa dalle altre. Certo è sempre una donna, ma è diversa. È gentile, e poi è intelligente.
Angelo ride. Mai avrebbe pensato una cosa simile di una donna. Intelligente. Lui, che ha sempre considerato le donne incapaci di pensare. No, Margherita è diversa. Margherita è quella donna che potrebbe rendere felice un uomo come lui. Margherita…
All’improvviso un’epifania. E se si stesse innamorando di lei? La cosa lo spaventa e al contempo lo rende felice. Margherita e Angelo. Insieme. Una donna intelligente e un ingegnere con “interessanti prospettive per il futuro”.
Ride. Ma che razza di pensieri! Si, Margherita è una donna diversa dalle altre, ma innamorarsi non è cosa per lui. Ma con lei, dannazione, ci deve riuscire. Non può fallire ancora. Il tempo stringe.
Rientra nell’edificio. I professori salgono ordinatamente uno a uno. Angelo li segue. Inizia il “patibolo”.

È il suo primo sabato libero. Prima era il giovedì. Ha fatto volentieri cambio con Leoluca Righini, professore di lettere nelle sue sezioni. Aveva problemi di famiglia e gli serviva il giovedì libero. Angelo ha accettato con entusiasmo. Ed eccolo a casa per la prima volta al sabato, con indosso solo una canottiera verde e un paio di pantaloni del pigiama, anch’essi verdi.
Il primo sabato di libertà lo coglie sdraiato malamente sul divano, in stato semi-comatoso. La sua mano destra schiaccia a caso i tasti del telecomando, senza trovare un programma di suo gradimento. La mano sinistra è invece occupata in altri “importanti” affari: grattarsi voluttuosamente i “gioielli di famiglia”, il pizzetto barbaro, e torturarsi con estremo piacere il bocciolo di rosa dell’ano.
Attorno alle 10:30 del mattino Angelo si addormenta scomposto sul divano.
È il campanello della porta che lo sveglia. Si rizza a sedere. Ha la bocca impastata e i capelli in disordine. Emette “un’arietta” mattutina, si alza malvolentieri dal divano e va ad aprire la porta.
- Angelo, come ti butta?-
Sarebbe stato meglio se fosse rimasto sul divano, ignorando il campanello. E pensare che aveva pure riconosciuto il trillo, e quindi sapeva che poteva essere solo lui.
Alla porta c’è Gianfranco Perduti, conosciuto come “pipino” per via della sua gnomica statura. Alcuni sostengono, ma nessuno ne è certo, che Gianfranco sia “pipino” anche più in basso. Di una cosa Angelo è sicuro: è la persona più viscida, rompipalle e voltagabbana che abbia mai conosciuto. Lo si può descrivere come una cipolla. Non perché puzzi, ma perché è fatto a strati. Al primo strato si vede un ragazzo estroverso, ciarliero, a volte anche simpatico. Ma se si comincia a “sbucciarlo” lentamente ci si trova davanti ad un rompipalle, egocentrico, viziato e aspirante manipolatore mentale. Forse è per questo che tutti lo hanno mollato. Tutti tranne Angelo. Ma la sua è un’amicizia forzata. Perché il padre di Pipino è amico intimo del suo. Se parla ancora con lui, lo fa solo per suo padre. Anche perché è lui che gli permette di avere un tetto sotto la testa! Non può mica permettersi di fare tanto lo schizzinoso.
- Ciao Giangi: che ci fai da queste parti?-
- Passavo di qui…sai, non ho molto da fare negli ultimi giorni!-
Per forza, pensa Angelo, vivi sulle spalle di tuo padre! Angelo odia i parassiti sociali.
Pipino non è il classico tipo che lavora duramente. O almeno non secondo i canoni. Lui ha una società insieme a suo padre. Astor S.a.s. si chiama. Vende di tutto, soprattutto fumo negli occhi. È un imbonitore senza cervello, e il suo Ego smisurato è decisamente intollerabile. Angelo ricorda che una volta, in preda ad una crisi di egocentrismo mistico, Pipino gli aveva detto che un cliente lo aveva pregato in ginocchio di vendergli un articolo! Angelo aveva riso per tutta la giornata. Lui, Gianfranco, è troppo in “intelligente” per fare un lavoro da dipendente, quindi fa il “libero professionista”. Guadagna molto, dice lui. Ma a conti fatti il suo ricavo è un cerchietto tondo che i matematici hanno chiamato zero. E se la matematica non è un’opinione, ora Pipino sta lentamente depauperando tutti i risparmi del suo papi. Ma lui, il povero Samuele, per il suo”pargolo” sarebbe disposto a vendersi pure il culo.
Pipino si attacca a chiunque pur di fare un po’ di soldi. Inizia a parlare e non stacca più. Per seminarlo bisogna usare l’ingegno. E Angelo non è molto ferrato in quella materia, quindi rimane sempre gabbato.
- Se vuoi accomodarti…- dice Angelo senza convinzione.
- Ma va! Me vado subito!-
Con passo da faina, è subito nell’appartamento. Si getta sul divano, che scricchiola pietosamente sotto i centodieci chili di Pipino.
- Vuoi qualcosa?-
- No, grazie- e si frega una manciata di caramelle alla liquirizia.
- Sai – riprende Pipino – fanno una festa al Luxuria stasera: si chiama festa della camicia nera-
- Molto interessante- biascica Angelo. Nel frattempo continua fare zapping.
- Ci saranno un casino di belle ragazze!-
- Bello-
- Tu come sei messo a donne?-
- Come al solito-
- Ovvero sei solo!-
Angelo ha uno dei suoi sempre più frequenti attacchi di “male assoluto”. Adesso si immagina di prendere Pipino, “pulirlo” e cucinarlo “alla diavola”, per la gioia sua e dei suoi genitori.
- Ho due biglietti omaggio per la festa: tutto gratis! Avevo pensato di andarci con te, visto che la mia Linuccia è malata!-
Angelo aguzza le orecchie. Biglietti omaggio. Tutto gratis. Belle donne. Interessante.
- Mi hai convinto. Vengo con te!-
- Forte! Ci vediamo stasera allora.-
- A stasera-
Gli apre la porta e Pipino se ne va. Non prima di aver elogiato le qualità della sua nuova auto: bella, forte, potente. Sono gli unici aggettivi che conosce. Naturalmente andranno con la sua auto al Luxuria. Meglio, pensa Angelo, non dovrò rubare quella di mio padre e spendere soldi per fare benzina.

