Friday 8 February 2008

SYBIL

Sybil è un racconto lungo (non me la sento di chiamarlo romanzo, mi suona un pò troppo pomposo per quello che ho scritto) che ho scritto nella prima metà del 2005.
Ricordo che trovai lo spunto per il romanzo la sera del 26 dicembre 2004. Allora esisteva un programma in seconda serata, diretto da Marco Berry, che si intitolava "invisibili". Venivano intervistati dei barboni, e veniva ricostruita la loro vita e ciò che li aveva portati a vivere per strada. Era un bel programma, anche se magari, conoscendo la Mediaset, qualcosa di inventato e di romanzato c'era. Ad ogni modo, quella sera Berry aveva intervistato un ragazzo di circa una trentina d'anni, che viveva da una vita per strada. Ed era stato portato via dal padre quando era ancora bambino. Aveva vissuto per strada, facendo l'elemosina, aveva subito violenza sessuale dal padre ed era finito a fare film pedopornografici, fino a quando non era riuscito a scappare dal padre, mentre viaggiavano su un treno senza biglietto.
Questa storia, anche se credo per la maggior parte inventata, mi ha veramente colpita. E così è nata la storia di Sybil.
La trama si snoda più o meno così: Sybil è un personaggio pubblico. Ma non è una donna, bensì un uomo travestito che, come il nostro Platinette, finisce in televisione e dice la sua. In realtà Sybil è Oliver, un ragazzo dal passato che vuole dimenticare. E lo vuole dimenticare creandosi questa identità fittizia, con una vita fittizia, e che lavora in un mondo fittizio. Tutto ciò che lo ha afflitto da piccolo, il trauma che si porta dietro. Tutto deve essere dimenticato. Ma si può veramente dimenticare?
E' questo il "romanzo" che, una volta finito (l'ennesimo) editing, finirà su Lulu.
Ed ho voluto, giusto perché non sono per niente sana di mente e i miei lettori sono masochisti, proporre un estratto di questo romanzo.
La parte in cui il piccolo Oliver, di soli sei anni, viene brutalmente strappato all'amore della madre per finire sull'auto di un padre che non ha mai conosciuto, verso una meta sconosciuta.

