Tuesday 29 May 2007

VITTIME


Ho cambiato idea. Ho detto che non avevo voglia, oggi, di scrivere di cose serie. Forse molti hanno tirato un sospiro di sollievo essendo estremamente vogliosi di cazzate! Vi ho fregato!
Ho visto un video sul blog di Beppe Grillo. Ho deciso di riproporlo sul mio blog, così che tutti possano vederlo. Beppe non se la prenderà di certo, se lo pubblico anche sul mio blog:

Parla di bambini scomparsi. E di come certe persone, e mi pare troppo chiamarli esseri umani, usano questi bambini. Si, li usano.
Quando ho visto questo video sono stata male. E ho quasi avuto lo stimolo di giurare a me stessa di non mettere MAI al mondo un figlio. Perchè ogni anno spariscono migliaia di bambini, e spesso il loro destino è: pedopornografia, sfruttamento, prostituzione, accattonaggio, traffico di organi. Migliaia di euro gli organi dei bambini. Fino a 50.000 euro un neonato. Questa è solo un'anticipazione. Di una cosa sono certa: gli adulti di oggi hanno preso molto spunto da quello che facevano i nazisti sui bambini. O forse questi erano più umani di certi essere umani di adesso.
Per concludere, una mia poesia, scritta qualche tempo fa. Il titolo della poesia è lo stesso del post:

Se sono bella nessuno mi prende sul serio

Mi fanno lavorare perché

Sperano un giorno

Di portarmi a letto

Come è giusto che sia.

Se sono brutta

Sarò per sempre una nullità

E difficilmente conoscerò un uomo.

Io sono vittima, l’uomo stupratore

E non provo altro che dolore

In un atto che di piacere non ne dà.

Rimarrò per sempre inferiore

Vittima del mondo patriarcale

Che mi sfrutta, perché sono debole

E non posso difendermi.

Questo dice la vittima: la donna.

Ho studiato ad Harvard

Ma faccio un lavoro misero

Mentre la faccia da schiaffi del mio collega

È amico del direttore e fa tutto ciò che vuole.

Ho una moglie che se ne frega di me

Un figlio che non studia

Una figlia dai facili costumi

Una casa ipotecata.

Pago un centone ogni settimana

Giusto per provare un po’ di calore

Con una puttana africana

Il cui volto è nebbia subito dopo.

Sarò per sempre frustrato

In un mondo di leccaculo.

Questo dice la vittima: l’uomo.

Lui invece è piccolo e nessuno lo vede

Per le strade mendica denaro

E cerca con gli occhi un po’ d’amore

Che nemmeno sa cos’è.

Gli lavano il cervello tutti i giorni

Devi fare così, devi fare cosà

Tutti lo guardano dall’altro verso il basso

E lui guarda tutti dalla sua inferiorità.

I genitori si accapigliano per delle stupidate

E lui solo in camera sua

Unica compagnia un’amica bugiarda

Che non gli darà mai felicità.

Il suo futuro è prevedibile:

tormenterà e si tormenterà.

Questo è la vera vittima: il bambino.

See ya! :-(

LE STRAMBERIE DEI GIORNALI


Leggo i giornali online tutti i giorni. Il "Corriere della sera" e anche "La Repubblica". Onestamente, non so più se credere a quello che i quotidiani riportano oppure no. So benissimo quanto i giornalisti siano dei maghi a manipolare le notizie al fine di farci credere quello che loro vogliono. O meglio, quello che i padroni, oops, governanti di turno vogliono che noi sappiamo. Quindi sono se i due "terroristi" arrestati in Afghanistan siano veramente dei terroristi o due poveri cristi che passavano di li per caso, né se quello che si dice sull'Iran sia vero o solo un modo per farci credere che noi siamo "i buoni" e loro sono "brutti, sporchi e cattivi".
Comunque, i quotidiani assomigliano sempre di più a degli strip comici. E non intendo le immagini di Emilio Fede sotto la doccia (oddio più che strip comici quelle sono immagini da film dell'orrore) ma per via delle notizie che vengono pubblicate. Oggi, per esempio, mi è caduto l'occhio su questa bella trovata di uno stylist londinese, un certo Geek Graffiti, che ha inventato un modo per "sfigurare" le cover girls, ovvero le bellezze rifatte da photoshop che si trovano sui cartelloni pubblicitari che invadono i muri delle metropolitane. Insomma, questo qui avrebbe creato un herpes da appiccicare sulle labbra rifatte di queste "donne" (ma saranno donne oppure no? sul loro statuto di donne ho i miei dubbi) per renderle, "brutte". Insomma, se un'oca acida inglese scende in metropolitana e non si è truccata (o non ha scopato, cosa che rende le donne decisamente acide e insopportabili) e vede sta bellezza sul muro, non fa nient'altro che applicare l'herpes sulle labbra di queste qui. Della serie: ho trovato un modo per far sfogare le donnicciole stupide, acide e invidiose come merde! Chiamalo scemo! Almeno così (forse) non si sfogheranno sulle altre donne (o magari appiccicheranno pure a loro il bollino-herpes :-P).
Credo che per oggi sia tutto. Non me la sentivo proprio di scrivere cose troppo serie. A breve, forse un altro racconto.
See ya! :-)

Sunday 27 May 2007

LA LEZIONE DI PSICHE E CUPIDO

Era circa questo periodo qui, di un anno fa però, quando lo lessi. Mi stavo apprestando a sostenere l'ultimo esame della mia carriera universitaria. Era letteratura francese III. Ricordo che lessi "Les amours de Psyché et de Cupidon" che tradotto in italiano è "Gli amori di Psiche e Cupido".
Premettiamo che questa favola morale, scritta da Jean de la Fontaine nel 1669, ha origini ben più antiche. Si rifà infatti alla favola di Apuleio, nonchè a molte trasposizioni popolari e alla mitologia classica.
La storia è semplice: Psiche è una giovane principessa la cui bellezza è qualcosa che nessuno ha mai visto sulla faccia della terra. Questa cosa infastidisce Venere, dea bella bellezza, perchè si sente spodestata del suo ruolo di dea e perchè gli uomini invece di adorare lei adorano la bellezza di Psiche. E' per questo motivo che obbliga i genitori della ragazza ad abbandonarla su una rupe brulla dove essa aspetterà "il mostro che sarà il suo sposo". Ma questo mostro nient'altri è che un "mostro" di bellezza: il figlio di Venere, Cupido dio dell'amore.
La giovane vive in un palazzo immenso (per la bellezza La Fontaine si ispira a Versailles) circondata da ninfe e da semidei. Ha tutto ciò che vuole, ricchezze e bellissimi abiti, ma non deve mai guardare in faccia il suo sposo. E un giorno, istigata dalle sorelle gelose della sua ricchezza, illumina il volto di Cupido e gli brucia una gamba con l'olio della lampada. Da quel momento inzia per lei un periodo di calvario. Viene anche catturata da Venere, che la fa frustrare e poi la obbliga a baciare le mani di coloro che l'hanno martoriata. Verrà anche mandata negli inferi, dove Proserpina le consegna uno scrigno che lei apre e che le colora il volto di nero, trasformandola in una "bella mora". Ora che quella bellezza che aveva affascinato molti uomini è nascosta sotto il velo nero, Psiche vuole celarsi all'umanità. Ed è in quel momento che Cupido ritorna da lei, e la fa dea dell'Olimpo.
Molte sono le morali di questa storia. Anche se all'apparenza banale, questa favola, come tutte quelle di La Fontaine, nasconde una satira e una critica corrosiva alla società dell'epoca. Non avendo mai perdonato al re il fatto che abbia fatto arrestare il suo mentore Fouquet (non perchè avesse tramato contro il Re Sole, ma solo perchè la sua ricchezza oscurava la "gloria" di Luigi XIV), La Fontaine lo critica aspramente, ma in modo sottilmente velato, che solo un lettore attento può comprendere.
Oltre alla critica del re, anche la critica del costume. In una società come la sua, che non differisce molto dalla nostra, dove tutto è apparire, invida e malelingue, solo il celarsi dal mondo senza però staccarne radici, solo creandosi un proprio universo silenzioso può salvare dalla pazzia. Solo creandosi una propria identità lontano dagli altri, si può trovare la felicità. Fino a quando Psiche è vogliosa di mostrare le sue ricchezze e la sua felicità agli altri, non è felice e la sua caduta si approssima. Ma quando impara a comprendere cosa vuole veramente, allora li arriva la vera felicità e il vero amore per Cupido, che si fa uomo per amore di lei.
Favola morale, lontana nel tempo ma molto vicina a noi. Troppe volte ho visto persone disposte anche a fare idiozie pur di essere al centro dell'attenzione. Perchè per queste persone, prive di identità, essere sotto gli occhi di tutti è la sola cosa che le rende vive. Se dovessero perdere l'attenzione della gente, cosa che capita sempre prima o poi, si sentirebbero morte.
Al contrario, chi accetta di vivere appartata, legata alla società ma mai dipendente da essa, allora trova il proprio equilibrio e la propria felicità.
Forse sono vaneggiamenti di una pazza, ma è quello che penso. Ho passato la mia vita a fare l'ombra, a non essere notata da nessuno, e mi sono creata uno spazio personale in cui vivere. La società mi serve per comunicare, per dire quello che penso, ma non sono dipendente dagli altri. E' meglio farsi notare da pochi, che umiliarsi davanti a tutti pur di avere la loro attenzione.
C'è qualuno che ha un'opinione diversa e la vuole esprimere?
See ya!