Il Luxuria è un locale vip nell’Interland milanese. Festini, balli, belle ragazze, alcool, ecc. Un posto dove non si entra se non si è vestiti eleganti e non si tirano fuori centinaia di euro. Le feste a tema sono frequenti. Giusto perché si hanno tanti soldi e in qualche modo bisogna spenderli.
La festa della camicia nera non ha niente a che vedere con i fascisti. È solo una festicciola a tema con abiti neri. Angelo, però, come al solito capisce male. Ha sempre avuto un debole per i fascisti. Lo ha sempre affascinato quel senso di ordine e disciplina che la camicia nera infonde, senza però conoscere bene cosa ci stava sotto. Ha sempre odiato la storia, Angelo. Che senso ha aprire un libro e studiare quando si può imparare tutto dalla tv? E poi, invece di stare seduto a leggere, lui preferisce fare sport! Quindi non ha mai imparato un cavolo sul fascismo. E la sua ammirazione va alla camicia nera e a quello che rappresenta: pulizia. Specialmente etnica.
Arrivano al Luxuria alle dieci e mezza. Pipino è vestito in modo casual: camicia nera e jeans. Angelo ha un tantinello esagerato. Indossa infatti una camicia nera, dei pantaloni neri, degli stivali che usava quando andava a cavallo e una frusta da cavallo. In poche parole, un vero squadrista.
Entra nel locale pieno di gente, tutti con la camicia nera. Fa il saluto romano. Nessuno lo guarda. Lui guarda tutti, soprattutto le belle ragazze che affollano il locale. Di ragazze più belle di quelle lì ne ha viste pochissime. Si sente come se fosse andato in paradiso. Ma sa benissimo che lui non può fare nulla. Uno, perché ha in mente solo la Reiner. Due, perché quelle li, tutte rifatte, vanno solo con uomini con un conto in banca con sei zeri. Angelo maledice i fortunati figli di papà e la sua sfortuna cronica. Se solo fosse almeno un quadro in una grande azienda, invece che un insegnante sfigato!
Si siedono in un angolo e ordinano una birra. Intanto Pipino elogia il suo ultimo acquisto: cento aspirapolvere importati (illegalmente) dalla Cina. Tecnologia di ultima generazione. Ha intenzione di mettere un’inserzione su un sito di aste on-line. Prezzo stracciato, “così il feedback spara potente”, dice Pipino. Ma prima vuole convincere il suo migliore amico Angelo.
- Guarda che è qualcosa di nuovo!- inizia Pipino – E’ bello, potente! Cacchio se è potente! Ieri ho pulito tutta la casa con quello! È una forza!-
- Si, si- dice Angelo.
Si scola la sua prima birra. Se beve non ascolta Pipino. Intanto si rifà gli occhi con tutti i culi sodi che riesce a guardare. La sua depressione sale.
Angelo alza la mano per una seconda birra, se la scola mentre Pipino continua a parlare.
Comincia a bersi una birra dietro l’altra. Arriva la quarta birra e Pipino sta ancora elencando le “caratteristiche” dell’aspirapolvere. Ogni due parole ci inserisce un “bello”, un “minchia”, un “cioè”, un paio di “potente”. Del resto sono gli unici vocaboli che conosce.
- Il prezzo è una cavolata: solo cento euro, prezzo Astor!-
- Interessante- e si scola anche la quarta birra, mentre la sua mente è in preda ad uno sconforto assoluto.
- Sai, tua mamma potrebbe fare meno fatica con un aspirapolvere tanto potente!-
- Già!- E lecca con la lingua il bordo del bicchiere.
Per allontanarsi da quel fiume di parole, Angelo si butta nella mischia e balla. Lo sa soprattutto per dimenticare la sua infelicità. Il suo modo di ballare è strano e inclassificabile. Si compone di movimenti imprecisi e inconsulti, corredati dal “rito”: sigaretta accesa all’orecchio sinistro e occhi chiusi per meglio seguire la musica. Quando usciva con i suoi amici, nei gloriosi anni del liceo, tutti si spostavano quando Angelo entrava in pista! Bei tempi quelli, ricorda lui con tristezza. Tutto era più bello e luminoso, quando il mondo sorrideva ai giovani con “interessanti prospettive per il futuro”.
Conosce una ragazza di Milano e parla un po’ con lei. All’apparenza sembra avere meno pretese delle altre. Anche perché ha un nasone da far invida a Cyrano, un mento da Maga Magò e un petto che sembra ci sia passato sopra San Giuseppe con la pialla!
La invita ad un tavolo e le offre (tutto gratis!) dei superalcolici. La ragazza beve solo un gin tonic mentre lui si scola un gin tonic, due bicchieri di vodka al melone e due whiskey doppio malto. Nel giro di poco è ubriaco fradicio. In preda ad un mix di egocentrismo, sconforto ed eccitazione cerca di mettere le mani addosso alla ragazza. Questa gli tira un cazzotto da far invidia a Tyson.
Alle due del mattino Angelo esce barcollando dal locale. A dire la verità esce perché i buttafuori lo hanno cacciato. Ha tentato di strappare la gonna ad una ragazza.
Barcolla per qualche metro, poi cade. Si rialza, bestemmia un poco, e continua a barcollare. La città gli sembra un pastiche di luci e immagini elettriche. Quelle luci sembrano ammiccare alla sua persona, sembrano sorridergli. Ha l’impressione che gli parlino addirittura. Che lo elogino. Che lo facciano sentire per quello che è: il migliore. Il mondo non gli è mai parso tanto bello. In quello stato di euforia etilica pensa che tutto gli sia possibile e che possa avere tutto ciò che vuole giusto schioccando le dita.
- Nessuno – urla – nessuno è meglio di me! Donne, venite: Angelo è tutto per voi!-
Ormai non distingue più la realtà dall’illusione. Vede una donna in rosso, bellissima, con la schiena appoggiata al muro. È una puttana sicuramente, pensa. In realtà è un poster pubblicitario.
Comincia a strusciarsi contro l’immagine emettendo i soliti sibili serpici e bestemmiando come uno scaricatore di porto.
– Maiala, dammela!- urla.
In quel momento passano di lì Margherita e Michael. Non si sa perché siano insieme e siano lì a quell’ora di notte. Sta di fatto che vedono Angelo che si struscia in modo molesto contro un poster, bestemmiando e insultando l’inesistente ragazza ritratta.
- Ti manderò in paradiso. Io sono Angelo!- urla ridendo.
- Angelo, dai, vieni qui! Che hai fatto, hai alzato un tantino il gomito?-
Anche se completamente ciucco, Angelo riconosce la voce del suo amico Michael Scalzi. In quel momento gli sembra fastidiosa e molesta come il ronzio di una zanzara nelle orecchie. È colpa sua se la Reiner non lo degna di uno sgaurdo. E’ colpa sua di tutto.
Rutta con violenza e gli scosta violentemente la mano.
- Lasciami stare! – urla – Tu non fai altro che portarmi via quello che voglio!-
- Angelo, sei ubriaco!-
- Vaffanculo!- urla ancora.- Tu non puoi continuare a rovinarmi la vita! Prima Clementina, adesso Margherita. Che cosa vuoi eh? Che mi cali i pantaloni e ti dia il culo?-
- Angelo, dai, seguimi- dice Mike.
- Tu non me la porterai via. Solo io posso renderla felice! Io! Hai capito, razza di femminuccia americana?-
Poi guarda Margherita. Il suo corpo è avvolto da un caldo piumino nero. Si inginocchia ai suoi piedi.
– Maggy, dimmi che ti piaccio. Ti piaccio vero? Sono bello, intelligente. Che cos’ho che non va? Che cos’ho io meno di Michael? Dai, Margherita, dammi un bacetto!-
Margherita prova un forte senso di pena per Angelo. È un bravo ragazzo in fondo, pensa. È solo molto immaturo.
Angelo si protende verso di lei. Magari un bacetto glielo avrebbe pure dato, ma puzza talmente tanto di alcool da farle venire la nausea.
Lo fanno salire di peso in macchina e decidono di portarlo a casa. Da solo, di notte e in quelle zone rischierebbe di fare qualche brutto incontro.
Sul tragitto verso casa nessuno ha voglia di parlare. Angelo, gettato malamente sul sedile posteriore, straparla.
- Non avrei mai pensato arrivasse a questo punto- dice Margherita.
- E questo è niente. Una volta, qualche anno fa a capodanno, lui…-
- Sei un bastardo!- urla Angelo.
- Angelo…è un bravo ragazzo! Ma sembra non voglia capire!-
- Angelo non ha mai capito i suoi difetti. Ecco tutto! Se solo si rendesse conto di dove sbaglia, potrebbe migliorarsi. Le capacità le ha. Non è un cretino! Ho visto deficienti totali arrivare molto più in alto di lui! È solo…che gli manca la logica! Ho provato in tutti i modi di aiutarlo, ma non posso fare i miracoli. E poi ci si mette pure la sua superbia innata, che non gli facilita certo le cose-
- E’ un mediocre, un uomo senza importanza. Ma mi fa pena…in fondo è così simpatico. Ma non potrà mai piacermi, mai!-
Un attimo di silenzio. Angelo rutta violentemente e sente che sta per vomitare. Poi sembra che tutto si plachi.
- Tu sei diverso-
- Non sono migliore di lui-
- Invece si!-
Angelo vede le loro mani congiungersi. Ma è troppo ubriaco per capire bene il significato del gesto.
I due parlano ancora. Angelo ascolta i loro dialoghi, ma le voci si mischiano in una serie di fonemi inarticolati. Ha solo la sensazione di essere completamente solo in un mondo che non riesce più a comprendere. Un mondo che va all’incontrario e che ormai non è più recuperabile. Un mondo di successi e di insuccessi, destinati in modo diseguale alla popolazione. A lui è stato destinato l’insuccesso, e vorrebbe tanto capire perché tutto va al contrario, quando anche lui si meriterebbe di avere successo. Ha fatto tutto quello che poteva fare: che cosa deve fare di più? Gli viene da piangere.
- Sono…mi-migliore io! Sono…sono in-gengere io! Io merito di più!- dice tartagliando.
Si raggomitola in un cantuccio, con la faccia tra le ginocchia, come l’uomo solo che è.
Lo scaricano a “braccia” sotto casa sua. Lui continua a bestemmiare. Sveglierà tutto il vicinato, e loro non vogliono esserci.
- Siete tutti dei bastardi!- urla. – Che vi ho fatto io di male, eh?-
- Dai Angelo, calmati!-
- Non dirmi quello che devo fare, stronzo! Tu sei come loro! Tu godi nel vedermi strisciare! Ti diverti nel vedermi fare qualcosa che è al di sotto delle mie possibilità! Tu mi odi! Tutti mi odiano!-
- Angelo, adesso vai di sopra, ti fai una bella dormita e domani passa tutto-
- Bastardo!-
Cerca di sputargli in faccia ma sbaglia mira.
- Ci vediamo- lo saluta Mike.
Se ne va sospirando.
Rimane fuori al freddo per un tempo incalcolabile. In preda ai fumi molesti, si toglie la giacca e comincia a ballare e cantare per strada. Le lacrime gli bagnano il viso, mentre le bestemmie gli sporcano la lingua impastata di fumo e alcool.
- Perché proprio a me? Io sono migliore di voi! Io sono migliore di tutti!- urla alla fine.
Si accascia a terra con gli occhi vitrei. Sorpreso da forti conati, vomita violentemente sulla macchina di Pipino. Da buon voltagabbana, non appena ha visto le sue condizioni, ha fatto finta di non conoscerlo e ha tagliato felicemente la corda. Ride all’idea della faccia che farà lui, quando vedrà la sua “bella, forte, potente” auto macchiata di vomito.
Riprende con lentezza il controllo, anche se non totalmente. Sente in bocca il gusto amaro e disgustoso della rabbia e dello sconforto.
Sale a casa, vomita un altro paio di volte. Forse è meglio andare a dormire.
Si getta sul letto completamente vestito, prende una zuccata contro il muro e alla fine si addormenta di un sonno pesante e privo di sogni.

SECONDO POST:
La maglietta rossa come supporto al popolo birmano e ai monaci che con coraggio sfilano pacificamente per il paese, senza curarsi delle percosse e delle torture a cui vanno incontro. Un paese distrutto la Birmania, da troppi anni in balia di una dittatura militare che non ha niente da invidiare ai tiranni medioevali. Un paese che ha bisogno di aiuto. Forse indossare una maglietta rossa non servirà a nulla, ma è un modo per dire "non vi dimentichiamo".
I have a dream: che tutte le dittature del mondo finiscano, e che finalmente regni la vera democrazia. Un'utopia...