Aveva sei anni. Sembra tanto tempo fa. Sembra quasi un secolo.
Aveva sei anni e viveva una vita normale. Viveva in un casa tranquilla in un quartiere tranquillo. Indossava vestiti puliti e faceva la doccia quasi tutte le sere. Andava a scuola e anche al catechismo. Mangiava le torte di mele che gli faceva la mamma.
La mamma. Era una bella donna giovane con il sole negli occhi e le stelle che brillavano nei suoi denti. Era la dolcezza fatta in persona per un bambino di sei anni. Il suo idolo, il suo unico punto di riferimento.
Aveva sei anni ed era un bambino normale. Forse un poco snob. Ma alla fine non era una cosa tanto fastidiosa, per un bambino che viveva in un quartiere residenziale pieno di borghesi come lui.
Andava in chiesa tutte le domeniche. Pregava dio ed era felice per quello che gli aveva dato. Il sole brillava ogni giorno nei suoi occhi, anche quando pioveva.
Aveva sei anni e si sentiva il bambino più felice del mondo. Era sicuro che nessuno avrebbe spezzato quell'idillio paradisiaco in cui viveva. Lui e la sua mamma. Per sempre. Felici.
Pioveva quel giorno. Era un tranquillo giorno di fine estate. Aveva passato tutto il pomeriggio al parco a giocare con Monique, la sua migliore amica. Una ragazzina italo-francese che si divertiva sempre a chiamarlo “Dolcemiele”. A lui piaceva quella parola, anche se faceva finta di esserne infastidito. E gli piaceva pure quella ragazzina.
Quel pomeriggio avevano giocato tutto il giorno sull'altalena e sullo scivolo, lui e Monique. Poi ad un certo punto si erano infilati nei tupi di cemento armato che chiamavano trenino. Li si erano seduti l'uno di fronte all'altro e lui le aveva preso la mano. Le aveva messo al dito anulare della mano sinistra un anellino di plastica dorata, con la pietra rossa di plastica, che si trova nelle patatine.
- Questo è il mio anello di fidanzamento- le aveva detto. - Quando sarò grande ti sposerò.
Lei aveva sorriso. Aveva perso due denti davanti.
- Monique e Dolcemiele: potrebbe essere bello-
Avevano riso e poi si erano dati il bacetto della promessa. Labbra contro labbra, dolcemente, come un battito d'ali.
Stava pensando a quella cosa, quella sera. Pioveva. Una sera di fine estate. Era nel suo letto,c on il suo orsacchiotto tra le braccia e guardava il soffitto. Non riusciva a dormire. Avrebbe voluto andare di la, dalla mamma, ma lui sapeva benissimo che lei lo avrebbe rimandato a letto e allora se ne stava li, con l'orsacchiotto in mano, a guardare il soffitto e a pensare al bel pomeriggio passato al parco con Monique.
C'era stato un tuono molto forte e lui aveva infilato la testa sotto le coperte, spaventato. L'aveva ritirata fuori e aveva guardato fuori dalla finestra.
Un altro tuono, ma stavolta lui non si era spaventato. Aveva visto una macchina, parcheggiata sotto i lampioni. Non riusciva a capire di che colore fosse. Era parcheggiata sotto i lampioni,mentre l'acqua veniva giù a dirotto. Era parcheggiata proprio di fronte alla loro casa. Che cosa ci faceva li?
Un uomo era sceso da quella macchina. Se ne stava li, sotto l'acqua, a guardare la loro casa. Aveva la barba lunga, nera. Indossava dei pantaloni tutti sgualciti e una camicia di flanella, troppo pesante per la stagione.
Se ne stava li, quell'uomo, a guardare la casa. Fermo come una statua di marmo, con la faccia rivolta alla porta. Lui si era stretto l'orsacchiotto al petto.
Poi aveva cominciato a muoversi e con passo spedito si era diretto verso la porta di casa.
L'aveva sentita aprirsi, sbattere.
- Cosa diavolo ci fa qui?-
Era la voce di sua mamma. Conosceva quell'uomo?
- Cosa ci faccio qui? Sono venuto a riprendermi mio figlio, ecco cosa ci faccio qui!-
- Tu non ti riprendi proprio nessuno-
- E' mio figlio. Ho diritto di stare con lui-
- Non dopo la decisione del tribunale. Tu non hai diritto di vedere Ollie perché sei un uomo violento-
- E' colpa tua se mi hanno impedito di vedere mio figlio. Tu, con le tue moine, le tue lacrime da femminuccia stupida. E stupidi sono stati quei deficienti dei giudici, che ti hanno dato retta. Adesso ridammi mio figlio-