Saturday 26 May 2007

SENZA PAROLE

Non ci sono parole per descrivere questo video. Un video universale, comprensibile a tutti, qualsiasi lingua essi parlino. :-D :-D :-D



See ya! :-)

POINT OF NO RETURN


Mi sono resa conto che non posso assolutamente astenermi dal parlare di questo argomento (no, non è la pazzia conclamata dello psico-nano, ma questa foto mi piaceva molto, visto il mio smisurato "amore" per il Cavaliere psico-nano). Credo che tutti l'abbiano notato ormai: sono sempre di più i maschi "scoppiati", ovvero senza donne, in altre parole single. Di chi la colpa? Delle donne troppo esigenti? Dei maschi troppo dementi? Di tutti e due? O più semplicemente di un terzo incomodo? Difficile risposta.
Mi capita sempre più spesso di leggere blog scritti da maschi in cui traspare sempre di più una specie di ossessione, anzi diciamo pure mania folle, per la donna. Si parla solo di donne, quasi questa creatura creata bonariamente dalla natura per mettere al mondo figli diventi sempre di più una chimera. E più l'età avanza, e più l'uomo "scoppiato" si trasforma in una specie di "maniaco" disposto a vendersi pure il culo pur di avere una donna, non importa bella o brutta, l'importante è che respiri (oddio, se è gnocca meglio ancora, ma inutile farsi illusioni: le gnocche vanno solo con uomini che contano, inteso con tanti soldi).
I motivi, non la colpa, di questo fenomeno sono principalmente due:
1- più il maschio rimane "scoppiato" più la sua tecnica di approccio si involgarisce, fino a rasentare la stupidità più insulsa. Si passa subito alla fatidica domanda "hai il ragazzo?" e anche alla risposta "si" si fa di tutto pur di portare la "preda" dalla propria parte, ottenendo il risultato opposto. E' capitato anche a me. Questo tizio è arrivato addirittura a chidermi di venire al lago con lui, da sola. Roba da pazzi. Ma non solo. Si dice che per conquistare una donna bisogna farla ridere. Farla ridere, non fare gli idioti! L'idiota, alla donna media, proprio non piace. Specialmente quando ti abborda nei posti più impensati (librerie, treni, ecc...) e comincia con una raffica di cazzate da mozzare il fiato. Allora la donna ride, ma giusto per mascherare l'incredibile voglia di spaccare il muso a quel maschio idiota e rompicoglioni.
I risultati di questo approccio sono sempre negativi. Raramente, se proprio la donna è una "buona samaritana", si ha un appuntamento ma poi silenzio totale. E il maschietto rimane ancora "trombato".
2- la naturale diffidenza delle donne nei confronti dei maschi. Dappriama è un problema di retaggio: il maschio è cattivo, pericoloso, vuole solo quella e poi ti molla. Allora bisogna tenerlo lontano, schifarlo, e intanto la mente volta ad un ipotetico principe azzurro che non esiste. Certo, se forse le donne fossero meno "fiscali", certe volte si renderebbero conto della disperazione di alcuni maschi, e del fatto che poi non sono tanto "merde", ma sotto sotto sono passabili. Peccato però che il nervoso iniziale e naturalmente il retaggio impediscano ogni tipo di approccio.
Volete sapere chi ha successo? L'indifferente! Non c'è niente di più intrigante e arrapante di un maschio che si fa i cazzacci propri e non ti caga minimamente, come se non esistessi. In realtà quest'uomo ha notato la "preda" molto meglio dello sborone, e la studia con calma. Inutile negare che la femmina dell'uomo ama farsi guardare, avere lo sguardo del maschio puntato sulle proprie "bellezze" (anche se non ci sono). Un maschio così indifferente, così "bel tenebroso" le attira come le api sul miele.
Non parlerò dei dongiovanni che con questa tecnica si burlano del sesso femminile, perchè questo è un altro discorso che merita una trattazione a parte. Ho solo mostrato come, purtroppo, sempre più maschi tenderanno a diventare "maniaci" in senso buono, ovvero ossessionati dalle femmine, un'ossessione che li spingerà ad allontanarle sempre di più e ad accontentarsi delle briciole... forse un bel reset ci vorrebbe pure qui, ma credo proprio di non poter fornire "istruzioni per l'uso" ma solo invitare entrambi ad essere più "moderati".
See ya!

Thursday 24 May 2007

REPETIVA JUVANT

Una divertente carrellata di video di Giobbe, nella sua mitica "rassegna stampa" da varie epoche storiche, quando ancora il programma più divertente di italia 1 si chiamava "Mai dire domenica".
Qui le notizie (al vetriolo, ovvio!) sulla scoperta dell'America e sul ritorno di Colombo in Spagna:



Le notizie più pazze direttamente dal diluvio universale:



La guerra di Troia come nessuno l'aveva vista mai:



E per finire la scoperta del fuoco e le varie reazioni dal mondo "politico" preistorico (che stranamente è dannatamente uguale al notro):



See ya! :-)

Wednesday 23 May 2007

ANCORA RACCONTI


Qui qualcuno mi maledirà per questi post eretici, invece di parlare dell'ultima figlia di Totti e del suo stronzissimo nome di Chanel. Ma il blog è mio e ci pubblico quello che più mi aggrada. E poi non conosco tutti i dettagli della vicenda.
Questo è un raccontino veloce veloce, un tantino (ma solo un pò!) sarcastico ma sembra abbia riscosso giudizi favorevoli quando fu letto la prima volta, qualche anno fa.
Ogni riferimento a persone viventi o vissute è puramente casuale :-P

LA SENTENZA

Quando lui riapre gli occhi si ritrova in una stanza dal soffitto grigio e basso. Un letto duro come il legno, che infastidisce il suo tenero culetto.