See ya :-|

Thursday 27 September 2007

BRAVA GENTE


Gli italiani si definiscono spesso "non razzisti". Eppure tempo fa, a Milano, una ragazza scende in metropolitana e viene aggredita da un muratore bergamasco che ha serie intenzioni di violentarla. Un ragazzo marocchino corre in suo aiuto e mette in fuga l'aspirante violentatore. Attirati dalle urla della ragazza, arrivano i passanti. La vedono, sconvolta, tra le braccia del marocchino. Per loro non ci sono dubbi: è stato lui. Si avventano su di lui. Se non fosse stato per la ragazza lo avrebbero brutalmente linciato.
Questa storia si basa sul quel fatto di cronaca, naturalmente mi sono permessa la licenza letteraria. Giusto per dare più enfasi al tema centrale: il pregiudizio indiscriminato verso coloro che hanno una pelle ambrata e parlano una lingua straniera...



I pregiudizi occupano una parte dello spirito e ne infettano tutto il resto.

- Per me, alla fine, gli Italiani non sono poi così razzisti come dicono tutti-

È un uomo di circa cinquant’anni che parla. Alto, dalla pelle ambrata, con i capelli neri macchiati solo da qualche filo d’argento. Seduto ad un tavolaccio di una mensa aziendale, con la sua tuta blu con il nome dell’azienda stampato a caratteri dorati, legge il giornale.

È egiziano. Di Alessandria. È in Italia da circa quindici anni. Ha studiato medicina, grazie agli sforzi di sua madre, donna forte che con i soldi guadagnati al bazar riuscita farlo studiare, per poi morire di stenti. In Italia ha portato la moglie Amina e la figlia, che era ancora piccola. Lei ha frequentato le scuole italiane, si comporta come una ragazza italiana. Lui non ha mai pensato di imporre niente.

- Alla fine, lavoriamo con gli Italiani e loro sono sempre stati gentili con noi-

- Hamad, sei sempre stato un sognatore-

È Farouk. Suo amico d’infanzia. Anche lui laureato in medicina. Un uomo alto, allampanato, con la faccia scavata e gli occhi incavati. I capelli non li ha più da anni. Lui dice che sono caduti per colpa delle ingiustizie subite.

Un uomo pessimista Farouk. Realista si definisce lui. Vede nemici ovunque, si sente sempre sotto accusa, quasi fosse un condannato a morte di fronte a coloro che lo giustizieranno.

- Tu esageri sempre. Alla fine, ci è mai successo qualcosa?-

- Tu non ti guardi mai in giro. Ma non vedi i loro occhi? Non vedi come ti guardano? Non vedi come ti trattano? Ti danno del tu e si permettono pure di essere sgarbati con te senza nemmeno chiederti scusa-

- Io sono un lavoratore onesto. Ho sempre lavorato in modo onesto e mi sono sempre comportato in modo onesto. Pago le tasse e rispetto la legge. Questo è tutto. E se ci sono uomini che se ne fregano delle leggi, fanno del male e ammazzano le mogli e le figlie…beh, sono affari loro, non miei! E questo tutti lo sanno. Qui dentro sanno tutti che sono un uomo onesto. Non ho niente da spartire con quella gente-

Farouk beve un sorso d’acqua e lo guarda.

- Tu ti senti integrato, non è così?-

- Lo sono. Rispetto le leggi, mi sento bene qui e nessuno mi ha mai fatto pesare la mia ipotetica diversità-

- Ecco…tu per loro non sei integrato. Tu per loro sei solo una persona da guardare con sospetto, uno che viene ospitato solo perché loro sono buoni, ma sempre pronto a prendere una donna e stuprarla senza pietà, o ad ammazzare tua figlia e pestare a sangue tua moglie. Ecco cosa sei tu per loro! –

- Come se non lo facessero anche gli Italiani!-

- Già, ma chissà come mai ad un italiano gliela perdonano e a noi no! Cosa c’è il loro stupro è meno grave del nostro? No! Ma per loro noi siamo i peggiori!-

- Farouk, tu…-

- Guardati Hamad. Parli perfettamente l’italiano, sei un uomo istruito, hai pure fatto dei corsi da medico in Italia, eppure non puoi fare niente di meglio che l’operaio e sai perché? Nessuno vorrebbe vedere un medico musulmano in corsia…Nessuno!-

- E che mi dici del mio amico del Cairo che esercita in Italia?-

- Dico solo una cosa: prima dei nazisti gli ebrei e i cristiani convivevano pacificamente. È vero, ci erano sempre stati dei movimenti di estrema destra contro di loro, ma la maggior parte della popolazione non ci faceva caso. Medici, professori universitari ebrei. Tutti erano stimati. Poi è arrivato un omino insignificante che, con la sua demagogia da quattro soldi, ha aizzato il popolo più civile d’Europa contro gli ebrei. E tante famiglie ebree sono state denunciate, “vendute” alle SS dai vicini e amici cristiani con cui avevano preso il caffé fino a pochi giorni prima-

- Tu sei una persona molto intelligente, colta e saggia. Ma gli Italiani non sono i Tedeschi. Non farebbero mai una cosa simile!-

- Pensala come vuoi! Però mio figlio, quando va a trovare la fidanzata italiana, viene sempre fermato dai carabinieri che lo perquisiscono quasi fosse un ladro. Una volta, durante una specie di retata in un locale, lo hanno portato in caserma, picchiato, fatto spogliare e poi mandato a casa perché “non era il loro uomo”, senza però nemmeno chiedergli scusa!-

- E’ stato un caso!-

- Troppi casi! E che mi dici del fidanzato di mia figlia? Ha aiutato una ragazza che stava per essere violentata da un italiano ubriaco ed è finito una notte in cella per tentato stupro! Se non fosse stato per quella brava ragazza, dio la benedica, lo avrebbero espulso!-

- Ascolta…mia figlia va a scuola con gli Italiani. Non è mai tornata a casa dicendo “mi hanno discriminata”. Lei ha deciso di indossare il velo e io non glielo ho imposto. Lei è libera di fare quello che vuole. Lei si sente bene con gli italiani. Visto quanto è brava a scuola ha deciso di andare all’università e io sono disposto a pagargliela. Voglio che studi, che diventi qualcuno. E so che ce la farà. Lei è italiana, non come me e te!-

Farouk ride.

- Tua figlia, per gli Italiani, non è italiana, ma un’immigrata di seconda generazione. E come tale la tratteranno!-

- Farouk adesso basta però! Stai diventando paranoico! È vero, ammetto che in giro c’è del razzismo, ma ovunque c’è! E comunque io sono una persona onesta. Più di questo non posso fare! Prego onestamente, lavoro onestamente, vivo onestamente. Io sto al di fuori-

- Il pregiudizio non guarda in faccia a nessuno. Colpisce tutti, disonesti e onesti-

- Non siamo in Germania Farouk-

- E’ vero, ma siamo comunque in un paese occidentale esasperato dai media e dalle distorsioni della realtà provocate da questi e dai governi. Attento Hamad, che non c’è mezzo più potente della parola di un telegiornale.-

Hamad si alza con il suo vassoio. Non ha più intenzione di ascoltare il suo amico. Ogni volta che parla con lui succedono quei diverbi.

- Hamad, il pregiudizio è come un virus. Attacca una piccola zona e, se non curato, distrugge tutto l’organismo-

- Non siamo a quei livelli Farouk!-

- Questo è quello che credi tu!-

- Nel mio quartiere la gente mi rispetta. Sa che sono un uomo onesto!-

- Fino a quando non ti troverai nel posto sbagliato al momento sbagliato!-

- Ma piantala-

Davanti a loro tanta gente passa, tutti li ascoltano e nessuno li capisce. La loro lingua è troppo difficile da capire.

Suona la sirena.

- E’ ora di ritornare al lavoro!-

- Si Hamad, ritorniamo al lavoro, che è meglio!-

La sirena dell’uscita, finalmente. Un’altra dura giornata di lavoro, in una fabbrica bollente d’estate e gelida d’inverno, finisce. Hamad saluta calorosamente Farouk, che si avvia a casa a piedi. Saluta altri operai e si incammina alla fermata della metropolitana. Lo aspettano cinque fermate di metro e due di bus prima di arrivare a casa, in un paesino poco fuori Milano. Una zona tranquilla, immersa nel verde. Una casa che è riuscito ad acquistare con un mutuo trentennale dopo anni di vita in una squallida periferia a sud di Milano. Girava di tutto: prostituzione, droga, violenza. E lui lo sapeva che, se i pesci piccoli erano extracomunitari nella maggior parte dei casi, i pesci grossi che li dirigevano come manichini erano italiani. Ma alla fine chi pagava erano sempre i pesci piccoli, che uscivano di galera più criminali di quando ci erano entrati. Tutto ciò lo deprimeva.

Scende in metropolitana insieme ad un crocchio di gente che va di corsa. Tante cose li aspettano a casa, troppo grigia e fredda è la città di sera, d’inverno, quando il gelo è pungente come la lama di una scimitarra.

Scende in metropolitana insieme ad un crocchio di gente tutta uguale. Nessuno lo nota, nessuno fa caso alla sua tuta e al colore ambrato della sua pelle. Nessuno fa caso a quel viso scuro che una volta era bellissimo. Nessuno sa chi lui sia, né quello che fa. A nessuno interessa, alla fine.

Tre minuti per attendere la metropolitana, strapiena. Sale a fatica su quel vagone sovraffollato reso caldo dalla presenza umana che li vi staziona. Si mette in un angolino, contro la porta scorrevole. È li che distrattamente nota una ragazza dai lunghi capelli rossi, vestita con abiti semplici, appoggiata contro il palo intenta a leggere il giornale. È una donna come tante che affollano il metrò alle cinque di sera. Perché preoccuparsene?

