Onestamente ci ho pensato su un pò prima di pubblicare ancora capitoli. Non so, mi sembra un qualcosa di estremamente banale e poi mi sembrava di auto-celebrarmi, cosa che ho sempre detestato. Ho visto che alcune persone apprezzano quello che scrivo, alla fine.
Comunque, basta chiacchiere ed ecco il post:
Durante le vacanze di Natale Angelo aveva quindi deciso di fare qualcosa. Un qualcosa non sempre moralmente corretto, ma che sapeva lo avrebbe fatto sentire meglio.
Aveva passato alcune notti con donne tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. Erano state notti infuocate e indimenticabili. Aveva fatto cose che non avrebbe mai pensato di fare. Eppure non era bastato. Insomma, prima si sentiva “figo” per molto meno. Adesso invece…si sentiva solo un deficiente, un maschilista, un frustrato. Allora si sedeva sul suo letto, guardava il mondo che stava fuori dalla finestra e pensava. Si, sto sbagliando. Non sono mica perfetto! Ma cosa stava sbagliando?
Aveva pensato molto di più di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua vita. Aveva addirittura chiesto consiglio a sua sorella. Lui, che chiedeva consiglio ad una donna. E per giunta a sua sorella, che considerava meno delle formiche sul terrazzo. Ma lei non conosceva i fatti e non aveva potuto aiutarlo. Lo aveva liquidato con una risposta sommaria priva di valore. Allora aveva passato notti insonni nel tentativo di cercare il fallo. Ma aveva solo trovato, per pochissime volte, il fallo che aveva in mezzo alle gambe. Anche quell’attività gli sembrava inutile e indigesta. Un’attività da perdente cronico.
La notte di Capodanno si sentiva particolarmente giù di morale. Forse perché tutti i suoi amici erano in vacanza (e naturalmente non lo avevano invitato), i suoi genitori erano andati ad un veglione “per vecchi”, sua sorella era in montagna con il suo “boyfriend” e lui era a casa da solo. Era talmente solo che aveva deciso di fare una cosa che si era ripromesso di non fare più, dopo l’umiliazione subita con Omphale: andare a puttane.
Capodanno viene una volta sola, aveva detto ad alta voce. Meglio mandare l’avarizia in vacanza. Aveva quindi prelevato 150 euro dal suo “salvadanaio” e si era preparato a passare una notte indimenticabile.
Era andato sulla solita statale. Aveva saputo da Patrizio che erano arrivate delle ragazze nuove. Delle nigeriane molto giovani e molto belle. Dopo la cantonata presa con Omphale non credeva più a quello che lui gli diceva. Ma quando si era trovato davanti quelle bellissime ragazze, con una pelle che sembrava ebano e i denti bianchissimi, la sua stima per Patrizio era rinata. Aveva cominciato ad emettere sibili serpici osceni e provocatori. Aveva cominciato a dire volgarità senza limiti. Per un attimo si era dimenticato
40 euro l’una. Un prezzo ottimo. Decise di “prenotarne” quattro e di passare con loro un intermezzo di follia.
Le aveva caricate in macchina ed erano andati in un posto appartato. Aveva fatto una specie di “ammucchiata” con tre di loro, che aveva avuto una durata record: trenta minuti. Le aveva penetrate tutte con violenza, emettendo fonemi osceni e inarticolati, senza curarsi della loro immobilità e dei loro tremiti di paura e di dolore.
Tutte, tranne una. La quarta, una ragazzina magrolina e con gli occhi tristi, era rimasta fuori. Non voleva partecipare al gioco. Angelo non se l’era sentita di insistere.
Le tre nigeriane, tutte minorenni, si erano rivestite subito e se ne erano andate, con la testa bassa. Angelo aveva pagato anche la quarta, e non aveva intenzione di lasciarsela scappare.
- Ehi tu, cosa, monta in macchina!- aveva urlato sprezzante. La sua stima in quel momento era ritornata e si sentiva l’uomo più virile del mondo. – Ho pagato anche per te e non ho intenzione di perderci i soldi-.
Si era aspettato che lei, docile, entrasse in macchina, si spogliasse e facesse come le altre: un corpo di ebano immobile tremante di dolore.
Niente di tutto ciò.
La ragazza si era voltata e l’aveva guardato con due occhi di fuoco. Angelo si era sentito pietrificato. Mai in vita sua aveva visto tanto disprezzo negli occhi di una donna.