Una porta pesante è chiusa davanti all’uscita. Tenta di aprila, e si accorge che è chiusa a chiave.

“Ehi voi”, grida, “vi siete chiusi fuori!”

Ma la battuta non lo fa ridere.

È confuso. Sarà mai vero quello che è successo la sera prima? Lo hanno veramente portato via da casa sua, senza motivo?

Ma, alla fine, lo hanno veramente portato via la sera prima? E che…la sua testa è peggio di un budino venuto male. Non ricorda niente. Tabula rasa è dir poco. Forse…potrebbero essere passati giorni. Anni magari. Ma la cosa non cambia! Si ritrova chissà dove per chissà quale motivo. E poi, pensa, ho chiuso il gas prima di essere portato via?

Verso le otto, o forse le nove del mattino, di sera, non sa, arriva una guardia. Grosso e puzzolente di sudore rappreso, con delle macchie di cioccolato sulla divisa.

“Andiamo che è ora”.

“Ora per che?”

“Non lo sai?”, risponde la guardia. “Per la tua sentenza”.

“La sentenza per che cosa? Sono testimone o accusato?”

La guardia lo guarda male: ride amaramente.

“Voi assassini siete tutti uguali! Vi considerate sempre innocenti”.

“Assassino?”

Lui non capisce un fico secco di quello che quella guardia gli dice. Ma lo segue, perché quel secondino è grosso, puzza e non vuole farlo arrabbiare. Perché le sue mani sembrano più badili, che mani di un essere umano. E non ci tiene a ritrovarsele addosso.

Quei corridoi sembrano il labirinto del Minotauro. E lui non si chiama Arianna, e non ha il famoso filo. Ma dopo qualche centinaio di metri, lo scenario cambia. E da tanti il corridoio diventa uno solo. Verde pistacchio. Verde speranza. Che presa per il culo! A lui, quel lungo corridoio, sembra il Miglio Verde. Che? Lo stanno portando sulla sedia elettrica? Diventerà un pollo arrosto, senza nemmeno sapere perché è rinchiuso li dentro? Senza sapere chi ha ucciso e perché? Che sia in una specie di trance e non lo sappia? Forse è tutto un incubo e fra poco mi sveglierò.

Una porta enorme gli si para davanti,. È di legno scuro, pesante. Ed è altissima. Sembra la porta di una cattedrale. E alte sono anche le finestre. E piccole, come quelle dei vecchi manicomi. Per evitare che i criminali scappino.

“Aspetta qui” dice il secondino.

“Dove?”

“Là! Deficiente! Non vedi che c’è una panca? Appoggia il culo e chiudi la fogna”.

Mai come la tua, pensa. Ma che si è mangiato quello? Un cadavere rubato di nascosto dall’obitorio?

-“Potresti almeno dirmi perché mi trovo qui e da quanto tempo?”

La guardia ride. Una risata aspra, fastidiosa. Viene come colto dall’istinto irrefrenabile di appoggiare la sua mano stretta a pugno sulla sua faccia. Ma l’istinto irrefrenabile viene smorzato dalla vista delle grosse mani di lui, che non avrebbero problemi ad afferrarlo per il collo e a scuoterlo, quasi fosse un micino appena nato.

La guardia si allontana e continua a ridere. Ma che avrà detto di tanto comico? Si siede sulla panca dura e aspetta. Cosa? Qualsiasi cosa. Qualcosa dovrà pur accadere, prima o poi. E magari capirò che cacchio ci faccio qui, da quanto tempo sono qui e quello che mi succederà, pensa. Si, basta solo aspettare…aspettare. Ma quanto ha aspettato, prima di potersi sedere su quella panca ruvida? Ormai, ne è sicuro, tutto non può essere successo in un sol giorno. Ma la sua mente, per quanto si sforzi di ricordare, rimane una tabula rasa.

È immerso nei suoi pensieri. Lo rimane per un po’ di tempo. Indeterminato.

I suoi pensieri vengono rotti dall’arrivo di uno strano corteo. Un gruppo di uomini vestiti in doppiopetto, con una valigetta ventiquattrore in mano. Si muovo rigidi, come marionette E in mezzo a questo buffo corteo ci sta un uomo. E quest’uomo è bassino, vestito bene. Leggermente calvo, con un sorriso beota stampato sul viso. Ma che cavolo avrà mai dai ridere questo qui, si domanda.

Non fa in tempo a cercare la risposta. L’uomo attraversa quell’enorme porta, così come il resto del corteo. Lui spera che quella dannata si chiuda, facendo sparire dalla sua vista quel ridicolo ma pur inquietante corteo. Ma la porta rimane aperta, e lui non può fare a meno di sbirciare all’interno.

È un’aula di tribunale, pensa. Mi trovo in pretura, o giù di li. Forse…forse per quella volta che ho venduto un po’ di fumo agli amici. Ma sono passati vent’anni, pensa. Forse…forse per quella volta che per poco non investivo quella vecchia idiota sulle strisce. Ma…alla fine non l’ho investita!

Forse…forse, forse, FORSE! Basta con tutti questi forse! Bisogna capire, dannazione, capire! Che cosa avrà mai combinato di così grave per finire in prigione? Possibile che abbia commesso un reato tanto grave senza nemmeno ricordarsi cosa? Che fosse in uno stato comatoso tale da agire senza rendersene conto?

Santa Madonna, ditemi di che cosa sono accusato, e facciamola finita! Si stringe la testa tra le mani, inizia a piangere. Come un bambino capriccioso. Se solo sapessi…se solo capissi. Tutto è troppo strano.

Lo vede lì, il tappo beota, di fronte ai giudici. E loro, i giudici, seri e computi, osservano dei fogli che hanno davanti agli occhi. Intanto le marionette sono dietro al tappo beota. Che è evidentemente il loro “burattinaio”.

“Allora, signor XYZ, qui la cosa è grave” dice il giudice.

È un ometto pelato, il giudice, dal viso di marmo sgretolato, quasi fosse stato costruito con materiale scandente, come succedeva ai tempi di Tangentopoli. Ma i suoi occhi sono duri, freddi come una ghiacciaia e le sue labbra sono serrate in modo così stretto da sembrare incapaci di aprirsi a sorriso.

“Insomma…associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, tentato omicidio, tentata rapina a mano armata, sequestro di persona, sfruttamento della prostituzione minorile, violenza carnale, tortura fisica e psicologica…e chi più ne ha più ne metta. Insomma, da qui lei non ne esce, signor XYZ!”

Il tappo beota, che è di profilo, sospira.

“Io, signor giudice, sono sicuro del fatto mio. Posso quindi affermare di essere innocente. Vero signori?”

I burattini dietro di lui annuiscono.

Il giudice ride.

“Innocente! Con queste credenziali, allora, anche Jack lo Squartatore dovrebbe essere considerato innocente”

“Non so chi sia questo signore e non mi importa di saperlo” dice il tappo beota.

“Lei ha abusato per anni della nostra democrazia per fare il bello e il cattivo tempo. E la nostra democrazia impedisce a gente come lei di continuare ad ingrassarsi e prosperare. Inutile negarlo che 30 anni di carcere non glieli leva nessuno!-

Il tappo Beota, meglio conosciuto come il Signor XYZ, scuote la testa sorridendo. Poi si avvicina a quell’enorme tavolaccio, sempre sorridendo.