Nota anche un uomo, apparentemente ubriaco, seduto su un sedile vicino alla porta di uscita. Probabilmente un povero disoccupato, o un povero barbone. Non sa. I suoi vestiti non sembrano quelli di un barbone, ma quelli di un lavoratore disgraziato che forse ha perso il posto e ha bevuto per dimenticare. Barcolla sul suo sedile, si porta una mano alla bocca quasi stia per dare di stomaco. Hamad lo guarda con occhi pieni di dolore: ci si può ridurre così? E poi pensa che il mondo non è giusto. E che la discriminazione non colpisce solo loro, ma anche i poveri Italiani diseredati. Questa cosa, vigliaccamente, lo rincuora.

Arriva la sua fermata. Insieme ad un gruppo di persone scende pure lui. Scendono anche la ragazza dai capelli rossi e il giovane ubriaco. Hamad lo osserva distrattamente per qualche secondo. È giovane: non deve avere più di trenta, trentacinque anni. Ancora tanta vita ha davanti. Si può rifare.

Prende la strada degli scalini e vede che la ragazza con i capelli rossi lo supera. Dietro di lei, il disgraziato ubriaco. Vanno solo nella stessa direzione, come altre centinaia di persone.

Si ferma a comprare un pacchetto di sigarette al tabaccaio sotto la metropolitana, poi sale in superficie. L’aria pungente lo pizzica. Rabbrividisce, si solleva il bavero della giacca. Per fortuna la fermata del bus non dista più di pochi passi. Ancora un po’ e sarà finalmente a casa. Sua moglie gli avrà sicuramente preparato un ottimo piatto caldo, e sua figlia gli racconterà la sua giornata scolastica. Ecco ciò che lo aspetta. È felice.

Cammina senza guardarsi in giro, con la testa bassa, come sempre. I suoni che giungono alle sue orecchie sono sempre gli stessi: le macchine, lo sferragliare dei tram, i clacson, le urla di una donna…

Le urla di una donna! Alza la testa e cerca di capire se è tutto frutto della sua mente stanca o se una donna ha veramente urlato.

Un altro urlo. Corre in direzione di quell’urlo. La vede. È la ragazza con i capelli rossi. C’è un uomo con lei, che la strattona per un braccio, la spinge contro un muro, le tappa la bocca. Getta la sua borsa per terra, quindi non è un tentativo di rapina. Con la forza cerca di abbassarle i pantaloni. E nel frattempo se li abbassa pure lui. Non può permettere una cosa simile!

- Lasciala stare tu!-

Si avvicina e strattona l’uomo che cade. Lo riconosce. È il ragazzo ubriaco che ha visto sul metrò.

- Che intenzioni hai è? Vattene via e lasciala stare!-

Non vuole che la cosa finisca a cazzotti. Lui è in tipo pacifico. Ma è pronto pure a questo se il ragazzo dovesse insistere. Non vuole che accada come quella ragazza polacca picchiata da un gruppo di italiani ubriachi, che poi hanno fatto scempio di lei. Che ha fatto allora? È stato li a guardare, mentre sua moglie chiamava i carabinieri. È stato li a guardare lo scempio, senza fare nulla. Forse non avrebbe potuto fare molto. Forse sarebbe finito all’ospedale. Ma almeno avrebbe distolto la loro attenzione e la ragazza sarebbe potuta scappare. Non permetterà che accada ancora.

Il ragazzo però non insiste. Barcollando, prende il largo. La ragazza è stesa a terra, esamine. Hamad si inchina su di lei.

- Signorina, si riprenda! Ora tutto è finito!-

Ma la ragazza non si riprende. Controlla che sia tutto a posto, che non le abbia fatto del male. Ma non c’è sangue e sembra non ci siano nemmeno ammaccature. È solamente svenuta. Chiamerà un’ambulanza. Giusto per accertarsi che non le abbiano fatto niente. Poi chiamerà sua moglie per dirle che farà più tardi del solito.

È in quel momento che arrivano altre persone, attratte dall’urlo. E accecate da quello che hanno loro inculcato in testa, e vedendo un uomo dai tratti tipicamente mediorientali chino su una donna italiana, non capisco più nulla. È lui: lo stupratore! Lui, che ha approfittato di lei, violandola nell’animo e nel corpo, perché per gente come lui le donne sono solo oggetti da picchiare e maltrattare. Per loro le donne sono bestie. Ma le bestie, pensa quella gente, sono proprio loro! E noi dovremmo dare loro la cittadinanza italiana.

- Eccolo li!-

- Cane!-

Hamad si rende conto di essere in una brutta situazione. Ma lui non ha fatto niente. Adesso lo spiegherà a quella gente. Del resto, è normale. Vedere un uomo chino su una donna svenuta…

- Tu cane! Che cosa credevi di fare!-

- No, io…-

- Cosa volevi fare eh? Fare i tuoi comodi sul suo corpo. Bestia!- urla una donna, dalle mani scheletriche e dal viso stravolto e deformato che sembra quello di un demone.

- No, io non ho fatto niente. Volevo solo aiutarla. Un uomo è scappato di là. Lui l’ha aggredita!-

- Vallo a raccontare a qualcun altro, marocco!- dice un ragazzo brufoloso, sui vent’anni.

- Io? Non sono un marocchino! E non ho fatto niente! Io…-

- Ma sentitelo! Per lui stuprare è niente. Sapete cosa ho sentito una volta: un musulmano, come quello lì, era rimasto scioccato perché volevano mandarlo in carcere per aver picchiato a sangue la moglie. Per loro è normale!-

- No io…-

- Ma stai zitto!-

Un pugno lo raggiunge alla mascella, facendolo cadere bocconi a terra. È il ragazzo brufoloso di prima.

- Tieni questo, islam!-

- Io…-

Un altro pugno che lo fa cadere a terra. In bocca sente l’acidulo e il metallico gusto del sangue.

- Io…-

Non capisce bene cosa succede. Sente solo una raffica di pugni, calci, bastonate. Ovunque. Una persona lo bastona in testa, lasciandolo confuso per qualche secondo. Poi un calcio nello stomaco. Sente un gusto acido salire su in bocca. È sangue misto a qualcosa d’altro.

Tossisce, sputando e vomitando sangue. Vorrebbe dire “basta! Non ho fatto niente io!”, ma nessuna parola gli esce.

Non sa dire per quanto dura il pestaggio. Il dolore che prova è fortissimo. Sembra che nessun organo o osso del suo corpo sia rimasto integro. Prega dio che lo faccia vivere. Chiede perdono per quella gente. Pensa alla moglie e alla figlia. Lei è brava a scuola. Deve andare all’università. Come farà senza i suoi soldi? Come farà?

Lo lasciano pesto ed esamine in mezzo alla strada.

Quando arriva l’ambulanza, pensano che lui sia morto. La ragazza invece si riprende e va dai carabinieri. Per denunciare il vero aggressore e scagionare Hamad.

Dieci giorni di prognosi. Lo zigomo destro rotto, una lieve commozione celebrale, due costole fratturate, qualche punto di sutura in testa e sul labbro inferiore, lividi e contusioni sparsi. Se l’è anche cavata. Con un pestaggio del genere, ha detto il medico, ha rischiato di rimanere menomato per tutta la vita. Del resto, dieci persone che ti prendono a calci, pugni e sprangate in testa non è cosa da poco!

Impossibile denunciare tutti. Ha riconosciuto il ragazzo che lo ha preso a sprangate, ma alla fine è stato rilasciato. Insufficienza di prove. Le prove, ha detto lui con voce flebile, ce le ho in testa! Ma i carabinieri non gli hanno dato ascolto.

Sua moglie è venuta a fargli visita tutti i giorni. Piangendo. Dicendo che nel quartiere non si parlava d’altro. La figlia, poi, un giorno è tornata a casa con un occhio nero. Glielo aveva fatto un ragazzo, dandole poi della “terrorista”. Solo l’intervento di un’amica aveva impedito che quel ragazzo le facesse più male.

- Non voglio più tornare a scuola!- ha detto piangendo, tutti i giorni.

Hamad non sapeva che dire. Ed ogni notte piangeva, nonostante lo zigomo fratturato che lo faceva soffrire come un cane.

Alla fine viene dimesso. I segni dell’ingiustizia sono ancora presenti in modo ben visibile.

Se ne va sotto lo sguardo degli altri malati. Da una stanza, sente un vecchietto dire:

- Mah, questi musulmani vengono qui a fare quello che vogliono loro, ad imporci la loro religione e le loro credenze! Ma che vadano tutti a casa, vadano!-

Hamad si morde il labbro per evitare di urlare. In quell’istante si rende conto che Farouk ha drammaticamente ragione.

Non sa se tornare a casa, in Egitto, o rimanere in Italia. Ma in Egitto non ha futuro. E nemmeno sua figlia. Per sua figlia, rimarrà in Italia. Ma come farà ancora a fidarsi? Come farà ad andare in giro tranquillo sapendo che quegli sguardi lo penetrano come una lancia infuocata, che ha sulla coscienza una macchia che non ha commesso?

Non sono integrato, pensa. E non per colpa mia. Loro…non mi vogliono. E non perché.

Il mio sangue è rosso. La mia mente è pura. Ma sembra che a loro non importi. Per loro sono come gli altri. Un criminale. E si sono dimenticati, loro, che pure erano stati “criminali” in passato, negli altri paesi. Si sono dimenticati che non sono migliori, ma sono come lui. Se lo sono dimenticato.

