Questa storia si basa sul quel fatto di cronaca, naturalmente mi sono permessa la licenza letteraria. Giusto per dare più enfasi al tema centrale: il pregiudizio indiscriminato verso coloro che hanno una pelle ambrata e parlano una lingua straniera...
I pregiudizi occupano una parte dello spirito e ne infettano tutto il resto.
È un uomo di circa cinquant’anni che parla. Alto, dalla pelle ambrata, con i capelli neri macchiati solo da qualche filo d’argento. Seduto ad un tavolaccio di una mensa aziendale, con la sua tuta blu con il nome dell’azienda stampato a caratteri dorati, legge il giornale.
È egiziano. Di Alessandria. È in Italia da circa quindici anni. Ha studiato medicina, grazie agli sforzi di sua madre, donna forte che con i soldi guadagnati al bazar riuscita farlo studiare, per poi morire di stenti. In Italia ha portato la moglie Amina e la figlia, che era ancora piccola. Lei ha frequentato le scuole italiane, si comporta come una ragazza italiana. Lui non ha mai pensato di imporre niente.
- Alla fine, lavoriamo con gli Italiani e loro sono sempre stati gentili con noi-
- Hamad, sei sempre stato un sognatore-
È Farouk. Suo amico d’infanzia. Anche lui laureato in medicina. Un uomo alto, allampanato, con la faccia scavata e gli occhi incavati. I capelli non li ha più da anni. Lui dice che sono caduti per colpa delle ingiustizie subite.
Un uomo pessimista Farouk. Realista si definisce lui. Vede nemici ovunque, si sente sempre sotto accusa, quasi fosse un condannato a morte di fronte a coloro che lo giustizieranno.
- Tu esageri sempre. Alla fine, ci è mai successo qualcosa?-
- Tu non ti guardi mai in giro. Ma non vedi i loro occhi? Non vedi come ti guardano? Non vedi come ti trattano? Ti danno del tu e si permettono pure di essere sgarbati con te senza nemmeno chiederti scusa-
- Io sono un lavoratore onesto. Ho sempre lavorato in modo onesto e mi sono sempre comportato in modo onesto. Pago le tasse e rispetto la legge. Questo è tutto. E se ci sono uomini che se ne fregano delle leggi, fanno del male e ammazzano le mogli e le figlie…beh, sono affari loro, non miei! E questo tutti lo sanno. Qui dentro sanno tutti che sono un uomo onesto. Non ho niente da spartire con quella gente-
Farouk beve un sorso d’acqua e lo guarda.
- Tu ti senti integrato, non è così?-
- Lo sono. Rispetto le leggi, mi sento bene qui e nessuno mi ha mai fatto pesare la mia ipotetica diversità-
- Ecco…tu per loro non sei integrato. Tu per loro sei solo una persona da guardare con sospetto, uno che viene ospitato solo perché loro sono buoni, ma sempre pronto a prendere una donna e stuprarla senza pietà, o ad ammazzare tua figlia e pestare a sangue tua moglie. Ecco cosa sei tu per loro! –
- Come se non lo facessero anche gli Italiani!-
- Già, ma chissà come mai ad un italiano gliela perdonano e a noi no! Cosa c’è il loro stupro è meno grave del nostro? No! Ma per loro noi siamo i peggiori!-
- Farouk, tu…-
- Guardati Hamad. Parli perfettamente l’italiano, sei un uomo istruito, hai pure fatto dei corsi da medico in Italia, eppure non puoi fare niente di meglio che l’operaio e sai perché? Nessuno vorrebbe vedere un medico musulmano in corsia…Nessuno!-
- E che mi dici del mio amico del Cairo che esercita in Italia?-
- Dico solo una cosa: prima dei nazisti gli ebrei e i cristiani convivevano pacificamente. È vero, ci erano sempre stati dei movimenti di estrema destra contro di loro, ma la maggior parte della popolazione non ci faceva caso. Medici, professori universitari ebrei. Tutti erano stimati. Poi è arrivato un omino insignificante che, con la sua demagogia da quattro soldi, ha aizzato il popolo più civile d’Europa contro gli ebrei. E tante famiglie ebree sono state denunciate, “vendute” alle SS dai vicini e amici cristiani con cui avevano preso il caffé fino a pochi giorni prima-
