Avevo detto che avrei parlato di Ushio e Tora. Ma Ushio e Tora possono attendere anche qualche giorno. E' di questo film che voglio parlare oggi. Un film che, a mio dire, chiunque dovrebbe vedere.
E' di Vittorio e Paolo Taviani. Uscito nel 1977 vinse la palma d'oro al festival di Cannes. Uno dei pochi festival che, ancora oggi, premia film di qualità. Una palma d'oro, a mio dire, decisamente meritata.
Chi guarda questo film non si può certo aspettare di vedere esattamente ciò che è stato letto nel libro. Né il film può essere un pretesto per non leggere il suddetto libro autobiografico di Gavino Ledda. Questo film è una lettura magistrale di uno dei libri più sconvolgenti e meravigliosi mai letti negli ultimi anni. Un libro dove, senza piagnistei né patetismi, viene descritta la brutale vita dei pastori sardi, e la loro condizione peggiore a quella dei servi della gleba.
Bellissima la scena finale, in cui appare Gavino Ledda intento a tagliare i piccoli rami di un grosso ramoscello. Poi, l'autore si avvicina all'uomo che nel film interpreta suo padre e, porgendogli il bastone, dice "mio padre mi picchiava sempre con questo".
Indimenticabile poi la scena in cui il padre di Gavino (questa scena nel libro non c'è), non appena sente i bambini ridere della sorte toccata al bambino (abbandonare la scuola per fare il pastore) rientra in classe e picchiando il bastone su un banco urla "Nessuno rida di Gavino. Oggi è toccato a Gavino, domani potrebbe toccare ad uno di voi". I volti pietrificati dei bambini fanno capire benissimo la terribile sorte toccata al bambino.
E' un film meraviglioso e toccante. Non ci sono tantissime scene dialogate, ma il panorama aspro dell'entroterra sardo fa da sfondo meraviglioso all'asprezza della vita dei pastori, e alla durezza della vita del piccolo Ledda, fatta di botte e solitudine.
L'affrancamento del giovane Gavino è ben descritta nella scena del militare. Qui appare un giovanissimo Nanni Moretti che diventa l'artefice della liberazione e dell'acculturamento del giovane pastore sardo, che parla a malapena l'italiano e diventa abilissimo nel parlare il latino.
Finale ed emblematica la scena in cui padre e figlio si scontrano fisicamente. La sconfitta del padre, la partenza del figlio. La scena bellissima di Gavino che entra nella stanza del padre e si china per prendere la valigia sotto il letto. Poi appoggia istintivamente la testa sulla gamba del padre. Per un attimo, la mano del padre padrone, che lo ha sempre picchiato, sembra volersi aprire in una tenera carezza, per poi subito chiudersi in un pugno che, però, non è in grado di sferrare. La sconfitta del padre padrone, vittima e carnefice allo stesso tempo.
Un film che, senza esagerazione, merita un bel 10.
Un'interpretazione magistrale.
Lo consiglio a tutti. In special modo ai Sardi. Perché, questo film come il libro, è una parte del loro mondo.
See ya!
E' di Vittorio e Paolo Taviani. Uscito nel 1977 vinse la palma d'oro al festival di Cannes. Uno dei pochi festival che, ancora oggi, premia film di qualità. Una palma d'oro, a mio dire, decisamente meritata.
Chi guarda questo film non si può certo aspettare di vedere esattamente ciò che è stato letto nel libro. Né il film può essere un pretesto per non leggere il suddetto libro autobiografico di Gavino Ledda. Questo film è una lettura magistrale di uno dei libri più sconvolgenti e meravigliosi mai letti negli ultimi anni. Un libro dove, senza piagnistei né patetismi, viene descritta la brutale vita dei pastori sardi, e la loro condizione peggiore a quella dei servi della gleba.
Bellissima la scena finale, in cui appare Gavino Ledda intento a tagliare i piccoli rami di un grosso ramoscello. Poi, l'autore si avvicina all'uomo che nel film interpreta suo padre e, porgendogli il bastone, dice "mio padre mi picchiava sempre con questo".
Indimenticabile poi la scena in cui il padre di Gavino (questa scena nel libro non c'è), non appena sente i bambini ridere della sorte toccata al bambino (abbandonare la scuola per fare il pastore) rientra in classe e picchiando il bastone su un banco urla "Nessuno rida di Gavino. Oggi è toccato a Gavino, domani potrebbe toccare ad uno di voi". I volti pietrificati dei bambini fanno capire benissimo la terribile sorte toccata al bambino.
E' un film meraviglioso e toccante. Non ci sono tantissime scene dialogate, ma il panorama aspro dell'entroterra sardo fa da sfondo meraviglioso all'asprezza della vita dei pastori, e alla durezza della vita del piccolo Ledda, fatta di botte e solitudine.
L'affrancamento del giovane Gavino è ben descritta nella scena del militare. Qui appare un giovanissimo Nanni Moretti che diventa l'artefice della liberazione e dell'acculturamento del giovane pastore sardo, che parla a malapena l'italiano e diventa abilissimo nel parlare il latino.
Finale ed emblematica la scena in cui padre e figlio si scontrano fisicamente. La sconfitta del padre, la partenza del figlio. La scena bellissima di Gavino che entra nella stanza del padre e si china per prendere la valigia sotto il letto. Poi appoggia istintivamente la testa sulla gamba del padre. Per un attimo, la mano del padre padrone, che lo ha sempre picchiato, sembra volersi aprire in una tenera carezza, per poi subito chiudersi in un pugno che, però, non è in grado di sferrare. La sconfitta del padre padrone, vittima e carnefice allo stesso tempo.
Un film che, senza esagerazione, merita un bel 10.
Un'interpretazione magistrale.
Lo consiglio a tutti. In special modo ai Sardi. Perché, questo film come il libro, è una parte del loro mondo.
See ya!
2 comments:
Ci sono film e libri che si aprono su realtà molto crude, ma ci permettono di conoscierle e contrastarle quando è possibile.
Sai, abbiamo comprato da Ibs "Padre pardrone" (il libro), stiamo aspettando che arrivi. Lo leggerò al più presto...
Baci!
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