Torna al lavoro. Alcuni suoi colleghi lo hanno chiamato al telefono e gli hanno mostrato la loro solidarietà. Si sente meglio, dopo quelle telefonate. Ma alla fine non sa più se fidarsi delle loro parole oppure no.

Il mattino dopo, alle sei e trenta, è in strada. Si avvia alla fermata dell’autobus, con il viso basso, per evitare che gli altri vedano i segni della sua innocente vergogna.

Incontra alcuni suoi vicini e li saluta. Anche loro lo salutano, ma in modo freddo. Gli stessi vicini che una volta erano gentili e calorosi con lui e la sua famiglia, ora lo salutano quasi fosse un paria.

- Per me, è stato lui!- dice la sua vicina. – Cioè, voleva provarci anche lui!-

- E pensare che sembrava così una brava persona. Ma alla fine si sa: sono bravi e buoni, ma quando gli saltano i grilli fanno del male. Sono fatti così, loro-

- Colpa della loro religione-

- Mah, non solo. Hai mai sentito i loro predicatori? Incitano alla violenza sulle donne e sui cristiani. Sono intrisi di questa violenza. Che ci vuoi fare?-

- Io non mi fido di lui. Dirò a mia figlia di stare attenta quando lo vede. Non vorrei che gli saltassero ancora i grilli-

Hamad sente tutto. Sente quelle spade conficcarsi nel suo cuore. E sono intrise di veleno. E prima o poi lo uccideranno.

Sale sull’autobus. Ora si sente un estraneo in mezzo agli estranei.

See ya!

P.S. a novembre, se non muoio prima :-P, mi laureo! :-D

Wednesday 26 September 2007

SAPEVO CHE SAREBBE SUCCESSO...

Sapevo che sarebbe successo. Del resto i generali "testa di organo sessuale maschile" che stanno al potere da decenni non potevano certo rimanere a guardare il loro impero che poteva essere distrutto dalla "rivolta degli schiavi"!. qui l'articolo.
Un paese, la Birmania, che è sotto scacco da decenni. Un generale imbecille che si fa convincere da un indovino che le banconote multiple di nove gli porteranno guai e manda in malora il suo popolo. Un despota che sta depauperando e derubando la sua gente.
Odio ogni forma di dittatura. Perchè un dittatore punta solo al suo interesse personale. Bisognerebbe fare un quadro clinico di questa gente, che ci si renderebbe conto che hanno avuto una vita da asociali, abbandonati e allontanati da tutti, cosa che li ha spinti ad odiare il mondo e la gente, e a fare del male il più possibile. Come dire "prima voi mi avete disprezzato e adesso ve la faccio pagare!". Hitler fu così. Stalin pure. E forse pure i dittatori più sanguinari della storia. Forse. Non è una teoria infallibile. Sta di fatto che la dittatura è una delle maggiori maledizioni che possono ricadere su testa umana...
See ya! :-(

Tuesday 25 September 2007

VOCI SI TROLL

Perchè ho fatto si che tutti i commenti di questo blog vengano moderati dalla sottoscritta, ovvero che sia io a decidere quali commenti pubblicare e quali no? Semplicemente perchè, ultimamente, ricevevo circa due commenti troll al mese. Che io dovevo cancellare prontamente, semplicemente perchè certi commenti non sono certo gradevoli in un blog per bene.
Allora, sulle motivazioni dei troll, se ne è parlato in tutte le salse. Personalmente non tollero che un posto pubblico dove vige il reciproco rispetto venga "infangato" da pesanti insulti o affermazioni fuorvianti miranti a creare "flame".
Ad ogni modo, certi commenti troll sono veramente esilaranti. Uno che mi è rimasto impresso di circa un mese fa. Premettiamo, totalmente off tipic, come molti commenti troll, e non ricordo più nemmeno so a quale post si riferisse. Diceva più o meno così:
"Cosa? Non puoi essere tu la blogger. Questo è in blog palloso! Una blogger figa può solo parlare di shopping, della sua fica, delle sue tette e con cui tromba. Tu, che scrivi queste cose, non puoi essere altri che un cesso!".
Certo, e tu non sei altro che un deficiente! Naturalmente mi sono "permessa" di correggere la sintassi perchè era uno scempio! :-p
Credo che per oggi sia tutto. Domani racconto!
See ya :-)

Monday 24 September 2007

SENZA PAROLE

Non ci sono parole. Tutte le parole del mondo sarebbero inutili. In questo caso le foto valgono molto di più.
Avevo già parlato di anoressia. Quella malattia più mentale che fisica che riduce le donne ad essere scheletri senza più forma femminile. Ecco alcune foto: una sopravvissuta di Auschwitz sarebbe stata molto più grassa...

E' il corpo della modella trentenne Isabelle Caro. 15 anni di anoressia che l'ha ridotta a pesare solo 31 kg.

Per maggiori approfondimenti qui
L'unica cosa che mi domando è: come è possibile che una donna si possa ridurre così per diventare una modella? Può una donna essere tanto schiava del proprio corpo e della propria femminilità da ridursi così? Sono domande a cui non riesco a dare risposta...
See ya :-|



Sunday 23 September 2007

LAND OF CONFUSION

E' incredibile pensare quanto questa canzone dei Genesis, che ha più di vent'anni (1986) sia ancora tanto incredibilmente attuale. E un'ironia così pungente non è da tutti, oggiogiorno! :-)



See ya! :-)

Saturday 22 September 2007

UN PAIO DI ARTICOLI

Questi sono due articoli che ho letto oggi e che sinceramente ritengo degni di nota. Naturalmente non dirò molto, anche perchè le mie parole risulterebbero superflue. Vi lascio solo alla lettura, se volete, e pure ai commenti:
Viva il V-Day : un altro articolo sul V-Day di Beppe Grillo. Molto interessante
La tecnologia al servizio della democrazia : notare il titolo ironico e come certe armi che non hanno niente da invidiare alle bombe atomiche non si sappia come vengano usate e soprattutto su CHI vengano usate. Naturalmente il dubbio e, forse, la certezza è che siano usate su civili inermi...W La democrazia occidentale!
Credo che questo sia tutto, per oggi!
See ya :-|

Friday 21 September 2007

IL TERZO STATO

Oggi veramente non è giornata. E non solo perchè mi è tornato il mal di testa e ho un mood swing esagerato dovuto a "quei giorni" di cui, come fisicamente donna, sono purtroppo vittima!
Tutto è iniziato stamattina. Leggo i giornali online, come al solito. Poi leggo il mio forum preferito. Poi i blog di alcuni miei amici. E qui mi salta fuori il mal di testa ed una "crisi di male assoluto" tanto forte che ho dovuto alzare il gomito con la soluzione Shoum per cercare di mandare giù i calcoli biliari da rabbia che mi sono venuti.
Per maggiori informazioni vi invito a leggere i blog di ombre e di DuHangst che sicuramente sono molto più specifici del mio. Il mio post di oggi è solo un commento al mondo in cui viviamo, almeno in Italia.
L'Italia oggi assomiglia molto alla Francia prerivoluzionaria. Esiste la classe dominante e poi ci siamo noi, il terzo stato. Noi, che facciamo fatica a tirare la fine del mese ma dobbiamo pagare le tasse per i preti e i politici, che stanno seduti tutto il giorno a fare niente e ingrassano alle nostre spalle. Noi, che paghiamo affitti spropositati mentre loro ottengono tutto ad un prezzo irrisorio. Noi, che paghiamo le conseguenze dell'indulto (vedasi il caso drammatico di Gorgo) mentre loro sono al sicuro nelle loro auto blu con le loro guardie del corpo.
Viviamo una situazione ormai insostenibile, di cui il V-Day è stato una manifestazione più che importante. E ora Grillo propone le liste civiche e, se prima ero scettica, ora sono più che sicura che sia la soluzione migliore. Certo, non tutti gli Italiani sono in grado di poter decidere, ma ci sono molti Italiani che lo sono. Forse Beppe sta correndo un pò troppi rischi a mettersi contro il potere, ma è comunque un uomo molto coraggioso e con una grande voglia di giustizia, e lo ammiro molto per questo.
Forse, nel nostro piccolo, una piccola rivoluzione sta nascendo. Vediamo come andrà a finire. Vediamo se gli Italiani ripiegheranno ancora su se stessi, popolo bove che sbava di fronte a tette, culi e reality show, o se si darà una svegliata e andrà alla presa della Bastiglia.
See ya! >:-@

Thursday 20 September 2007

E ANCORA...

Ebbene si! Ritorno con il quarto capitolo della saga di "Un uomo senza importanza".
Una persona una volta mi ha chiesto: "ma perchè pubblichi il tuo racconto online? Speri di ottenere consensi e gloria?".
Ora rispondo: io non voglio né consensi né gloria. Voglio solo condividere, con qui vuole, ciò che mi appassiona. Ognuno può avere un giudizio positivo o negativo sul mio operato, ma questo fa parte della vita. Del resto non si può pretendere di piacere a tutti! Sarebbe da egocentrici e superbi e visto che di gente così ne conosco fin troppa e mi da i nervi, evito di comportarmi nello stesso modo.
E poi so che non diventerò mai una grande scrittrice: il grande scrittore è quello morto!
Ma non divaghiamo. Ecco il capitolo.