- Eh già, ha pagato anche per il quarto oggettino e non vuoi certo perderlo!-
Angelo era rimasto a bocca aperta. Per due motivi: era la prima volta che sentiva una prostituta parlare italiano così bene. Secondo, quella frase. Era profonda, degna di un essere pensante. In quel momento un’enorme vergogna era calata su di lui come un manto di cemento armato: non aveva mai considerato le prostitute come esseri pensanti. Erano bastati pochi secondi e quella frase per sentirsi frullato dentro. Si era sentito colpevole di qualcosa che nemmeno lui conosceva.
Si era rivestito ed aveva convito la ragazza a salire in macchina. Lei si era seduta a gambe incrociate, con gli occhi fuori dal finestrino. Angelo l’aveva osservata ed aveva notato che era di una bellezza rara per una ragazza così giovane. Eppure, se solo pochi secondi prima era pronto a giocarci come si fa con un giocattolo nuovo di zecca, adesso aveva addirittura paura ad aprire bocca.
- Dove hai imparato a parlare così bene?-
- Andavo in una scuola gestita da suore italiane. Ero una ragazza rispettabile io!-
- Poi che è successo?-
- I miei genitori mi avevano detto che non dovevo fidarmi di quell’uomo. Ma io lo amavo così tanto. Sono fuggita con lui qui, pensando in una vita migliore. Ecco la mia vita migliore!-
- Non sapevo!- aveva detto.
E che poteva dire d’altro?
Avevano parlato di tutto e di niente per qualche minuto. Non era una persona che amava parlare, lei. E lui non sapeva proprio che dire.
L’aveva fatta scendere dalla macchina e le aveva messo in borsa venti euro in più. Voleva fare un’azione buona. Lei li aveva presi e glieli aveva gettati in faccia.
- Non voglio la tua carità!-
Insieme ai venti euro gli aveva anche ridato gli altri. Li aveva gettati a terra. Erano caduti in una pozzanghera e si erano sporcati tutti. Angelo non aveva avuto il coraggio di toccarli. Sapeva che se li avesse toccati, quelli avrebbero potuto bruciargli l’anima.
Lo aveva lasciato in malo modo, lasciandolo preda di dubbi atroci.
Era tornato a casa. Nel frattempo era scoccata la mezzanotte. I fuochi rimbombavano da tutti le parti.
Si sentiva strano. Un vuoto dentro che non aveva mai provato. Si sentiva addirittura peggio di prima. Aveva voglia di piangere, di urlare. Di fermare la macchina, lasciarla lì, e correre. Lontano, dove nessuno lo avrebbe mai più trovato. Nessuno avrebbe mai più dovuto guardarlo in faccia. Suo padre, sua madre, sua sorella,
- Io faccio schifo e non valgo niente. – aveva detto a denti stretti.
Tornato a casa si era gettato sul letto e si era ripetuto per non si sa quanto tempo tutti gli appellativi più insultanti e osceni che conosceva.
Aveva passato l’ennesima notte insonne. Pensa, e pensa, e ripensa. Alla fine aveva deciso di aiutarla. Era ora di farla finita con questo suo modo egoistico di comportarsi. E poi, se l’avesse aiutata, avrebbe potuto raccontarlo alla Reiner. E lei sarebbe stata orgogliosa di lui. Ecco che cosa stava cercando! Si, aiutare quella prostituta nera lo avrebbe finalmente riabilitato.
Il giorno dopo si era ripresentato allo stesso posto. L’aveva cercata con lo sguardo, senza trovarla. Aveva visto una delle tre con cui aveva avuto l’incontro il giorno prima e l’aveva interrogata. Lei si era messa a piangere e gli aveva raccontato di come i suoi “padroni” l’avessero picchiata a sangue perché non aveva portato a casa abbastanza soldi.
- Tanto male – aveva detto la ragazza, piangendo. – forse non lavora più. Forse muore!-
Angelo aveva ascoltato il racconto, e si era sentito mancare la terra sotto i piedi. Per la prima volta in vita sua aveva provato una strana e sgradevole sensazione. Non sapeva dare una spiegazione a quello che provava, ne un nome. Era come se fosse stato sepolto vivo, senz’aria e nonostante ciò non riuscisse a morire. Era una sensazione bruttissima, e Angelo avrebbe dato volentieri anche la sua anima, pur di non soffrire più in quel modo.
Se avesse accettato i miei soldi forse adesso starebbe bene, aveva pensato. Poi si era reso conto che non sarebbero certo stati venti euro a fare la differenza.
Era tornato a casa a testa bassa. Senza dire una parola a nessuno, si era chiuso in camera sua ed aveva fatto un giuramento: mai più prostitute. Se poi ti “innamori” di una, aveva pensato cercando di trattenere le lacrime, soffri troppo.