“Quelle che chiama tangenti, erano solo prestiti per far star meglio la popolazione. Quella che lei chiama associazione a delinquere di stampo mafioso nient’altri era che una semplice collaborazione amichevole con una famiglia che ha fatto tanto per me. Tentata rapina a mano armata? Mai questa mano ha toccato arma! Era semplicemente uno scherzo, che io feci a suo tempo. E per quanto riguarda prostituzione e violenza carnale…su giudice, è uomo come me! Lei sa cosa non farebbero le donne pur di avere come amico un uomo come me! Tutte mi amano, e farebbero carte false. E poi, scusi, si fida di chiacchiere femminili stupide e insensate? Lo sa benissimo che le donne esagerano sempre!”

Sorridendo, XYZ posa una grossa borsa sul tavolo del giudice. La apre: è piena di soldi.

“Come si permette? Lei mi vuole corrompere per essere assolto? Ma io sono incorruttibile, ed è meglio che se ne faccia una ragione!”

“Signor giudice, ma lei ha proprio il dente avvelenato! So benissimo quanto lei sia retto, un pezzo di acciaio. Ma questa borsa…proprio pesava troppo e non riuscivo assolutamente a reggerla ancora per chissà quanto tempo!”

Il giudice lo guarda. Poi guarda i fogli che ha davanti. Poi la valigia. E ancora i fogli. E ancora la valigia. XYZ ammicca sornione. Poi vede le sue labbra muoversi lentamente e impercettibilmente. E dicono:

“Sono tutti tuoi, se non mi condanni. Ho ancora troppo da fare per finire in galera. Sono 5 milioni. Hai idea di quello che potresti fare con una somma simile?”

Il giudice impallidisce e arrossisce in un botto solo. Poi sistema i suoi fogli e guarda il signor Beota, come lo ha soprannominato lui.

“ Visti i risvolti” inizia “si trova davanti a un bivio, Signor XYZ. E lei deve scegliere. Dunque, le pongo questa domanda: lei, imputato, vuole forse essere condannato o assolto?”

“Beh, credo che vorrei essere assolto, visto che sono innocente. Vero signori?”

Si gira verso le sue marionette. Loro scuotono la testa in senso affermativo.

“Ha ragione” dice il giudice. “E poi, del resto, le prove non erano molto credibili. E poi si sa: le donne chiacchierano chiacchierano…fanno sempre le vittime, per loro ogni avance innocente è stupro. Ecco perché non le vogliamo in politica. E se fosse per me, le caccerei anche dalla carriera giudiziaria!”

Non crede alle sue orecchie. Non è possibile. Fino a poco tempo prima avrebbe sbattuto in galera quel beota gettando via la chiave, adesso invece lo difende, è addirittura suo amico.

Si stringono amichevolmente la mano e XYZ gli da appuntamento per sabato a casa sua, per una cena di amicizia. Il giudice accetta volentieri.

Il Beota esce sorridente dall’aula. Lo guarda.

“Buona fortuna”

“Vaffanculo!” sbotta lui.

Per questa esclamazione viene gettato alla parete e colpito con cinquanta frustate.

“Il prossimo” grida il giudice.

Lo trascinano dentro a forza. Sul tavolo del giudice, troneggia ancora la valigetta, che è stata prontamente chiusa per evitare che lui potesse vedere quanto sia facile comprare qualsiasi cosa, basta avere i soldi.

Viene fatto sedere in aula da due guardie simili a gorilla. Accanto a lui un ometto grigiastro e pelato. Il suo avvocato difensore. Sembra una salma, pensa. Potrà mai difendermi?

“Dunque…ah, si. Lei, signor **** è accusato…ah, si accusato dell’omicidio di Elena S.”

- Elena? Elena, la mia vicina, è morta?-

“Da tre anni”

“Cosa?”

“Ed è stato lei ad ucciderla. Abbiamo le prove!”

Elena morta. Lui l’ha uccisa. Gli voleva bene, ad Elena. Era l’unica persona che lo trattava da essere umano, dopo che sua moglie se ne era andata di casa ed aveva preteso il divorzio ed un assegno divorziale grande come la cattedrale di San Pietro. Faceva la cavallina storna con cani e porci, spingeva le figlie a vestirsi da prostitute, aveva permesso che la più grande di soli sedici anni diventasse l’amante del suo nuovo boyfriend, eppure il giudice aveva affidato loro le figlie.

Ricorda che aveva visto Elena l’ultima volta due giorni prima. Ed era verticale e piena di vita. Se lei era morta, non era certo per causa sua.

Il giudice sfoglia una cartella. È il suo “file”.

“Dunque….ah, si, le prove: mi sembra giusto elencarle. Elena S. è stata trovata con la testa sfondata nel suo appartamento…insieme a dei suoi guanti, naturalmente coperti dalle sue impronte digitali, e ad altri oggetti che, oltre le impronte della vittima, erano coperti anche delle sue impronte. Non si è nemmeno curato di pulirli.”

“Io…io…non ho ucciso Elena. Quei guanti…quelle impronte…potevano essere stati toccati in altri momenti, quegli oggetti. Frequentavo spesso la sua casa. E…sto da tre anni in galera? Non ricordo niente”

“E lo credo! Urlava e si dimenava come un pazzo. Diceva sono innocente, sono innocente. Mai sentito di persona più falsa. Era talmente insistente che non hanno fatto altro che drogarla”.

“Ma io SONO innocente!”

“Lo vada a raccontare a qualcun altro!”

“SONO INNOCENTE! Perché ha assolto quel signore pelato che è appena uscito e non me, che non ho commesso nulla! Lui è un criminale, non io!”

“Stia zitto! E non si permetta più di gettare fango su uomini onorevoli come il signor XYZ. Ce ne fossero di più come lui! Il mondo sarebbe un paradiso in terra!”

Il giudice sfoglia il suo codice penale.

“Secondo l’articolo 234 comma bis e tris, la condanno alla pena capitale!”.

“Non ho commesso quel delitto!”

“Le prove parlano contro di lei!”

“Quei guanti potevano essere li da chissà quanto tempo! O può averli messi li qualcun altro! Sono stato incastrato! Avvocato, dica qualcosa!”

Ma l’avvocato non apre bocca. La mummia di Ramses II ha molta più vitalità.

Lui si avvicina al giudice. Forse è il suo stato d’animo, ma gli pare che quel tavolo sia alto almeno due metri. E il giudice lo guarda dall’alto, severo, tronfio del suo potere.

“Vostro Onore, la prego, mi hanno incastrato!”

“ Mi dispiace, ma questo film l’ho già visto!”

“La prego!”

Non serve a niente. Il giudice guarda…i suoi stracci macilenti. Non ha una borsa piena di denaro. Non può comprarsi la sua innocenza.

Il giudice batte il martello. La seduta è tolta.

Lui non sa per quanto tempo sia rimasto da solo, nella sua cella, dopo la sentenza. Spera sempre che le cose cambino. Magari si ricorrerà in appello. Magari tutto ciò finirà e lui verrà liberato.

Elena…le voleva bene. Eppure adesso non riesce nemmeno a ricordare il suo viso.

Cinque anni dopo. Viene giustiziato. La giustizia, si sa, è lunga.

Il signor XYZ è stato eletto re, oops, primo ministro nelle precedenti elezioni. I fiumi di euro con cui ha oliato per bene la campagna elettorale hanno dato i suoi frutti.