- Tu sei una persona molto intelligente, colta e saggia. Ma gli Italiani non sono i Tedeschi. Non farebbero mai una cosa simile!-
- Pensala come vuoi! Però mio figlio, quando va a trovare la fidanzata italiana, viene sempre fermato dai carabinieri che lo perquisiscono quasi fosse un ladro. Una volta, durante una specie di retata in un locale, lo hanno portato in caserma, picchiato, fatto spogliare e poi mandato a casa perché “non era il loro uomo”, senza però nemmeno chiedergli scusa!-
- E’ stato un caso!-
- Troppi casi! E che mi dici del fidanzato di mia figlia? Ha aiutato una ragazza che stava per essere violentata da un italiano ubriaco ed è finito una notte in cella per tentato stupro! Se non fosse stato per quella brava ragazza, dio la benedica, lo avrebbero espulso!-
- Ascolta…mia figlia va a scuola con gli Italiani. Non è mai tornata a casa dicendo “mi hanno discriminata”. Lei ha deciso di indossare il velo e io non glielo ho imposto. Lei è libera di fare quello che vuole. Lei si sente bene con gli italiani. Visto quanto è brava a scuola ha deciso di andare all’università e io sono disposto a pagargliela. Voglio che studi, che diventi qualcuno. E so che ce la farà. Lei è italiana, non come me e te!-
Farouk ride.
- Tua figlia, per gli Italiani, non è italiana, ma un’immigrata di seconda generazione. E come tale la tratteranno!-
- Farouk adesso basta però! Stai diventando paranoico! È vero, ammetto che in giro c’è del razzismo, ma ovunque c’è! E comunque io sono una persona onesta. Più di questo non posso fare! Prego onestamente, lavoro onestamente, vivo onestamente. Io sto al di fuori-
- Il pregiudizio non guarda in faccia a nessuno. Colpisce tutti, disonesti e onesti-
- Non siamo in Germania Farouk-
- E’ vero, ma siamo comunque in un paese occidentale esasperato dai media e dalle distorsioni della realtà provocate da questi e dai governi. Attento Hamad, che non c’è mezzo più potente della parola di un telegiornale.-
Hamad si alza con il suo vassoio. Non ha più intenzione di ascoltare il suo amico. Ogni volta che parla con lui succedono quei diverbi.
- Hamad, il pregiudizio è come un virus. Attacca una piccola zona e, se non curato, distrugge tutto l’organismo-
- Non siamo a quei livelli Farouk!-
- Questo è quello che credi tu!-
- Nel mio quartiere la gente mi rispetta. Sa che sono un uomo onesto!-
- Fino a quando non ti troverai nel posto sbagliato al momento sbagliato!-
- Ma piantala-
Davanti a loro tanta gente passa, tutti li ascoltano e nessuno li capisce. La loro lingua è troppo difficile da capire.
Suona la sirena.
- E’ ora di ritornare al lavoro!-
- Si Hamad, ritorniamo al lavoro, che è meglio!-
La sirena dell’uscita, finalmente. Un’altra dura giornata di lavoro, in una fabbrica bollente d’estate e gelida d’inverno, finisce. Hamad saluta calorosamente Farouk, che si avvia a casa a piedi. Saluta altri operai e si incammina alla fermata della metropolitana. Lo aspettano cinque fermate di metro e due di bus prima di arrivare a casa, in un paesino poco fuori Milano. Una zona tranquilla, immersa nel verde. Una casa che è riuscito ad acquistare con un mutuo trentennale dopo anni di vita in una squallida periferia a sud di Milano. Girava di tutto: prostituzione, droga, violenza. E lui lo sapeva che, se i pesci piccoli erano extracomunitari nella maggior parte dei casi, i pesci grossi che li dirigevano come manichini erano italiani. Ma alla fine chi pagava erano sempre i pesci piccoli, che uscivano di galera più criminali di quando ci erano entrati. Tutto ciò lo deprimeva.