Il giorno dopo aveva incontrato una sua ex amante. Erano andati a prendersi un caffé e poi si erano “accoppiati” a casa sua. Avevano provato tutte le posizioni. Alla fine era sfinito, ma si sentiva meglio. Aveva dimenticato la prostituta nigeriana dagli occhi di fuoco, i suoi problemi, i suoi difetti. Si sentiva di nuovo “figo”.
Tornato a casa, era ancora il solito Angelo.
Quando Angelo andava a scuola, il periodo della pagella era un incubo. Le sue non erano schede di valutazione, erano schedine. La pagella peggiore l’aveva presa in terza liceo. Quando l’aveva vista, suo padre aveva riso. Poi aveva detto: “se la gioco al totocalcio faccio sicuramente tredici!”. Non c’era certo da essere orgogliosi. Ma Angelo aveva all’epoca sedici anni. Era giovane, sempre eccitato, felice del mondo che lo circondava. L’amore era quello a cui puntava. Un amore fisico, totale, appagante su tutti i fronti. Della scuola non gliene fregava niente. Adesso, a trent’anni, darebbe qualsiasi cosa per tornare come allora, pur di riassaporare quel piacere sublime che la libertà adolescenziale gli aveva dato.
È l’insegnante della prima ora che distribuisce i “pesanti fardelli”. Angelo, quel giovedì, ha la prima ora nella sua classe “preferita”:
A malincuore si era sbarazzato dei soldi. Aveva finanziato un’associazione umanitaria (come si chiamava? Mah, pensa Angelo, sono tutte uguali) sostenuta anche dalla Reiner. Poi si era pavoneggiato davanti ai suoi occhi. Lei aveva sorriso e aveva detto: “Un’azione nobile. Ti avevo mal giudicato!”. Angelo si era sentito in paradiso.
Entra in classe e stranamente c’è un silenzio sepolcrale. Lo Smilzi non lo accoglie con il solito pernacchione. La De Luca sorride.
- Ecco le vostre pagelle- dice con calma.
In classe nessuno ha il coraggio di emettere un fiato.
Distribuisce la pagelle. I volti sono tirati. Alcuni scuotono la testa, altri sospirano, altri ancora sembra vogliano mettersi a piangere. Molti non usciranno per parecchi fine settimana, e Angelo non può che essere contento.
- Prof., io tre non me lo meritavo!- dice una studentessa. – Ho sempre studiato!-
- Se permetti, decido io cosa ti meriti. E sul fatto che tu abbia sempre studiato, beh, ho dei seri dubbi-
Quella non apre più bocca.
Finita la distribuzione Angelo apre il libro di matematica e comincia a leggerlo. Comincia la “spiegazione”.
- Noi abbiamo voti così bassi perché tu non spieghi niente!- lamenta lo Smilzi.
- Visto che sei tanto intelligente, vieni qui tu a spiegare. Forza!-
Lo Smilzi tace. Angelo sorride.
Poco dopo entra la preside per fare il solito discorso. Si congratula per i bei voti in altre materie e ammonisce la classe a studiare di più la matematica.
- Non è comunque una materia da sottovalutare, anche se non è di indirizzo- dice.
Angelo la osserva mentre parla. Lui non l’ascolta nemmeno. Potrebbe parlare del destino dell’istruzione nei prossimi vent’anni come dei risultati di calcio dell’ultimo anno. Angelo pensa ad altro. Alla Reiner, a come umiliare gli studenti, a tante cose. Ma del discorso della preside non gliene potrebbe importare un fico secco. Tanto, pensa, è rivolto agli studenti. Io sono il professore e in questa storia non c’entro.
Quando la preside finisce di parlare, Luca Smilzi si alza in piedi.
- Signora preside, se lei permette, vorrei dire due cose-
- Seduto tu!- urla Angelo, alzandosi di scatto dalla sedia.
- Professore lo faccia parlare.- dice la preside. – Il libero arbitrio non è valido solo per gli insegnanti-.
- Io non ho mai amato studiare. Preferivo andare in giro con il motorino a sgommare, a farmi le canne e a divertirmi con gli amici. Sono stato bocciato due volte, ho lavorato come muratore e ho visto quanto era faticoso. Ho capito che l’istruzione è molto importante e ho studiato tanto quest’anno. Ma se lei nota bene, quasi tutta la classe ha l’insufficienza grave in matematica. Forse non è colpa nostra ma di un professore che non spiega-.