Ora, grazie a lui, sono tutti felici. I giovani guadagnano meno di un contadino armeno ma sono felici. Le donne lavorano come schiave nere, fanno figli come conigli nani, ma sono felici. Appena esci di casa ti rubano pure le mutande, ma tutti sono felici. La Chiesa si è ripresa quello che le avevano tolto secoli prima. Non si può più abortire. Non si può più divorziare. I gay vengono solennemente bruciati al rogo in un bagno di folla esultante.

Tutti hanno un gran mal di mascella a furia di ridere perché sono felici come non lo sono mai stati. Infatti i suicidi sono aumentati del 40%.

Dieci anni dopo. Viene riaperto il caso grazie alla misericordiosa intercessione di suor Marianna *****, figlia maggiore del povero condannato, che dopo tanti stupri ha deciso di mandare a quel paese gli uomini e farsi monaca. Odia la Chiesa, ma chiusa in convento almeno non corre il rischio di trovarsi una verga in mezzo alle gambe anche quando non ne ha voglia.

Alla fine si è scoperto che lui non aveva ucciso Elena S. Quei guanti erano stati dimenticati la sera precedente. Elena, in realtà, era scivolata su una buccia di banana e si era aperta il melone in modo del tutto accidentale.

Avevano condannato un innocente. Ma alla fine sono cose che capitano.


Alla prossima...




Monday 21 May 2007

IL "FAMILY DAY" E LE MIE RIFLESSIONI SULLA FAMIGLIA

Ah la famiglia...quanto sta cara la famiglia! Simbolo del potere di dio (ancora sto dio!) in terra. Il padre e la madre che devono essere venerati come semi-dei e a cui bisogna ubbidire senza fiatare. Il sogno del clero, anche nel 2000. Peccato, per loro ovvio, che sta situazione non esista praticamente più!
Il dizionario definisce la famiglia come "nucleo sociale rappresentato da due o più individui che vivono nella stessa abituazione e, di norma, sono legati tra loro dal vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità".
Chiariamo che già questo "di norma" non implica a tutti i costi un matrimonio. E non su parla nemmeno di individui di sesso opposto. O almeno non per forza! Eppure sembra che tutti adesso abbiano la smania di salvare la "famiglia tradizionale".
Chiariamo il mio punto di vista: per me la famiglia tradizionale non è altro che un insieme di ipocrisia. Per fortuna non tutte le famiglie ma...è forse una famiglia un nucleo in cui il marito fa le corna alla moglie con ogni sorta di puttana, la moglie fa le corna al marito con ogni tipoi di giovenco rampante, i figli sono abbandonati davanti alla televisione e hanno come modelli veline e film violenti? Oppure, è una famiglia un nucleo in cui il marito picchia la moglie? Ecco, questa è la famiglia tradizionale.
La famiglia non ha mai avuto a che fare con l'amore. Almeno in passato. Era solo una facciata bellissima dietro la quale si nascondeva un'ipocrisia senza fine. La famiglia era la distruzione dell'individuo. E questi vogliono proteggere la famiglia. Coloro che non l'hanno mai avuta: i preti.
Potevano parlare così i preti, almeno fino al 1070, anno in cui fu decretato il loro celibato. O potrebbero parlare così i reverendi delle fedi protestanti, che sono sposati e sanno cosa sia una famiglia. Ma non i preti cattolici! Loro no! Ma loro si arroccano il diritto di proteggere il gregge, anche quello "smarrito". Con un controllo che assomiglia sempre di più ad un cappio al collo. E naturalmente le "pecore" li seguono, senza nemmeno sapere cosa stanno facendo, cosa sia veramente una famiglia, e magari con corna in testa da far invidia ad un cervo.
La famiglia si deve basare sull'amore. Sull'amore tra due individui e per i figli. E non importa se questi due individui sono di sesso opposto oppure dello stesso sesso. L'importante è che si amino. Che si considerino due pari, e non uno che comanda e l'altro sottomesso. Questa non è una famiglia, è solo ipocrisia. E il "Family day" a cui si sono accodati pure i nostri "dipendenti" leccaculo, è solo l'apoteosi di questa ipocrisia.
Il mondo va avanti. Gli Italiani si fermano. Non tutti per fortuna, ma molti. Mi dispiace, ma ancora lo devo dire: RESET!
E se volete, formate pure la famiglia "tradizionale". Io me ne chiamo fuori.
Alla prossima!

Sunday 20 May 2007

GIAPPONESI SEMPRE PIU' PAZZI

Inutile, i divertimenti del Sol Levante non li capirò mai. Osservare questo video: dei ragazzi nudi in una sauna che all'improvviso si ritrovano catapultati in mezzo alla neve. Nudi come il culo di un macaco! Per fortuna con un bollino "censurano" le parti da censurare :-p



In questo, un branco di 100 deficienti che evidentemente non ha niente di meglio da fare nella vita, inseguono un ignaro passate.



In questo invece un cretino vestito di verde si diverte a spaventare la gente uscendo da una soletta sotto il pavimento! :-O



Credo non ci siano commenti!
Alla prossima (ancora!).

AEROBICA GIAPPONESE

Ebbene si, sembra che ai giapponesi questa roba piaccia moltissimo. Le donne le guardano per allenarsi e perdere peso. Gli uomini si arrapano per via degli attillatissimi costumini. Inutile negarlo che in Europa una cosa così lo farebbe smollare pure ad un cammello in astinenza da vent'anni! Ma si sa, i giapponesi...sono matti questi giapponesi!



Alla prossima!

Thursday 17 May 2007

UN FENOMENO

Questo cantante è un fenomeno. E' il leader del gruppo Ted Leo & The Pharmacists. Un fenomeno!

Tuesday 15 May 2007

UGLY BETTY/UGLY MONICA

Tutti avranno sentire parlato del nuovo serial televisivo "Ugly Betty", che in USA ha spopolato (ma cosa non spopola in USA? Solo le cose serie!).
Premettiamo che io certe cose non le guardo. Lo stereotipo della bruttina ma intelligente che deve scavalcare le gnoccone ma meno dotate encefalicamente per arrivare al successo mi suona di stronzata bella e buona. Inutile negare che, se sei solo bella e non hai intelligenza, ti vogliono per poco e poi non ti vogliono più vedere. Certo l'occhio vuole la sua parte, e certi occhi nerd a volte vogliono troppo...ma non sono qui a parlare di queste cose, ne di Ugly Betty!
Spulciando il mio computer ho trovato scannerizzazioni di foto che credevo, anzi che speravo, perdute. Foto risalenti a una decina di anni fa, quando non ero nient'altri che Monica, studentessa timida e impacciata proveniente da una scuola cattolica e che le compagne di classe prendevano in giro. Devo ammettere che a allora molte cose sono cambiate, e per fortuna in bene. Comunque, spulciando quelle foto ho notato una certa somiglianza tra me di circa dieci anni fa e Betty. Ecco un esempio:
A parte gli occhiali e l'apparecchio (gli occhiali li avrei dovuti indossare, ma già mi facevo schifo così, pensare con le lenti!), non si nota una certa somiglianza? Capelli poco curati, sopracciglia a cespugliotto, abiti decisamente démodé...non che io sia una fanatica di moda, ma almeno ho acquisito uno stile più consono al mio corpo...all'epoca... :-O
Non tutti possono essere d'accordo, ma ho soltanto espresso un mio punto di vista...E che adesso, pur non essendo una strafica, mi piaccio di più di quando avevo 17 anni, che mi odiavo ad un punto tale tanto da farmi del male in ogni modo...
Ad ognuno le proprie opinioni...
Alla prossima

