Un racconto privo di data. Un racconto breve, una specie di "esercizio di scrittura" o anche una prova sperimentale. L'ho letto e l'ho trovato...no, non dico niente. Ogni volta che parlo di ciò che scrivo finisco inevitabilmente per svilirmi. Quindi lascio la parola agli avventori di questo blog (niente macchie di uovo sulla carrozzeria o arrapare tredicenni please. Essì, sembra che alcune chiavi di accesso ai motori di ricerca per arrivare sul bloggazzo mio fossero queste :-p).
Sulla sua scrivania in mogano ci sono cinque coltelli. Lui li osserva con intensa passione e soddisfazione. Li accarezza con i polpastrelli delle dita, ne saggia la lama lucente e tagliente. Si sente un vincitore, perché oramai non ha più rivali. Quei coltelli sono le sue “bandierine”, con cui delineerà i suoi territori, così vasti eppure tutti sotto le sue grandi mani.
Si benda gli occhi. È più divertente così. Con la mano destra afferra il primo coltello, con la mano sinistra gira il mappamondo. Spera solo di non conficcarlo nella zona oceanica, altrimenti dovrà ripetere il giro.
Il mappamondo gira. Lui, con il sorriso sulle labbra, pianta il primo coltello. Si conficca nel centro, su un continente enorme. Un continente ricco di minerali, di flora e di fauna. Un continente che, se solo potesse, potrebbe diventare ricco. Ma lui non vuole. Quella gente gli serve. Sarà artefice della diffusione dell’aids, non mandando medicinali. Farà si che si ammazzino tra di loro, vendendo loro armi. Farà “importare” le loro belle e giunoniche donne, così potrà dire che le donne negre sono tutte delle grandissime puttane. Lascerà la popolazione a se stessa e si prenderà tutto il materiale.
- Io dovrei promuovere l’istruzione? E poi come gli vendo le armi? E perchè dovrei impegnarmi per la prevenzione sessuale? Dopo a chi venderò preservativi fallati? E perché dovrei far si che si diffonda l’emancipazione tra le donne? E dopo che faccio se non ho più la scusa dello sfruttamento delle donne negre per aizzare le femministe? Ma siamo diventati matti? Non se ne parla nemmeno!-
E continua, passeggiando su e giù per lo studio.
- Però posso fare costruire più ospedali e mandare laggiù dei medici di mia fiducia. Così potrò sperimentare i farmaci e avrò pure una copertura-.
Ride. Ha grandi progetti per quel continente. Africa.
Il coltello conficcato sull’Africa diventa rosso sangue. Il sangue cola sul pavimento. Lui si sposta per evitare che le sue belle scarpe di pelle cucite a mano dai bambini dell’India non si macchino.
Adesso si gira di spalle. Farà il tiro al bersaglio.
Afferra il secondo coltello, ne accarezza la lama, bacia il manico. Si fa il segno della croce e prega perché dio lo aiuti a mirare il bersaglio. Sa che dio lo ascolterà, perché dio è giusto e sta dalla parte delle brave e oneste persone come lui, che fanno solo il bene dell’umanità.
Lancia il coltello. Sente il rumore della lama che si conficca da qualche parte. Con il cuore in gola si volta. Sull’Asia. O meglio, sull’Iraq. Si, dio lo ha ascoltato. Non poteva andargli meglio.
- Ho grandi progetti per questo posto – dice felice. – Sono degli incivili. Vendono le donne, si sposano con bambine di sei anni e praticano lo stupro sulle neonate. O almeno, questo è quello che ho detto io su di loro. In realtà sono un popolo evoluto, civile e con una cultura millenaria migliore della nostra. -
Pesta i piedi come un bambino. Si accorge di aver calpestato la pozza di sangue, impreca e si pulisce le scarpe sullo zerbino cucito a mano dai bambini del Bangladesh.
- Una cultura migliore della nostra! Nessuno ha una cultura migliore di quella del mio paese! Nessuno! E poi sono troppo ricchi. Nessuno può essere più ricco del mio paese. Ho grandi progetti per loro. Esporterò la mia democrazia. La mia cultura. Strapperò il velo alle donne. Le “emanciperò”. Si, li farò diventare come me. Saranno tutti amici miei e così la mia gente non avrà più paura del terrorismo (che alla fine è una mia invenzione ma a fin di bene). E chi si opporrà ne pagherà le conseguenze! Del resto è per il loro bene! -
Si sofferma davanti al mappamondo. Sfiora con le dita la riproduzione in scala della catena dell’Himalaya, il deserto del Gobi, la penisola indiana.
- Si, lo faccio per il loro bene! Sono incivili. Torturano gli innocenti in modo orrendo (pure noi a G., ma è per una giusta causa), stuprano le donne e…- non gli vengono in mente altre minchiate.
Ride felice. Il pugnale diventa incandescente, poi prende fuoco. Una puzza di carne bruciata invade lo studio. Lui storce il naso, apre la finestra. Non vuole che la sua bella giacca cucita a mano dai bambini cinesi si impregni di quell’odoraccio.
Ha ancora tre coltelli. Dove metterli? Egli se li rigira tra le mani, senza scopo. Ma devono pur servire a qualcosa! No, i suoi preziosissimi coltelli non possono rimanere inutilizzati. E lui è troppo intelligente per aver sbagliato il calcolo.