Scende in metropolitana insieme ad un crocchio di gente che va di corsa. Tante cose li aspettano a casa, troppo grigia e fredda è la città di sera, d’inverno, quando il gelo è pungente come la lama di una scimitarra.
Scende in metropolitana insieme ad un crocchio di gente tutta uguale. Nessuno lo nota, nessuno fa caso alla sua tuta e al colore ambrato della sua pelle. Nessuno fa caso a quel viso scuro che una volta era bellissimo. Nessuno sa chi lui sia, né quello che fa. A nessuno interessa, alla fine.
Tre minuti per attendere la metropolitana, strapiena. Sale a fatica su quel vagone sovraffollato reso caldo dalla presenza umana che li vi staziona. Si mette in un angolino, contro la porta scorrevole. È li che distrattamente nota una ragazza dai lunghi capelli rossi, vestita con abiti semplici, appoggiata contro il palo intenta a leggere il giornale. È una donna come tante che affollano il metrò alle cinque di sera. Perché preoccuparsene?
Nota anche un uomo, apparentemente ubriaco, seduto su un sedile vicino alla porta di uscita. Probabilmente un povero disoccupato, o un povero barbone. Non sa. I suoi vestiti non sembrano quelli di un barbone, ma quelli di un lavoratore disgraziato che forse ha perso il posto e ha bevuto per dimenticare. Barcolla sul suo sedile, si porta una mano alla bocca quasi stia per dare di stomaco. Hamad lo guarda con occhi pieni di dolore: ci si può ridurre così? E poi pensa che il mondo non è giusto. E che la discriminazione non colpisce solo loro, ma anche i poveri Italiani diseredati. Questa cosa, vigliaccamente, lo rincuora.
Arriva la sua fermata. Insieme ad un gruppo di persone scende pure lui. Scendono anche la ragazza dai capelli rossi e il giovane ubriaco. Hamad lo osserva distrattamente per qualche secondo. È giovane: non deve avere più di trenta, trentacinque anni. Ancora tanta vita ha davanti. Si può rifare.
Prende la strada degli scalini e vede che la ragazza con i capelli rossi lo supera. Dietro di lei, il disgraziato ubriaco. Vanno solo nella stessa direzione, come altre centinaia di persone.
Si ferma a comprare un pacchetto di sigarette al tabaccaio sotto la metropolitana, poi sale in superficie. L’aria pungente lo pizzica. Rabbrividisce, si solleva il bavero della giacca. Per fortuna la fermata del bus non dista più di pochi passi. Ancora un po’ e sarà finalmente a casa. Sua moglie gli avrà sicuramente preparato un ottimo piatto caldo, e sua figlia gli racconterà la sua giornata scolastica. Ecco ciò che lo aspetta. È felice.
Cammina senza guardarsi in giro, con la testa bassa, come sempre. I suoni che giungono alle sue orecchie sono sempre gli stessi: le macchine, lo sferragliare dei tram, i clacson, le urla di una donna…
Le urla di una donna! Alza la testa e cerca di capire se è tutto frutto della sua mente stanca o se una donna ha veramente urlato.
Un altro urlo. Corre in direzione di quell’urlo. La vede. È la ragazza con i capelli rossi. C’è un uomo con lei, che la strattona per un braccio, la spinge contro un muro, le tappa la bocca. Getta la sua borsa per terra, quindi non è un tentativo di rapina. Con la forza cerca di abbassarle i pantaloni. E nel frattempo se li abbassa pure lui. Non può permettere una cosa simile!
- Lasciala stare tu!-
Si avvicina e strattona l’uomo che cade. Lo riconosce. È il ragazzo ubriaco che ha visto sul metrò.
- Che intenzioni hai è? Vattene via e lasciala stare!-
Non vuole che la cosa finisca a cazzotti. Lui è in tipo pacifico. Ma è pronto pure a questo se il ragazzo dovesse insistere. Non vuole che accada come quella ragazza polacca picchiata da un gruppo di italiani ubriachi, che poi hanno fatto scempio di lei. Che ha fatto allora? È stato li a guardare, mentre sua moglie chiamava i carabinieri. È stato li a guardare lo scempio, senza fare nulla. Forse non avrebbe potuto fare molto. Forse sarebbe finito all’ospedale. Ma almeno avrebbe distolto la loro attenzione e la ragazza sarebbe potuta scappare. Non permetterà che accada ancora.