P.S. per chi avesse voglia di vedermi adesso, credo che rimarrò deluso! :-P

Monday 14 May 2007

IL PERCHE' DELLA VITA DEL MIO BLOG


Ieri ho ricevuto una mail di una persona che frequenta spesso questo blog. Questa persona esprimeva il suo rammarico riguardo le poche visite al mio blog e alle numerose di un altro, di cui non farò il nome, che lui ritiene inferiore al mio e non degno della stessa attenzione.
"Perchè continui a tenere aperto un blog quando sai che nessuno lo guarda perchè preferiscono i blog scemi?" ha scritto questa persona. Insomma, gli dispiaceva che io avessi pochi visitatori perchè secondo questa persona il blog è valido. E si chiedeva se fosse necessaria ancora la sua vita, anche perchè blog come i miei non li visita nessuno, perchè non parlo di me, non pubblico le mie foto mezza svestita e non scrivo gossip.
Questa è la mia risposta.
Prima di tutto, il mio blog ha in media 10/20 visitatori al giorno. Che, se ci si pensa, non sono comunque da sottovalutare.
Secondo, il blog è uno spazio personale. Ognuno ci scrive quello che vuole. Può anche scrivere una marea di fregnacce. Se a una persona interessa l'argomento legge, ed eventualmente commenta. Se non interessa, passa ad altro.
Ma la domanda che io pongo a questa persona è la seguente: perchè dovrei chiudere il mio blog? Solo perchè ho pochi visitatori e un altro ne ha troppi (lo so che ti stavi riferendo a lui, non negarlo!). Io semplicemente scrivo quello che voglio. E comunque chi lo visita c'è. E' ovvio che se uno si sente di scrivere pettegolezzi o pubblicare foto nude, ovvio che avrà più visitatori perchè la gente è molto attirata da certi tipi di argomenti!
Ma non è forse meglio avere pochi visitatori ma buoni? Non è forse meglio scrivere quello che si sente invece di scrivere minchiate solo per avere molte visite? Non è asservisi agli altri, negare la propria identità? Chiunque viene notato nella vita, anche se poco. Meglio poco che niente. E meglio essere notato per qualcosa di significativo e da pochi, che essere notato da molti ma per le proprie emerite cagate!
Non parlo di me sul blog perchè non lo ritengo necessario. Non ho bisogno di approvazione di altri.
Non metto le mie foto perchè non sono figa. E perchè so che la mia faccia non piacerebbe a molti, visto i gusti che circolano in fatto di donne.
E scrivo quello che mi pare, e non pretendo commenti.
Questo è tutto. Chi ha qualcosa da dire, lo faccia pure.
Alla prossima.

Sunday 13 May 2007

BELLA LA PELLICCIA!


Se devo essere onesta, ho sempre provato un certo ribrezzo per le pellicce. Anche quando ero molto piccola, il fatto di vedere quel pelo morto, disteso come un trofeo di guerra, sul letto di mia nonna mi riempiva il cuore di terrore. E più mi ripetevo "è solo una pelliccia, non può farti niente" più provavo ripudio.
Nel 1991 mia madre si comprò l'agognata pelliccia. Volpe argentata. Una meraviglia. Morbida al tatto. Ma il fatto di aver più di 20 animali morti in casa mi faceva stare male.
Poi sono cresciuta e quando ho capito finalmente il ribrezzo e il terrore si sono trasformati in rifiuto totale. E ho seguito la linea di mia zia, che si è sempre opposta alle pellicce.
Mi è capitato spesso di vedere dei ragazzi, in Piazza Duomo, mostrare le foto raccapriccianti di visoni squoiati e facendo propaganda contro le pellicce. E seppur fossi d'accordo con loro, ho sempre notato con estremo dispiacere che la gente se ne fotteva allegramente i maroni!
Adesso la domanda da porsi è la seguente: ma per quale motivo? Perchè uccidere migliaia di visoni, volpi argentate, zibellini solo per vanità? Perchè è semplicemente pura vanità! Quando a volte chiedo a mia madre "ma per quale motivo la indossi?" lei risponde laconica "perchè mi scalda!". Ma non scalda meglio un bel piumino, o un bel cappotto di lana? Almeno le oche le ammazzano per mangiarle! E le piume sono un caldo optional per confezionare giacconi invernali! (sul modo orrendo in cui nutrono le oche per fare il paté se ne parlerà in un altro post!).
La sensibilizzazione giovanile, almeno fino a poco tempo fa, mi sembrava sufficiente. Poi ho visto giovani donne di trenta, trentacinque anni andare in giro con le pellicce. Li mi sono cascate le braccia. Si, ok, erano saronnesi, e i saronnesi sono i più ganassa e scoreggioni di nord Milano. Ma...
Un bel RESET a questo punto lo scrivo anche per questo argomento. E inoltre, vorrei mostrare queste immagini:
questo è un visone. Famiglia dei mustelidi. In breve, un cugino del tenerissimo e simpaticissimo furetto.
Questa invece è una volpe argentata, tipica delle zone polari.
Quando mia madre ha visto questi animaletti ha esclamato: "ma che bei musetti!". Bei musetti, vero? Riempiono il cuore di tenerezza, giusto? E allora perchè li indossi? Non pensi alle loro sofferenze? Beh, in effetti le loro gabbie non sono proprio camere d'hotel a cinque stelle.
Mi verrebbe quasi voglia di proporre una cosa: adotta un visone. Lo compri (vivo!) e lo fai crescere, come un animale domestico. Essendo dei "bei musetti" sicuramente attirerebbero molto la gente. Forse, e dico forse, sarebbe un modo per sensibilizzare e salvare loro la vita.
Alla prossima

P.S. Ringrazio molto Mony 76 per avermi dato l'idea! Il suo post:
  • stop al massacro
  • Saturday 12 May 2007

    MALEDETTA INSONNIA!


    Una volta era il sonno beato dell'infanzia, popolato di bellissimi sogni o di terrificanti incubi (per l'epoca, l'uomo nero e i compiti in classe di matematica).
    Ora è l'insonnia, il grande (e purtroppo reale) mostro nero della notte.
    Mi prende alla sprovvista, tra le tre e le quattro di mattina, e si diverte a tormentarmi fino almeno alle sette otto del dì seguente. Allora le palpebre cadono e l'unica cosa che vuoi è un sonno tranquillo. MA NO! Ed ecco che attorno alle nove, se non sono ancor levata, entra sprombatuto in camera mia madre, spalanca le ante e gracchia "Chi dorme non piglia pesci!" Quel giro funesto, che riesce pure a dormire seduta sulla tazza, che stamattina avrei voluto strangolare! Se stamattina farà la stessa cosa io dirò: "Sono stata sveglia tutta la notte! Ho fatto buona pesca! Adesso, se non ti dispiace, lasciami dormire!". Mi domando se mai capirà la mia battuta.
    Nelle lunghe ore insonni qualcosa devi pur fare, oppure impazzisci. E dopo un primo momento di vana speranza, nel quale penso a qualsiasi cosa che possa assopirmi, sopraggiunge poi la rabbia iraconda e alla fine la rassegnazione. E allora faccio un pò di cose. Guardo la tv, studio, ecc... Stamattina ho corretto ancora la mia tesi. Se lo avessi avuto, avrei allestito il presepe per poi distruggerlo al suono di "porco..." alla Germano Mosconi.
    Nessuno con cui chiacchierare tutti dormono beati. Canaglie! Il sonno si è dimenticato di me!
    Alla prossima! (spero non notturna o pre mattutina).