@NGELO1975

Fa sempre più freddo. Piove quasi tutti i giorni. Angelo ormai prende l’autobus regolarmente. Dieci minuti, o anche di più, di viaggio insieme a studenti sbarbatelli e studentesse dalle voci squillanti. Prendendo l’autobus ogni giorno, Angelo ha capito che non è un mezzo solo per studenti acneici e sfigati cronici. Avrebbe mai detto di rifarsi gli occhi in quel modo, guardando tettine in erba e culetti non sfigurati dalla cellulite? Ormai, ogni volta che sale sull’autobus, il volto di Angelo si tira in un sorriso beota che per lui significa “sono al settimo cielo”.
Un mattino di novembre particolarmente nebbioso e umido, Angelo arriva a scuola con due ore di anticipo. Non si è ricordato che al martedì inizia alla terza ora. Poco male, troverà nuovi modi per “torturare” gli studenti. Quell’anno gli sta venendo particolarmente bene. Specialmente con quel cretino dello Smilzi. Lui continua fargli pernacchioni e trattarlo con quel suo modo spaccone di fare, ma lui mica si intimorisce. Sa che ha un punto debole: suo padre. Ha parlato con lui settimana scorsa. È molto preoccupato per il rendimento del figlio. Ha paura che venga bocciato ancora. E se dovesse venire bocciato ancora, gli aveva detto battendo il pugno sul banco, lo gonfierò di botte. Se la ride alla sola idea di quel cretino di Luca picchiato dal quell’armadio umano di suo padre. Ora sa che cosa deve fare per piegarlo al suo volere: spaventarlo. Il problema è trovare le parole giuste. Lo Smilzi riesce sempre a contrattaccare.
Vede la Reiner seduta al suo tavolo e viene colto da un fremito. La saluta calorosamente e lei ricambia. Il suo saluto è però tiepido e distaccato. Ormai fa sempre così da quando è uscito allo scoperto.
Aveva iniziato a “provarci” a inizio ottobre. Aveva usato la solita tecnica. Prima di tutto, espressione facciale da “combattimento”: un sorrisetto strano e difficile da comprendere, a metà tra il beota e il troppo sicuro di sé. Con gli occhi accesi e quel sorrisetto dipinto sulla faccia, aveva cominciato la sua “offensiva”. Le stava sempre a “culo”, come si fa quando si vuole sorpassare una macchina. Aveva cominciato a fare il gentile. Le portava la borsa, i libri. Le faceva complimenti. Criticava i comportamenti negativi dei maschi. Diceva che le donne hanno sempre ragione, che gli uomini le sfruttano, e cose di questo genere. Voleva far colpo su di lei, sicuro che quelle parole l’avrebbero convinta della sua intelligenza.
Poi c’era la parte migliore, quella del “tuttologo”. Angelo è essenzialmente un insicuro, nonostante la sua faccia di tolla. Deve quindi mostrare le sue capacità sugli altri, cercare consensi. E doveva mostrarsi bello con la Reiner.
Aveva iniziato a leggere più quotidiani, perché aveva saputo che alla Reiner piacevano le persone informate. Leggeva soprattutto “Libero”, il suo quotidiano preferito. Poi aveva aggiunto “Repubblica” e il “Corriere della sera”, anche se li considerava troppo “comunisti” per i suoi gusti. Appena arrivava la Reiner, lui alzava il giornale per farle vedere che lo leggeva. Poi con finta indifferenza commentava. Eh guarda qui. Va bene tutto ma…Io non sono razzista, ma a certa gente bisogna insegnare a stare al loro posto, ecc…Si sentiva forte, perché catturava l’interesse di Margherita.
E lei? Sorrideva sempre. Sosteneva la conversazione. Creava un dialogo. Non lo mandava mai a quel paese, nonostante a volte fosse così fastidioso che sopportarlo era una specie di impresa titanica. Certo, aveva capito fin dall’inizio che Angelo non era il suo tipo. Troppo spaccone, troppo ottuso, incapace di fare distinzioni, incapace di capire quello che stava facendo. Ma aveva anche capito che, alla fine, era un bravo ragazzo. Ecco perché lo sopportava. E poi la divertiva molto. Le sue “perle” la mettevano di buon umore anche nelle giornate più nere. Era bello vedere uno che non si demoralizzava mai, almeno all’apparenza, e che comunque era sempre vicino, anche se le sue intenzioni erano quelle che erano. La Reiner aveva cominciato ad “affezionarsi” a lui. E, poco a poco, aveva cominciato a provare un affetto simile a quello che si prova per un bambino un poco stupidino.
Angelo, come al solito, aveva capito il contrario: secondo lui Margherita era “innamorata persa”. Adesso non doveva far altro che darle il “colpo di grazia”: un appuntamento.
Quindi, una mattina uggiosa mentre si avviavano alle aule, Angelo aveva attaccato:
- Sai – aveva detto una mattina – potremmo uscire una di queste sere. Che male c’è?-
Margherita si era fermata. Si era voltata e gli aveva sorriso dolcemente. Dentro di sé una voce urlava di mandarlo a quel paese. E lo avrebbe anche fatto. Poi, incontrando lo sguardo sicuro e beota del suo collega, aveva deciso di trattenersi.
- Guarda, te lo dico subito: sei molto gentile, ti ringrazio, ma devo dirti di no. Non amo avere troppa confidenza con i colleghi con cui lavoro. Siamo solo colleghi e tali dobbiamo rimanere. Non è una presa di posizione nei tuoi confronti, sappilo. Io ho un principio: non uscirò né darò mai un bacio ad un collega. Scusami, ma sono fatta così-.
Se ne era andata di corsa, lasciando Angelo impalato in mezzo al vialetto, preda di una cocente umiliazione.
Quando si era ripreso si era sentito più rinvigorito. Dice così, aveva pensato, perché è interessata a me. Quando una donna dice no vuol dire che è si. Vuole solo farsi desiderare.
Il sabato precedente una mezza tragedia. Lo Scalzi e la Reiner parlavano insieme. Come al solito. Il sabato la Reiner è inavvicinabile. E ad Angelo, di starsene in un cantuccio non andava proprio. Non poteva perdere tempo, doveva “provarci”. Come poteva farlo se Mike era in mezzo ai piedi?
I due se ne erano poi andati. Li aveva seguiti “per caso”. Con passo felpato. Li aveva sentiti confabulare qualcosa riguardo una cena e poi si erano salutati. La Reiner gli aveva dato un bacio sulla guancia. A lui, Angelo, non glielo aveva mai dato. Si era ricordato di quella frase, quella volta che ci aveva provato troppo spudoratamente, dandole un appuntamento. Non uscirò né bacerò mai un collega. Mike è un professore a mezzo servizio. Ma è pur sempre un collega. E allora perché lo stava baciando?
Si era sentito rodere di rabbia. Il suo viso era diventato rosso. Aveva voglia di andare li e spaccargli la faccia. Con la Reiner ci stava provando lui, e questa volta Mike lo sapeva. E vuoi vedere che la sua solita frase “guarda che non sei il suo tipo” significava che si voleva ancora mettere in mezzo? No, aveva pensato, questa volta non glielo permetterò. Doveva riflettere, trovare una soluzione. Ma era troppo arrabbiato.
Era tornato in sala professori infuriato come un toro. Aveva detto alla preside di stare poco bene ed era tornato a casa. Qui aveva insultato pesantemente sua sorella, aveva mandato a quel paese sua madre e si era chiuso in camera sua a sbollire. La sera era andato a sfogarsi con la sua solita prostituta. Era stato molto violento e l’aveva pure insultata pesantemente.
Alla fine si era calmato, nonostante i 50 euro spesi. E si era pure pentito di averla insultata.
- Tutto bene, vero?- trilla Angelo, facendo l’occhiolino.
Margherita sorride.
- Certo che va bene, grazie! Ho soltanto molto da fare. Anzi, adesso è meglio che vada in biblioteca a cercare del materiale che mi serve per la lezione. Ci vediamo-
Lo saluta tiepidamente, come succede tra colleghi, e se ne va.
Si sente abbacchiato perché lei se ne è andata in quel modo, senza dargli l’opportunità di “gettare l’amo”. Aveva già in mente una tattica infallibile che l’avrebbe fatta letteralmente cadere ai suoi piedi. Pazienza, pensa, sarà per la prossima volta. Ho “interessanti prospettive per il futuro”.
Per riprendere il buon umore trotterella senza scopo attraverso i corridoi vuoti. Le gambe lo portano davanti all’aula d’informatica. Perché non navigare?, pensa. E’ gratis! Tutto ciò che è gratis è buono: questa è la sua filosofia.
Naviga per una mezz’ora senza scopo. Passa da uno stupido sito di vendite matrimoniali per corrispondenza ad un sito di omosessuali che per poco non gli fa vomitare le quattro tazze di caffé e lo spicchio d’aglio mangiato a colazione.
Vola poi su un motore di ricerca e digita “incontri on-line”. Gli si apre una pagina di un sito italiano che nemmeno conosceva. Migliaia di uomini e donne in rete, da ogni parte del paese. Quasi tutti giovani. Questa cosa lo incuriosisce. Si decide: mentre cerca un modo per conquistare la Reiner, farà nuovi incontri.
Al sito bisogna iscriversi. Lo fa senza esitazioni. Si iscrive come @ngelo1975 e con questa descrizione:
sarebbe troppo semplice definirsi bello, intelligente e simpatico. Detesto l’ipocrisia e la falsità. Amo molto fare sport, viaggiare e cerco una bellissima donna a cui dedicare tutto me stesso”
Rilegge la sua descrizione. Gli piace. Poi allega una foto che porta sempre con sé sul “floppy dei compiti in classe”. L’ha scattata al mare l’estate precedente. È un’angolatura particolare: mette ben in risalto il suo fisico latino, che piace tanto alle donne. Invia il tutto. Intanto suona la campanella della seconda ora.
Esce dall’aula computer prima che una frotta di ragazzini allegri la invada come un branco di locuste affamate. Ma prima di andar via rilascia un “vento”che, mischiandosi all’odore di aglio, rende l’aria decisamente pesante. Un bel ricordino per quelli studenti stupidi che non lo apprezzano.