Il ragazzo però non insiste. Barcollando, prende il largo. La ragazza è stesa a terra, esamine. Hamad si inchina su di lei.
- Signorina, si riprenda! Ora tutto è finito!-
Ma la ragazza non si riprende. Controlla che sia tutto a posto, che non le abbia fatto del male. Ma non c’è sangue e sembra non ci siano nemmeno ammaccature. È solamente svenuta. Chiamerà un’ambulanza. Giusto per accertarsi che non le abbiano fatto niente. Poi chiamerà sua moglie per dirle che farà più tardi del solito.
È in quel momento che arrivano altre persone, attratte dall’urlo. E accecate da quello che hanno loro inculcato in testa, e vedendo un uomo dai tratti tipicamente mediorientali chino su una donna italiana, non capisco più nulla. È lui: lo stupratore! Lui, che ha approfittato di lei, violandola nell’animo e nel corpo, perché per gente come lui le donne sono solo oggetti da picchiare e maltrattare. Per loro le donne sono bestie. Ma le bestie, pensa quella gente, sono proprio loro! E noi dovremmo dare loro la cittadinanza italiana.
- Eccolo li!-
- Cane!-
Hamad si rende conto di essere in una brutta situazione. Ma lui non ha fatto niente. Adesso lo spiegherà a quella gente. Del resto, è normale. Vedere un uomo chino su una donna svenuta…
- Tu cane! Che cosa credevi di fare!-
- No, io…-
- Cosa volevi fare eh? Fare i tuoi comodi sul suo corpo. Bestia!- urla una donna, dalle mani scheletriche e dal viso stravolto e deformato che sembra quello di un demone.
- No, io non ho fatto niente. Volevo solo aiutarla. Un uomo è scappato di là. Lui l’ha aggredita!-
- Vallo a raccontare a qualcun altro, marocco!- dice un ragazzo brufoloso, sui vent’anni.
- Io? Non sono un marocchino! E non ho fatto niente! Io…-
- Ma sentitelo! Per lui stuprare è niente. Sapete cosa ho sentito una volta: un musulmano, come quello lì, era rimasto scioccato perché volevano mandarlo in carcere per aver picchiato a sangue la moglie. Per loro è normale!-
- No io…-
- Ma stai zitto!-
Un pugno lo raggiunge alla mascella, facendolo cadere bocconi a terra. È il ragazzo brufoloso di prima.
- Tieni questo, islam!-
- Io…-
Un altro pugno che lo fa cadere a terra. In bocca sente l’acidulo e il metallico gusto del sangue.
- Io…-
Non capisce bene cosa succede. Sente solo una raffica di pugni, calci, bastonate. Ovunque. Una persona lo bastona in testa, lasciandolo confuso per qualche secondo. Poi un calcio nello stomaco. Sente un gusto acido salire su in bocca. È sangue misto a qualcosa d’altro.
Tossisce, sputando e vomitando sangue. Vorrebbe dire “basta! Non ho fatto niente io!”, ma nessuna parola gli esce.
Non sa dire per quanto dura il pestaggio. Il dolore che prova è fortissimo. Sembra che nessun organo o osso del suo corpo sia rimasto integro. Prega dio che lo faccia vivere. Chiede perdono per quella gente. Pensa alla moglie e alla figlia. Lei è brava a scuola. Deve andare all’università. Come farà senza i suoi soldi? Come farà?
Lo lasciano pesto ed esamine in mezzo alla strada.
Quando arriva l’ambulanza, pensano che lui sia morto. La ragazza invece si riprende e va dai carabinieri. Per denunciare il vero aggressore e scagionare Hamad.
Dieci giorni di prognosi. Lo zigomo destro rotto, una lieve commozione celebrale, due costole fratturate, qualche punto di sutura in testa e sul labbro inferiore, lividi e contusioni sparsi. Se l’è anche cavata. Con un pestaggio del genere, ha detto il medico, ha rischiato di rimanere menomato per tutta la vita. Del resto, dieci persone che ti prendono a calci, pugni e sprangate in testa non è cosa da poco!