    P.S. Magari, per deprimermi, canto le Laudi, insieme ai monaci benedettini.
    P.PS. Essendo molto bastarda stamattina, ho deciso di postare un bel video: bestemmie a go-go di Germano Mosconi, naturalmente a suon di musica. Per chi fosse sensibile alle bestemmie, o troppo credente per sentire pronunciare il nome di dio invano, ne sconsiglio la visione.


    Friday 11 May 2007

    LA LEGGENDA DEL "SANTO" STUPRATORE - elogio dell'ipocrisia


    Per fortuna, almeno per chi mi circonda, ultimamente sono troppo impegnata per deliri di questo genere. Infatti questo, decisamente allucianto, risale ad almeno due anni fa...bei tempi quando la laurea era ancora lontana e non dovevo pensare al lavoro!

    Il signor Lucas andava sempre in chiesa e faceva beneficenza. Il signor Lucas aveva sostenuto la costruzione di una nuova casa di riposo per persone povere e sole. Il signor Lucas aveva aiutato tanti giovani ad uscire dal tunnel della droga. Il signor Lucas aveva salvato delle prostitute minorenni dalle “grinfie” del loro sfruttatore. In poche parole, il signor Lucas era una specie di santo, di eroe del quartiere. E tutti lo rispettavano e lo ammiravano. Tutti gli volevano bene, specialmente i bambini, verso i quali nutriva un affetto smodato. Questo era il signor Lucas, come tutti lo conoscevano. Persone così, inutile dirlo, sono rare.

    Mary aveva quindici anni quando scoprì una realtà completamente differente. E ne divenne, senza volerlo, vittima.

    Il signor Lucas era un fotografo amatore. Che bei paesaggi immortalava! Perché era un grande viaggiatore. E nei suoi pellegrinaggi niente sfuggiva al suo obiettivo. Tutti avevano ammirato le sue foto. Le aveva appese nella sua parrocchia, e molte donne con il rosario in mano ne avevano lodato la perfezione, lodando dio per avergli dato quel dono. Dio era buono e misericordioso. Tutti si dovevano sottomettere a lui.

    Il signor Lucas stava partendo per un lavoro urgente. Una missione in Africa, nelle zone devastate dalla guerra e dalla fame, per salvare le donne dalle grinfie dei ribelli stupratori (parole sue!). Lontano dal suo amato quartiere per mesi, senza vedere la gente che più amava. Per questo aveva deciso di fotografare tutti i bambini e i ragazzini del quartiere. Perché li amava più della sua stessa vita, e fotografandoli li avrebbe sentiti meno lontani. E con loro avrebbe portato gioia ad altri bambini meno fortunati.

    Quel giorno Mary era andata nel suo studio a farsi fotografare, come tutti. Che pensava lei di Lucas? Quando aveva dodici anni lo ammirava. Anche lei era corsa a farsi abbracciare da lui. Lo vedeva come il dio in terra. Arrivò quasi a sostituirlo al dio misericordioso che le avevano sempre insegnato ad amare e temere, fino alla più totale sottomissione. Ma lei credeva in dio e sapeva che era onnipotente, e non poteva essere il signor Lucas. Si era poi convinta, per un breve periodo, egli fosse la reincarnazione di un angelo o di un santo.

    Crescendo la sua opinione era cambiata. Non facile da spiegare. Aveva avuto l’impressione che si nascondesse qualcosa dietro il viso bonario di quel cinquantenne tanto devoto. Non riusciva a capire cosa, e per questo le faceva paura. Non osava più guardarlo in faccia. E quando lui le chiedeva che cosa avesse, lei rispondeva in modo evasivo. Ma sentiva i suoi occhi che la scrutavano, la spogliavano, la penetravano con estremo e morboso interesse.

    Arrivata nello studio, il signor Lucas la fa sedere su una panca di legno. Il suo studio è piccolo, buio, malsano. Spaventoso. Lei indossa la sua divisa scolastica, perché lui la vuole fotografare così. Lei frequenta una scuola di suore e non conosce niente del mondo. Non si rende conto di quanto stia diventando bella, di come il suo corpo si stia trasformando lentamente in quello di una donna estremamente avvenente. Il suo viso è pallido, quasi troppo fanciullesco per i suoi quindici anni. E quel pallore cinereo che la rende tanto speciale e tanto attraente!

    Non se ne rende conto. È pura come un giglio. Vergine come Maria. Un corpo mai toccato da mano maschile. Qualche volta sfiorato con mani tremanti, che passavano sui seni e sul basso ventre. Un piacere di cui poi si vergogna a tal punto che non riesce nemmeno a pensarci. Mi donerò per amore, pensa sempre. A mio marito. Dio sia lodato.

    Click, click, click…una, due, tre foto. Click, click, click. Lucas si ferma e la guarda. In modo strano. Come descriverlo? Perverso? Osceno? Lussurioso? E che ne sa Mary? Lei ha quindici anni. Frequenta una scuola di suore. Non ha mai avuto un ragazzo. È pura come la Vergine.

    Il signor Lucas posa la macchina fotografica e si avvicina. Le dice che è diventata proprio una bella ragazzina. Un complimento? Non sa che rispondere. Ma ha paura. Poi il signor Lucas le sfiora una guancia, e lei comincia a tremare. Poi il signor Lucas le accarezza un braccio, e lei trema più forte. Infine le solleva la gonna e le accarezza la gamba. Mary è terrorizzata, si alza dalla sedia e corre verso la porta. Scappare, scappare. E non tornare mai più.

    Lucas non è certo uno che si fa sfuggire le occasioni. La prende, la sbatte contro il muro. Le apre la camicia della divisa e la tocca. Lei urla. Lui la zittisce dolcemente, i suo modi sono blasfemi.

    - Su non urlare uccellino mio- dice con dolcezza.

    Non mi piace, non mi piace! Non voglio non voglio!, pensa.

    - La prego, mi lasci!-

    - Buona percorella mia! Sei bella e dolce. Sei il ritratto di Maria in terra. Altro che creatura immonda! Tu sei la santità in persona! Ed è giusto far propria la santità!-

    Non ci vuole una grande esperienza per capire che quelle parole sono prive di senso.

    Mary è spaventata. Non sa più cosa fare.

    La porta sul retro. Vi è un letto li dietro. Spoglio, senza cuscino. La fa sdraiare e le toglie le mutandine. Mary chiude gli occhi e non vede cosa lui estrae dalla sua patta. Ma lo sente, doloroso, feroce. Avanti e indietro, prima piano, poi più rapido. Si morde il labbro. Fa male, fa male. Sente il respiro di quel mostro accelerare. Poi un mugolio. Infine si sente invasa da qualcosa di caldo che le cola lungo le gambe.

    Tutto finisce in fretta. Quando riapre gli occhi vede Lucas davanti a lei. Inespressivo. Le sue mutandine sono per terra. Solleva la gonna e si guarda. Un liquido biancastro giace in mezzo alle sue gambe, venato di sangue. Sente dolore in mezzo alle gambe, un dolore che non ha mai provato.

    - Non volevo- dice lui – ma non ho potuto evitarlo: lo capisci questo? Tu mi hai tentato, ed io sono solo un uomo-

    – Ma…non…io…che cosa ho fatto?-.

    Lui la guarda inespressivo.