Classe II F, ore 11.00. Angelo entra senza salutare. È nero. Questa cosa proprio non riesce a digerirla.
La Reiner lo ha fermato poco prima in corridoio. Sorrideva. Era bellissima. Lui si è sentito al settimo cielo. La sua mente aveva iniziato a galoppare verso mete irraggiungibili.
- Posso farti una domanda?- aveva detto lei, con un sorriso.
- Certo. Puoi farmi tutte le domande che vuoi!-
- Ecco…non so come chiedertelo-
- Dimmi pure-
- Senti, dovrei mandare una mail a Mike. Il problema è che al suo indirizzo e-mail non riesco a mandare niente. Forse ha un problema. Non sai per caso se ha un altro indirizzo di posta elettronica? Sai, è una cosa piuttosto importante. È…un affare di lavoro!-
Angelo è lento, ma non certo un cretino totale. Che cosa avrebbe potuto mandare un’insegnante di inglese ad un professore di fisica a mezzo servizio? Era ovvio che…Angelo aveva sentito i fumi dell’ira uscire dalle orecchie. Ma non poteva dirle di no. Non a lei.
Le aveva dato l’indirizzo di posta elettronica del suo ufficio. Poi era suonata la campanella. Stavano iniziando le lezioni.
Getta la sua valigetta per terra e si siede alla cattedra con fare “imperiale”.
- Oggi interrogazione!- dice freddo.
La solita pernacchia muore nella strozza dello Smilzi. Le risatine moleste delle studentesse ricadono nelle loro gole esterrefatte.
- Prof. – azzarda Lucrezia Michelucci, la seconda in classifica di bellezza stilata da Angelo. – Oggi aveva detto che spiegava!-
- Ah si? Beh, ho cambiato idea!-
- Ma prof.- continua lei – noi non abbiamo studiato: abbiamo avuto il compito di inglese oggi!-
- Di inglese? E chi se ne frega!-
- Mah…-
- Non mi interessa quello che avete fatto. Interrogo e basta!-
La povera Michelucci si siede al banco, sconsolata. Angelo è talmente arrabbiato che non nota nemmeno la sua maglietta scollata.
Il dito di Angelo scorre veloce sul registro. In classe è calato un silenzio sepolcrale. Sembra di essere sul set di un film ad alta tensione. Tutto può accadere, in quel silenzio irreale. E in una giornata di scuola non c’è niente di peggio di un’interrogazione a sorpresa.
- Bene! Allora chiamiamo…-
Angelo guarda gli studenti. I loro volti tirati lo fanno ridere di soddisfazione. Il potere che assapora in quel momento è più dolce del frutto immacolato di una vergine.
- Allora chiamiamo…Luca Smilzi!-
Lo Smilzi si alza dal banco e va alla cattedra. Angelo lo osserva con sguardo “imperiale”. Quanto si sente onnipotente! Potrebbe dominare il mondo, in quel momento, se solo ne avesse il potere.
- Prof.- inizia lo Smilzi con calma – non ho studiato-
- Oh beh, mi sarei veramente stupito se mi avessi detto il contrario!-
Apre il registro, sempre con fare “imperiale”.
– Allora che voto vuoi che ti metta? Un due o un tre? Scegli! Io sceglierei un tre: più facile da recuperare-
Scoppia in una fragorosa e stonata risata da ritardato mentale.
- Prof. non è giusto comportarsi così-
- Ma va? E allora dimmi: che cosa propone il tuo cranio vuoto?-
- Prof. lei dovrebbe essere più gentile e collaborativo con gli studenti-.
Angelo lo fissa dall’alto del suo “trono”.
- Ah si? Allora mi conviene inginocchiarmi e baciare a tutti il popò!-
Ride ancora. Si sente bene come non mai in vita sua.
Si alza dal suo “trono” e lo guarda, tronfio dell’autorità che sente scorrere nelle vene. Sta superando ogni limite umano, ma l’Ego da cui è posseduto bisbiglia nelle sue orecchie parole infuocate. Un Ego reso più “cattivo” dalla frustrazione cocente provata poco prima.
La sua mente galoppa. Ed eccolo in preda ad una crisi di “male assoluto”. Si immagina cinto da un grosso mantello con il bordo di ermellino. Ha una corona in testa e una frusta in mano. E con questa frusta fustiga furiosamente lo Smilzi, che urla di dolore e implora pietà. E lui ride, e ride, felice della sua onnipotenza!
L’illusione si dissolve in una bolla di sapone non appena Luca Smilzi appoggia entrambi i piedi sul supporto che separa i banchi dalla cattedra. Angelo se lo trova davanti, e nota che è più alto e grosso di lui. E sembra anche un po’ contrariato. Ma alla fine non può fargli niente. Lui è lo studente. Se facesse del male al professore verrebbe espulso. E suo padre lo picchierebbe a sangue. Vincerebbe sempre lui, in ogni caso.
Ma sembra che Luca non abbia alcuna intenzione di alzare le mani su di lui.
- Prof. lei non ha il diritto di trattarmi in questo modo!-
Angelo sgrana gli occhi. Cosa? Luca Smilzi, mediocre studente ripetente che dice a lui, il professore, cosa deve fare? Ormai vede solo rosso.
- Cosa hai detto tu?-.
- Sei sordo? Ma chi ti credi di essere? Entri, fai i tuoi comodi, non insegni un cazzo e poi pretendi anche di dettare legge? Guarda lì-
Lo obbliga a guardare la scaletta delle verifiche e delle interrogazioni appesa al muro.
– L’abbiamo fatta all’inizio dell’anno. È utile per alleggerire lo studio. La rispettano tutti i professori. L’ha approvata anche la preside! Dimmi adesso, chi sei per permetterti di non rispettarla?-
- Luca Smilzi, fuori dalla classe-
Angelo scende dal suo “trono”, apre la porta della classe e ritorna nella precedente posizione.
- No professore, stavolta non me ne vado!-
– Luca Smilzi, ho detto fuori dalla classe!-
- E io ripeto che non me ne vado!-
- Ti darò una nota di quelle che…-
- E fallo, se ne hai il coraggio!-
Scoppia la bomba di Hiroshima. Questo è veramente troppo. Angelo attacca con una sfuriata che fa impallidire tutti gli alunni.
- Come ti permetti tu, brutto stupido?-
Urla come un dannato. Piccole gocce di bava gli bagnano le labbra e schizzano sulla cattedra e sul registro.
- Chi sei tu per dirmi cosa devi fare? Sei laureato tu? Eh? Dimmi, sei laureato? Tra me e te esiste un abisso che tu non colmerai mai. Io sono ingegnere. E tu non lo diventerai mai perché non hai la capacità mentale per studi di questo genere! Hai capito, stupido ignorante? Io sono ingegnere, io ho cultura, mentre tu rimarrai “inioranto” a vita!-
La troppa rabbia gli è deleteria. E il peggio è che questo errore lo sottolinea con particolare violenza.
Smilzi scoppia in una risata fragorosa, seguita dal resto della classe.
- Eh già, tu sei “ingegnere” ed io sono “inioranto”!-
Quando Luca sottolinea la parola “inioranto” tutti i ragazzi ridono a crepapelle.
Angelo è rosso in viso. Sputacchia e suda.
– Basta! Brutti…brutti…-
Le risate non cessano.
- Vi do tre a tutti!-
Giù risate più forti. Gli occhi di alcuni ragazzi lacrimano per il troppo ridere.
- Vi mando dalla preside!-
Niente da fare. Le risate non cessano. Angelo sente che sta per esplodere.
- Basta! Basta! Io…io…io…maledetti! Maleducati! Stupidi cretini!-
Basta. Non lo ascoltano più. Ed è tutta colpa di Luca Smilizi.
Non gli resta che sbatterlo fuori di peso.
Mentre si prepara “all’azione” inciampa nella sua borsa e fa un “volo” ad arcangelo reale che lo fa “decollare” fuori dalla classe.
“Atterra” davanti ad un paio di piedi femminili calzati da scarpe da ginnastica bianche. Alza lo sguardo e si ritrova davanti la Reiner, che trattiene a stento una risata. Al suo fianco c’è la peggiore di tutti: Claudia Pizzi, meglio conosciuta come “transiberiana”, per via della sua lunga lingua. Angelo sa già che farà un gran bel resoconto a tutti i professori dell’istituto.
- Tutto bene Angelo?- domanda Margherita.
Non riesce più a trattenersi.
Sia Margherita che la Pizzi scoppiano in una risata fragorosa che sconquassa il silenzio irreale del corridoio. Attirati dalle risate, alcuni studenti escono dalle classi. Vedere un professore prono ai piedi di uno studente e di due insegnanti è troppo esilarante anche per i più seri e rispettosi.
L’Anonimo echeggia di risate variopinte. “Che scemo”, sente Angelo. “Ma chi è?”, dice una voce femminile nasale. “E’ il prof. Angelo”. Il professor Angelo di matematica, il coglione, il puzzone, l’alitone, ecc.
La scena è buffa, veramente irresistibile. Angelo si sente come Gesù Cristo al martirio. Le risate lo sferzano, gli occhi della Reiner sono come una lancia che si conficca nel suo costato. La faccia gli brucia come se il sole lo stesse prendendo a schiaffi. Zitti!, vorrebbe urlare. Zitti brutti stupidi! Come vi permettete? Io sono… Ma non emette un fiato. Si sente troppo umiliato per parlare.
Si alza lentamente, con la testa bassa, mentre le risate continuano.
- Non prendertela – gli dice la Reiner – in fondo non è successo niente. Gli studenti domani non ricorderanno più nulla-.
La sua voce è dolce e fiduciosa. Gli mette pure una mano sulla spalla, ma stavolta Angelo non ha nemmeno voglia di guardala in faccia. Ha fatto una figura barbina di fronte alla donna che a lui interessa più del suo lavoro. Dopo un incidente simile, pensa, che cosa potrebbe pensare di me se non che sono un coglione? Gli viene quasi da piangere.
Si rintana in bagno, come un animale ferito, fino al suono della campanella. Poi corre in classe, prende la sua borsa e si defila. Ha l’impressione che le risate degli studenti lo rincorrano, feroci e squillanti, per tutto l’edificio.