Suo padre? Una volta lui glielo aveva chiesto, alla mamma. Ma dov'è il mio papà? E lei gli aveva risposto, sorridendo, che lui era andato in cielo.
Adesso suo padre è li. Allora la sua mamma gli ha raccontato una bugia? Perché?
- Dov'è mio figlio? Non ho tempo da perdere, fammelo vedere-
- Tu non vedi proprio nessuno!-
- E levati!-
Un rumore sordo. Come di un corpo che cade a terra.
- Mamma!-
Arrivato in salotto aveva visto la mamma stesa per terra, con il naso sanguinante.
L'uomo gli si era avvicinato e lo avevano guardato con occhi vitrei. Istintivamente aveva stretto più a sé il suo orsacchiotto, come a chiedere a quel pezzo di stoffa di difenderlo da quella persona che aveva fatto del male alla sua mamma.
Era un uomo robusto. E adesso alla luce del salotto lo poteva vedere meglio. Alto, enorme, con indosso una camicia a quadrettoni e un paio di jeans tutti strappati.
Una barba ispida e nera gli ricopriva il viso.
Quel visto non gli ispirava per niente simpatia. Non perché fosse fisicamente brutto od orripilante, come i mostri e gli orchi delle sue favole. Erano i suoi occhi, azzurri, gelidi.
- Ciao Oliver- aveva detto l'uomo. - Sono il tuo papà-
- Non ti avvicinare a lui!-
In un disperato tentativo di difendere il figlio, lei si era attaccata ai pantaloni dell'uomo e non lo lasciava andare.
Non te lo farò portare via. Non ti permetterò di portare via il mio bambino!-
L'uomo l'aveva guardata e poi le aveva dato un pugno in faccia, stendendola a terra in una piccola pozza di sangue scuro.
- Mamma...mamma!-
Voleva avvicinarsi a lei, aiutarla. In quel momento si sentiva l'uomo di casa. Con i suoi sei anni, di fronte a quell'uomo imponente, voleva difendere la sua mamma.
L'uomo lo aveva afferrato per il braccio destro prima ancora che lui potesse avvicinarsi a lei.
- Lasciami andare- aveva gridato.
L'uomo lo stava trascinando via. E lui non poteva fare assolutamente niente. Aveva solo sei anni. Era come lottare contro i mulini a vento.
- Mamma, mamma. Lasciami andare!-
- Fai il bravo e vieni con me. Se fai il bravo ritornerai presto dalla mamma-
Si era ritrovato improvvisamente sotto l'acqua battente e fredda, che gli colava sul viso, sul corpo.
In pigiama, con il suo orsacchiotto di pezza ormai zuppo, era stato fatto salire di peso su quella macchina e la portiera si era richiusa violentemente dietro di lui. Chiusa, con la chiusura d'emergenza.
- Adesso andiamo in un bel posto. E se ti comporterai bene, rivedrai presto la mamma.-
L'uomo si era voltato verso il bambino. Un bimbo di sei anni, bagnato, spaventato e in lacrime.
- Sono tuo padre, non ti voglio far del male. Lo so forse tua mamma ti ha detto che io ero morto ma aveva detto una bugia. Voleva allontanarmi da te, tuo padre. Io alla fine ti voglio bene, e non voglio farti del male.-
La macchina era partita. Sotto la pioggia. Oliver aveva fatto in tempo a vedere la mamma correre fuori, tutta bagnata, il viso insanguinato. L'aveva sentita urlare il suo nome, mentre piangeva. Non l'aveva mai vista così. Disperata. Impotente. Non avrebbe mai pensato che sua madre potesse essere così fragile.
Lei poi si era accasciata a terra, nell'acqua e nel fango, dopo pochi metri di corsa sfrenata dietro la macchina.
L'uomo, suo padre, così' diceva di essere, aveva guardato poi nello specchietto retrovisore. Aveva visto lei, stesa a terra, e un ghigno di soddisfazione gli aveva illuminato il viso.
- Povera scema. Correre dietro ad una macchina. Si prenderà un malanno-
Poi aveva riso. E poi il silenzio.
Mentre correvano sotto l'acqua, in quella macchina che puzzava di alcool, lui aveva rivisto tutta la sua breve vita. E in un attimo i fotogrammi di quel pomeriggio passato al parco giochi con Monique, l'anello, il bacio.
Era successo quel pomeriggio. Era così felice. E adesso si ritrovava su quella macchina che puzzava di alcool.
Prima lezione per Oliver. Un attimo prima sei felice. Un attimo dopo, sei seduto su una macchina che puzza di alcool, bagnato fradicio, con solo un pigiama addosso, accanto ad un uomo che non conosci, verso una meta che non si conosce.

See ya!

1 comment:

duhangst said...

Mi è piaciuto, molte interessante.