Angelo diventa rosso.- Smilzi, tu…-
La preside alza la mano per zittirlo. - E’ vero?-
- Certo che è vero. Guardi gli esempi scritti alla lavagna: sono identici a quelli del libro-.
La preside non può fare a meno di constatare che lui ha ragione. Sospira.
– Va bene, vi lascio continuare la vostra lezione.-
Se ne va, guardando Angelo con aria sconsolata.
Lui però non si sente demoralizzato. E pensa che in fondo lui è ingegnere e l’insegnamento non fa per lui. Il suo futuro è un altro. Che non gli rompano le scatole!
Ha fatto carte false, ma alla fine ce l’ha fatta. Ha scavalcato il Galli e il Semeranza, diventando l’accompagnatore della sua classe “preferita”:
La sua mente galoppa. Si immagina un bel letto caldo dalle atmosfere orientali, Margherita sdraiata accanto a lui, nuda, mentre gli accarezza dolcemente il petto “virile”, sussurrandogli nelle orecchie parole infuocate. Poi lui, orgoglioso, mostrerà a lei il turgore del suo membro, e lei ne rimarrà estasiata.
La bolla di sogno esplode sempre quando suona la campanella, e lui deve avviarsi in classe.
Passa tutto il mese di febbraio a pensare alla gita e a parlarne in classe. Il programma non va avanti, gli studenti non si lamentano. Lo Smilzi non lo accoglie più con in soliti pernacchioni, ma con un “Ehilà, prof. Angelo!”.
È il periodo più bello della sua vita. Si sente finalmente bene. Non pensa più a quanto faccia schifo il suo lavoro e allo Scalzi, che ormai vede sempre meno. Pensa solo alla gita, all’Olanda, ad Amsterdam, alla Reiner. Sente che adesso ce la farà. Ha passato tutto il mese ad “istruirsi”. Non potrà ignorarlo questa volta. E non potrà dirgli di no quando finalmente si aprirà a lei. Si è pure imparato le parole a memoria, che ha letto su un libro d’amore di sua sorella. Quelle parole così sdolcinate, già lo sa, la faranno sciogliere.
Il giorno prima della partenza è nervosissimo. Si fa un paio di volte la doccia, continua a lavarsi le parti intime, a pettinarsi e provare nuove “acconciature”. Prepara con accuratezza maniacale i vestiti da indossare. Sceglie tutti abiti un po’ troppo leggeri per la stagione, visto che è la fine marzo e fa ancora un freddo cane. Ma sono abiti che mettono in evidenza il suo fisico statuario. Oddio, sta mettendo su un po’ di pancetta, ma non è niente di grave. Dovrà solo controllarsi di più e strafogarsi di meno.
Alle undici di sera la valigia è finalmente pronta: camicie che mettono in evidenza il “pelo” pettorale, pantaloni eleganti, scarpe di pelle, giacche casual, ecc. Da una controllata al pizzetto: con la forbice spunta quei due o tre pilucchi più lunghi. Poi si siede sul letto e pensa alla Reiner. Il suo cuore si mette a battere all’impazzata e la sua mente galoppa verso nuovi lidi. Certi pensieri poco puliti lo fanno sibilare. Potrebbe farsi da “solo” guardando film porno, bestemmiando e imprecando contro le “donnine”. Vi rinuncia. Deve dormire bene perché si deve alzare presto, il giorno dopo.
Dorme male tutta la notte. Fa sogni strani. Colori contorti, suoni freddi, immagini stonate. Si sveglia parecchie volte. Ha le palpitazioni. Suda copiosamente. Inizia a puzzare come una cernia ammuffita. Corre in bagno e si da una lavata veloce. Poi ritorna a letto e tenta disperatamente di dormire.
Non ci riesce. Si alza e guarda fuori dalla finestra. È ancora notte fonda. Sembra che il tempo si sia fermato, proprio adesso, che non vede l’ora che sia mattino. Quando invece deve andare a scuola, gli sembra invece che il tempo si metta a correre il doppio del normale. Il tempo passa troppo lentamente quando sai che il giorno dopo sarà speciale, pensa sospirando.
Guarda fuori dalla finestra. Quell’oscurità lo fa rabbrividire. Eppure non ha mai avuto paura del buio. Però…i rami rinsecchiti della quercia di fronte alla sua stanza gli paiono mani scheletriche pronte a rompere la finestra e ad afferrarlo per la gola.
Rabbrividisce di terrore.
- è colpa dell’agitazione – dice sottovoce.
Torna a letto. Sono le due e mezza. Si gira e rigira tra le lenzuola spiegazzate. Non riesce a prendere sonno.