Forse non ho successo con le donne perché ho la faccia troppo da ragazzino, pensa Angelo. Si guarda allo specchio: in effetti la sua faccia è poco pelosa. Come può pretendere di piacere alle donne con una barba di soli sei giorni? Da quanto ne sa, alle donne piacciono gli uomini fisicamente virili. Come lo sa? Lo suppone. A dire la verità, è troppo orgoglioso per chiedere a qualcuno se è vero. Ma è anche troppo sicuro di sé per pensare di avere torto.
Verso metà novembre decide di farsi crescere il pizzetto. Per fine novembre il suo mento è coperto da un folto pizzetto nero, incolto e arruffato. Non mette più il dopobarba e pochissimo deodorante. All’improvviso si sente più figo.
Cambia la foto sul sito di appuntamenti, sostituendola con una recente che mostra il suo pizzetto “maschio”. La risposta concitata di una donna pochi giorni dopo il cambiamento gli fa credere di aver fatto la scelta più intelligente della sua vita.
Sono Bellasempre” dice il messaggio “ ti trovo molto interessante e vorrei conoscerti. Perché non mi racconti più di te?”.
Angelo, curioso, va a vedere la foto della tizia. È una bellissima ragazza bionda, di non più di vent’anni, in posa sexy con un tanga da far svenire Elton John. Il suo cuore comincia a palpitare. Sente qualcosa nei pantaloni che si muove. È amore!
Le risponde in fretta e furia. Si dà un tono da “tuttologo” intelligente. Inventa una marea di palle. Dice di essere un affermato ingegnere elettrico. Di lavorare in una grande azienda di Milano. Di avere un attico in corso Buenos Aires e una mercedes ultimo modello. Tra una balla e l’altra va ad ammirare la foto. Prorompe con un “Che figa!”, ed un sibilo serpico carico di libido.
Si scambiano messaggi teneri e ammiccanti per circa una settimana e mezza. Angelo, che di solito non si connette a casa per non spendere, sta connesso alla rete tutte le sere. Per non meno di un’ora. Chattano. Dicono stupidate, lui inventa una palla dietro l’altra. Bellasempre né risulta estasiata. Angelo è ormai sicuro di averla nelle sue mani. Se solo non avessi come obiettivo Margherita, pensa, a quest’ora me la sarei già portata a letto. Ma è Margherita il suo obiettivo, e quella deve essere solo un gustoso aperitivo prima del piatto principale.
Un venerdì di sole pallido e malaticcio, arriva la risposta-bomba:
Voglio incontrarti stasera, al Dolcevita, attorno alle dieci. Voglio vedere se dal viso sei veramente così eccitante come in fotografia. Tanti baci, abbracci e qualcosa di più. Bellasempre”
Un invito. Al Dolcevita, il locale più esclusivo (e caro!) nei dintorni di Milano. Ed è stato invitato da una bellissima donna. E’ la prima volta in tutta la sua vita. Angelo sente come se il cuore si fosse fermato. È talmente sorpreso che non ha nemmeno la forza di sibilare.
Angelo risponde che ci sarà e poi va in classe.
Non riesce a concentrarsi su niente. Spiega peggio del solito, non reagisce alle provocazioni degli studenti, né alle loro risatine. Ha solo Bellasempre in testa, con quel suo corpo da mozzare il fiato.
Appena a casa cominciano i preparativi. Doccia, capelli, profumo. Poi abito elegante: ancora più bello di quello che ha indossato per la prostituta nigeriana, una ferita ancora aperta che fa fatica a rimarginarsi.
Alle otto di sera è già pronto. Proprio mentre sua madre lo chiama per la cena.
Si strafoga di pollo alla diavola e di salame pieno d’aglio e non fa commenti sulle notizie del telegiornale.
Dopo aver emesso un paio di sonori rutti, si precipita per le scale e frega l’auto di suo padre. Sono le nove e mezza.
Con la solita disattenzione che lo contraddistingue (taglia di netto uno stop, non si ferma ad un semaforo rosso, per poco non investe un pedone), si ritrova al Dolcevita alle dieci e venti. Parcheggia la macchina lontano dall’entrata (mica possiede il mercedes lui) e si posiziona davanti all’ingresso. È elegante come non mai, e si è pure deodorato un pochino.
Cammina nervosamente avanti e indietro davanti al buttafuori. Sembra una rana gettata nell’acqua bollente. Ha le mani sudate, la fronte grondante e comincia pure a puzzare come un’acciuga lasciata al sole. Ripete ad alta voce “il suo copione”. Il buttafuori lo guarda e ride.
Attorno alle dieci e mezza sente una voce che lo chiama.
- Sei Angelo?-
Angelo si volta. È una donna di circa cinquant’anni. Bassa, chiatta e molliccia. Ha una faccia da far spavento ed è truccata pesantemente. Indossa un vestito che la rende particolarmente ridicola.
- Sono Angelo. Ma tu chi sei?-
- Cristina, ovvero Bellasempre!-
Angelo ha un attacco di nausea. Per poco non vomita il pollo alla diavola che fa su e giù tra il suo esofago e il suo stomaco (non avrebbe dovuto mangiarne così tanto). Dov’è finita la bella ragazza in tanga? Dove sono quelle superbe forme che lo hanno fatto sognare per giorni e notti intere?
- Scusa, ma…aspettavo una ragazza di massimo vent’anni-
- Scusami, ti ho preso in giro. Non avrei voluto. Quella è la foto di mia figlia. Lo so, adesso penserai che…-
Si guardano senza spiccicare parola. Ma si, pensa, alla fine me la devo solo scopare. E chi se ne frega! Gli dispiace solo per i soldi che spenderà al Dolcevita. Lui non li trova mica sugli alberi, i soldi. Se solo fosse davvero un ingegnere affermato…
Entrano, si fanno un paio di caffé (costano meno!), parlano. A quanto si capisce, non è solo Cristina/Bellasempre quella che ha detto balle. Angelo ne ha sparate di più grosse, dicendo che è un affermato ingegnere e lavora in una ditta di Milano, eccetera. Una balla che avrebbe retto, se la figlia di Cristina non stesse facendo uno stage nella segreteria della sua scuola e non lo conoscesse di fama. I due si guardano ancora, imbarazzati.
- Ti va di ballare?- domanda Cristina.
- Va bene-.
Ballano allacciati per un po’. Il profumo di quella donna gli riempie le narici, facendogli venire forti attacchi di nausea. Il pollo alla diavola sembra voglia schizzare tutto intero fuori dal suo stomaco e ritornare a razzolare felice. Cerca a fatica di trattenere due sonori rutti. Che figura ci farebbe?
Ballano allacciati nonostante la musica sia da discoteca. Angelo comincia a “tastare il terreno”. Si struscia contro le sue tette, le tocca: sono mollicce. Le tocca il sedere: idem. Cristina non fa una piega. Poi la bacia sul collo, trattenendo la nausea. Le passa la lingua dietro l’orecchio. Le solleva la gonna e le infila una mano nelle mutande, sul davanti. Lei è sempre immobile come uno stoccafisso. Si, pensa Angelo, ci sta.
Escono dal locale verso le due di notte. Non si parlano, non si guardano.
Si siedono nella macchina di Angelo. Che non è una mercedes ultimo modello, ma una vecchia Ford Escort che odora di “Arbre Magique”. Lì si “accoppiano” ferocemente sul sedile posteriore. Durata totale della copula: sette minuti, con urlo inarticolato come “sigla di chiusura”. Si ritrovano stesi sul sedile posteriori, nudi e ansanti.
Si salutano tristemente davanti al parcheggio di un grande magazzino.
- Ci vedremo ancora?- domanda lei.
Angelo alza le spalle. – Può darsi-.
Lei abbassa gli occhi. – Va bene-.
Ha capito benissimo che quello è stato il loro primo e ultimo incontro.
Angelo la vede andarsene e si sente triste. Poverina, pensa. Non ha uno straccio d’uomo. Stranamente si sente in sintonia con lei.
Rimonta in macchina e torna a casa. E’ in preda a violenti rutti al sapore di pollo alla diavola e di pensieri peccaminosi sulla Reiner.
Entra in casa e si getta sul letto senza accendere la luce. Batte una teschiata colossale contro il muro. Bestemmia furiosamente sottovoce, maledicendo il mondo che lo umilia in continuazione.
Si spoglia con estrema lentezza, mentre i rutti al sapore di pollo alla diavola si fanno meno intensi. In preda ad un attacco di fame isterica, va in cucina e si mangia una testa d’aglio intera condita con olio, sale e pepe.
Si getta ancora sul letto, battendo ancora la testa. Ma stavolta non bestemmia. Chiude semplicemente gli occhi, facendo finta di dormire. Immagina la bellezza che credeva “Bellasempre”, nuda e ammiccante, intrecciata a lui in un’estrema posa di erotismo da Kamasutra.

See ya!