Impossibile denunciare tutti. Ha riconosciuto il ragazzo che lo ha preso a sprangate, ma alla fine è stato rilasciato. Insufficienza di prove. Le prove, ha detto lui con voce flebile, ce le ho in testa! Ma i carabinieri non gli hanno dato ascolto.
Sua moglie è venuta a fargli visita tutti i giorni. Piangendo. Dicendo che nel quartiere non si parlava d’altro. La figlia, poi, un giorno è tornata a casa con un occhio nero. Glielo aveva fatto un ragazzo, dandole poi della “terrorista”. Solo l’intervento di un’amica aveva impedito che quel ragazzo le facesse più male.
- Non voglio più tornare a scuola!- ha detto piangendo, tutti i giorni.
Hamad non sapeva che dire. Ed ogni notte piangeva, nonostante lo zigomo fratturato che lo faceva soffrire come un cane.
Alla fine viene dimesso. I segni dell’ingiustizia sono ancora presenti in modo ben visibile.
Se ne va sotto lo sguardo degli altri malati. Da una stanza, sente un vecchietto dire:
- Mah, questi musulmani vengono qui a fare quello che vogliono loro, ad imporci la loro religione e le loro credenze! Ma che vadano tutti a casa, vadano!-
Hamad si morde il labbro per evitare di urlare. In quell’istante si rende conto che Farouk ha drammaticamente ragione.
Non sa se tornare a casa, in Egitto, o rimanere in Italia. Ma in Egitto non ha futuro. E nemmeno sua figlia. Per sua figlia, rimarrà in Italia. Ma come farà ancora a fidarsi? Come farà ad andare in giro tranquillo sapendo che quegli sguardi lo penetrano come una lancia infuocata, che ha sulla coscienza una macchia che non ha commesso?
Non sono integrato, pensa. E non per colpa mia. Loro…non mi vogliono. E non perché.
Il mio sangue è rosso. La mia mente è pura. Ma sembra che a loro non importi. Per loro sono come gli altri. Un criminale. E si sono dimenticati, loro, che pure erano stati “criminali” in passato, negli altri paesi. Si sono dimenticati che non sono migliori, ma sono come lui. Se lo sono dimenticato.
Torna al lavoro. Alcuni suoi colleghi lo hanno chiamato al telefono e gli hanno mostrato la loro solidarietà. Si sente meglio, dopo quelle telefonate. Ma alla fine non sa più se fidarsi delle loro parole oppure no.
Il mattino dopo, alle sei e trenta, è in strada. Si avvia alla fermata dell’autobus, con il viso basso, per evitare che gli altri vedano i segni della sua innocente vergogna.
Incontra alcuni suoi vicini e li saluta. Anche loro lo salutano, ma in modo freddo. Gli stessi vicini che una volta erano gentili e calorosi con lui e la sua famiglia, ora lo salutano quasi fosse un paria.
- Per me, è stato lui!- dice la sua vicina. – Cioè, voleva provarci anche lui!-
- E pensare che sembrava così una brava persona. Ma alla fine si sa: sono bravi e buoni, ma quando gli saltano i grilli fanno del male. Sono fatti così, loro-
- Colpa della loro religione-
- Mah, non solo. Hai mai sentito i loro predicatori? Incitano alla violenza sulle donne e sui cristiani. Sono intrisi di questa violenza. Che ci vuoi fare?-
- Io non mi fido di lui. Dirò a mia figlia di stare attenta quando lo vede. Non vorrei che gli saltassero ancora i grilli-
Hamad sente tutto. Sente quelle spade conficcarsi nel suo cuore. E sono intrise di veleno. E prima o poi lo uccideranno.
Sale sull’autobus. Ora si sente un estraneo in mezzo agli estranei.
See ya!P.S. a novembre, se non muoio prima :-P, mi laureo! :-D
1 comment:
Già la loro religione è intrisa di violenza! Mentre la nostra invece..
P.s.: In bocca al lupo per la laurea.
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