    - Vuoi negare l’evidenza? La tua bellezza dannazione. Il tuo peccato così terribile. Non è colpa mia. L’uomo non ha colpa se la bellezza demoniaca femminile lo seduce e lo spinge alla fornicazione. È solo colpa della bellezza femminile. Tu, femmina bellissima, mi hai sedotto! Ed era anche tu sei impura!-

    Rabbia. Mary è sconvolta. Umiliazione. Mary è umiliata. È “sporca”. Cosa dirà alla mamma? E il prete, quando la confesserà? Cosa penserà di quella perversione che la macchia così nel profondo?

    Scappa fuori dallo studio e sua madre l’aspetta in macchina. Non può dirle una cosa simile. Lei ne rimarrebbe sconvolta. Perché lei è troppo religiosa. Bacchettona, diciamo. E se sapesse una cosa così…che vergogna, che vergogna!

    Sale in macchina. Il sangue non esce più, ma ha sporcato le mutandine. Dirà che le venuto il ciclo.

    Passa la notte in preda ad un delirio assurdo. Colpevole, colpevole, colpevole. Dio la punisce per i suoi peccati, perché è bella ed empia. Ma dio può essere tanto crudele da punire quello che lui stesso ha dato? Può dio considerarla empia solo perché la sua bellezza ha mandato fuori di testa un uomo?

    In una notte Mary smette di credere in dio e nella chiesa. Ed è talmente disperata perché non sa più cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ha perso la sua identità, come il coraggio di aprire bocca.

    La domenica è il giorno della messa. Aveva paura ad andare in chiesa. Aveva paura che quelle mura la rigettassero. Per due motivi: aveva osato sfidare dio smettendo di credere in lui. Ma soprattutto perché quella sporcizia la insozzava ancora, e non se ne voleva andare.

    Taciturna e a testa bassa, Mary entra in chiesa. Nessuno sospetta di quello che le è successo. Si siede su una panca, ed aspetta. La gente le passa accanto, ma lei non vede nessuno. Pensa, riflette, rimugina. Devo parlare. Devo denunciarlo. Mi crederanno se lo denuncio. Ho le prove. Lui ha sbagliato e la legge punisce la gente come lui. E intanto pensa a come dirlo a sua mamma, e poi alla polizia.

    La messa inizia. Lunga, noiosa. Mary è distratta. Pensierosa. Triste. Andare in chiesa è infule, pensa. Perché se Dio fosse esistito mi avrebbe evitato questa violenza e questa umiliazione.

    Lucas farà un discorso. È il suo ultimo giorno a casa. Mary spera che lui non torni più. Che l’aereo precipiti e che lui muoia. Che i guerriglieri lo sgozzino. Che la lebbra lo sfiguri. Che la sua famiglia soffra. Mary, adesso, odia Lucas.

    Lucas sale sul pulpito. Guarda tutti con occhio compassionevole. Lo sguardo si sofferma per un istante su lei, Mary, la sua “tentatrice”. I suoi occhi vogliono dire “sporca tentatrice”. Lei trema.

    “Cari amici, sono qui per ringraziarvi. Per la vostra amicizia, per la vostra solidarietà, per il vostro buon cuore. Mi avete confortato con le vostre offerte, e sono sicuro che conforteranno chi, a differenza di noi, non sa a che santo votarsi”.

    Ti darebbero ancora tutto questo amore, tutta questa solidarietà, se sapessero che razza di persona sei?, pensa Mary. E poi capisce che, forse, la verità sarebbe troppo dura e rischierebbe di fare danni enormi. Meglio una bugia avvolgente e calda che una verità fredda e dolorosa.

    Lucas continua:

    “Voi sapete meglio di me come sia la situazione in Africa. Perché in Africa, ogni ora, muoiono migliaia di persone. Ma in Africa, ogni ora, nascono anche migliaia di persone. E per loro la vita è già segnata. Mi riferisco ai bambini che sono costretti a combattere senza sapere nemmeno quello che stanno facendo. A togliere la vita, quando invece dovrebbero amarla. Ma, sopra ogni cosa, mi riferisco alle bambine, sfruttate, mutilate, violentate, costrette al mestiere più degradante: la prostituzione. Infanzia violata, infanzia devastata”

    Lucas si fa più enfatico, alza la voce, alza una mano:

    “E’ contro di loro che io punto il dito! Contro di loro che la mia ira è diretta! Ed io gli chiederei, se fossero qui, davanti a me: ma non hai una coscienza? Non pensi alla povera ragazzina violata nel fisico e nella mente, che porterà per sempre i segni di questa violenza? Odiata e disprezzata, perché sporca? Ed ecco, io ho schifo di quegli uomini. Perché non meritano la mia comprensione, ne la mia pietà. E mi riferisco a tutti gli uomini che compiono atti tanto empi, sia in Africa che da noi. Perché anche se sono cristiani, non meritano la mia comprensione. E nemmeno la vostra!”.

    Scroscio di applausi. Le donne si alzano in piedi. E gridano “bravo”, lo lodano, gli danno del “sant’uomo”

    Sua madre è commossa. Mary vede i suoi umidi di lacrime ipocrite. Poi si rivolge a lei e le dice:

    “Spero che un giorno tu possa trovare un uomo come Lucas!”.

    Mary sente che le manca l’aria. E le facce di quelle persone diventano maschere orribili e contorte. Tutto cambia colore, forma. Le sembra di essere finita nell’inferno. Si sente mancare, le gira la testa.

    Esce di corsa, sotto gli occhi attoniti di tutti e sotto lo sguardo fiero di Lucas.

    L’aria fredda nei polmoni. Mary respira profondamente, perché le gira la testa. Fa qualche passo in avanti, poi si volta. Guarda la chiesa. È stata da poco affrescata. Il 50% dei soldi li ha donati Lucas.

    Comincia a ridere. Non sarebbe più entrata in quella chiesa. Poi ripensa alle parole di Lucas, alla loro potenza espressiva. Erano così credibili, che nessuno avrebbe il coraggio di metterle in dubbio.

    Ripensa a pochi giorni prima, a ciò che ha fatto. La stessa cosa l’ha condannata poco prima.

    Ride ancora. Ride forte, si sganascia dalle risate. Sembra una pazza. Ride di Lucas, di lei, del mondo.

    Mary smette di ridere e si siede su un gradino della chiesa. Si guarda in giro. Perché è tutto offuscato? No, sono i suoi occhi che sono bagnati di lacrime. Piange. Speranze infrante. Può forse parlare, dopo quello che lui ha appena detto? Chi le crederebbe? Può essere stato uno dei tuoi amichetti, avrebbero potuto dire. E poi sarebbe stata vista come una piccola Lolita ipocrita che vuole gettare fango sulla brava gente. Una piccola puttanella che si fa scopare da ogni sorta di maschio e insulta un sant’uomo.

    Mary si alza dal gradino perché è freddo. Si asciuga gli occhi. Si ferma di fronte alla porta della chiesa. Afferra la maniglia, fredda. Come il gradino. Come il cuore della gente per bene.

    Tornerà a casa. Non se la sente di entrare in chiesa. Troverà una scusa per sua mamma. Le dirà che si è sentita male.

    Torna a casa. Si sente debole. Si rende conto che il mondo è fatto di maschere belle e luminose, che nascondono orribili teschi sfigurati. Forse anche lei dovrebbe costruirsi una maschera. Si, la costruirà. E sarà più bella di tutte le altre. Mentre al di sotto il suo viso lentamente imputridirà.

    Prima di tornare a casa, si volta. Dietro di lei, un buco nero. Si fa inghiottire, senza reagire.

    La piccola Mary, pura come un giglio, non esiste più.


    alla prossima (forse :-p)