Cammina avanti e indietro. Pensa. Accende
Egli prende uno dei coltelli e lo conficca al centro di un continente relativamente piccolo, ma ricco. Le sue lingue sono tantissime, la sua economia a volte in stallo, a volte in ascesa, ma comunque florida. Esistono grandi differenze tra i paesi. Alcuni sono più acculturati e avanzati, altri più arretrati. Un paese in particolare è dominato da un omino intelligente ma succube del suo estro, un suo grande amico. Infatti il paese è molto simile al suo grande stato: ignorante, arrogante, cafone, semi-libero. Un suo grande alleato. L’Europa
- Europa – dice con le lacrime agli occhi. – Tu mi fai felice. Perché sai che è tutto merito del mio grande paese se sei quello che sei. E tu sei brava, Europa mia, e fai quello che ti dico io. Mi sei riconoscente. Sei amica mia e farai quello che ti ordinerò-
Stampa un grosso bacio sull’Italia. – Ti voglio bene!-
E’ un continente forte. Con grosse possibilità. Ma lui non si preoccupa. Sono amici suoi. E la minaccia costante del terrorismo fa si che gli quegli stati così uniti ma al contempo così divisi pendano dalle sue labbra.
Il coltello conficcato in Europa diventa rosa carne. Dopo poco la carne comincia a marcire. Vermi bianchi cominciano a strisciare ai suoi piedi. Uno entra nella scarpa. Lui urla, si toglie la scarpa e getta via il verme. Non deve rovinare i suoi preziosissimi calzini cuciti a mano dai bambini tailandesi.
Eh ma rimangono due coltelli. E vabbé anche lui sbaglia. Uno lo chiude a chiave nel primo cassetto della sua scrivania. L’altro…se lo rigira tra le mani e non sa che farsene. No, deve metterlo da qualche parte. Non vuole chiudere anche quello nel cassetto.
Si affaccia alla finestra del suo ufficio. La bandiera del suo paese sventola allegra davanti ai suoi occhi. Il suo cane pascola felice nel giardino. La gente passa davanti al cancello della sua casa, facendo l’inchino. Guardano tutti con deferenza quel regno inviolato e perfetto nel qualche loro non sono ammessi. Loro, i sudditi, devono solo rispetto.
Egli ora sa dove conficcare l’ultimo coltello.
Fa girare il mappamondo poi lo ferma con il dito indice della mano destra. Questo mostra un grande continente, ma solo uno stato in quel grande continente ha valore per lui. È un gruppo di stati. Alcuni hanno leggi diverse da altri. La costituzione è però uguale per tutti. Egli è il re di questo enorme stato.
Spinge l’ultima lama nel cuore del suo stato. Ha grandi progetti per lui. Già vede palazzi distrutti, gente disperata che reclama cibo e aiuto. Pezzenti per le strade, violenze, massacri, rapine, disperazione. E lui, vestito di bianco quasi fosse dio, che cammina su teschi bianchi che ghignano sinistramente, e ride: ha vinto. Ma è colpa dei terroristi, non sua! L’aquila, ferita, si accascia ai suoi piedi. L’animale simbolo dei più illuminati ideali mai creati dall’uomo, muore affogata nel suo stesso sangue.
Il coltello esplode, scaricando sulla sua faccia litri di sangue caldo. Urla per il dolore, anche se quel sangue non può seriamente ferirlo. Urla perché il suo bel vestito cucito a mano dai bambini indiani è rovinato.
- Maledizione! Dopo tutte le piccole schiene che sono state frustrate per questo vestito! È da buttare via! Questo è ingiusto!-
Il fiume di sangue scorre intanto per tutto lo studio. Il livello sale, ha già raggiunto la scrivania.
Lui esce dallo studio, mentre il sangue lo allaga fino al tetto, e scheletri con carni a brandelli nuotano in quel liquido. Scheletri di donne, uomini, bambini. I loro occhi, guardano la porta, sembra vedano oltre, a quell’uomo. E le labbra scheletriche sussurrano maledizioni in tutte le lingue.
Lui sospira. – Vabbé, lo farò rifare. Così almeno non posso dire di non aver favorito il lavoro-
Ride. Crede che andrà a farsi una doccia.
2 comments:
Mi è piaciuto veramente il tuo racconto. Fa riflettere..
Sarà un caso che lo hai trovato il giorno prima di una data importante.
Ecco... questo racconto è perfetto per spiegarti quello che intendevo dire in merito ad "Un uomo senza importanza". Anche in questo racconto tutto ciò che viene richiamato è estremizzato al massimo, alla soglia dello stereotipo, ma nel contesto (metaforico fra l'altro) del racconto non stona assolutamente né appesantisce la lettura perché comunque si arriva ad avere una fine ed un messaggio.
In "Un uomo senza importanza" non abbiamo ancora avuto fisicamente la possibilità di cogliere il messaggio dietro al racconto (fatta eccezione per una serie di denunce sociali) perché il racconto è appena iniziato! :D Quando sarà all'ultimo capitolo, sono certo che tutto emergerà con chiarezza... quindi continua a pubblicarlo, per favore! ;)
In merito a questo racconto che dire? Molto evocativo, molto metaforico... e come dice DuHangst è una coincidenza interessante che sia emerso proprio come preludio di questa data! :D
L'ennesima conferma della tua bravura nello scrivere! :)
Post a Comment