Si addormenta finalmente, di un sonno pesante e senza incubi, verso le cinque del mattino.
Alle sei suona la sveglia. Angelo scatta in piedi. Si gratta la testa, il pizzetto e il petto, si veste di corsa, si da una lavata ai denti.
Alle sei e un quarto è già per strada. Si accorge che non ha indossato il calzino sinistro. Lo nota perché sente un leggero freschino al piede.
Sale di nuovo in camera, si mette il calzino, e si precipita di nuovo in strada. Mike dovrebbe arrivare da un momento all’altro. Lui è l’accompagnatore della III D. Margherita accompagna invece
Sono le sei e mezza e non si vede ancora niente. Poi sente il rombo di una macchina. Sembra che stia correndo un po’ troppo per quella straducola. Inchioda brutalmente davanti al suo cancello. Ma non è Mike. Non è un’Alfa Giulia quella. È una Ford, come dice lui, “tamarrata”. Doppio tubo di scarico e spoiler enorme sul lunotto posteriore. Ridendo, rientra nel suo cortile. Nel frattempo si chiede come una persona possa andare in giro con una macchina conciata in quel modo. E alle sei del mattino per giunta!
- Ehi Angelo, siamo qui!-
- Ciao Angelo!-
La voce di Margherita. Vuoi vedere che la macchina “tamarrata” è sua? E vuoi vedere che c’è lei al volante?
Eh si, c’è proprio lei al volante. Bella e sorridente come al solito. Ma guida una macchina. E questo esce dagli schemi.
Non sa se salire in macchina o farsi i dieci chilometri che lo separano dalla scuola tutti a piedi. E che non si fida di una donna al volante. Si sa, “donna al volante…” Ma se non salisse la offenderebbe. E questo non se lo può permettere.
Sale sul sedile posteriore. Si sente un po’ a disagio. Spera solo che lei non vada a sbattere contro un palo mentre cerca di mettersi il rossetto.
Ma Margherita non usa il rossetto. E alla fine non guida nemmeno male. Forse ha una guida troppo da rally. Tira le marce, frena un po’ troppo bruscamente, fa le curve al limite della tenuta di strada, ecc. Angelo sente che sta per vomitare l’impepata di cozze che ha indecentemente trangugiato la sera prima.
- Stai attenta! Non sei un pilota di formula uno!-
- Sta tranquillo, so quello che faccio!-
- Io non ho paura, ma penso che Angelo non stia molto bene!-
In effetti non è difficile notare il colorito verdognolo di Angelo.
Margherita si ferma bruscamente e si volta verso di lui.
- Tutto bene?-
- Certo…non…non preoccuparti!-
Involontariamente gli scappa un rutto al sapore di impepata di cozze.
- Lo so, la guida di Margherita è un po’ troppo sportiva a volte. Io ci sono abituato, ma tu non sembri molto avvezzo a certi modi di guidare.-
In effetti Angelo non è abituato a vedere una donna guidare, e così per giunta. Però, invece di dire “per favore Mike guida tu che è meglio”, dice:
- Margherita guida molto bene invece. Anzi, penso che sia una delle poche donne che sa guidare!-
Margherita ride.
- Ti ringrazio!-
Mike lo guarda come per dire “so benissimo che non lo pensi, ma lo dici per farti bello ai suoi occhi”.
Margherita sorride. La vede sorridere attraverso lo specchietto retrovisore. Un sorrisetto beffardo. Ma Angelo vede solo quello che vuole vedere. E quella risata gli pare accondiscendente e piena di ammirazione. Sente di avere la dolce coppa della vittoria tra le sue mani.
Arrivano davanti al cancello della scuola. Margherita parcheggia la macchina nel parcheggio dei professori ed entrambi scendono. Mike si offre di prenderle le valigie ma lei dice, seccata:
- Ce la faccio, grazie!-
- Volevo solo aiutarti!-
- Sai benissimo che non ne ho bisogno!-
Mike sospira.
- E’ una ragazza formidabile, lo sai Angelo?-
- Certo! Due tette così non sono facili da vedere!-
- Angelo, a dire il vero io mi riferivo ad altro!-
- Ah al culo! Si anche quello è formidabile!-
Con Mike, un uomo e soprattutto suo migliore amico, si sente libero di lasciarsi andare.
- Quando me la farei!-
- Ti ho detto che tu non sei il suo tipo!-
- E tu? Lo sei?-
Mike non risponde.
- Cerca di essere un po’ profondo per una volta. Guarda oltre l’aspetto fisico!-
- Preferisco le tette e il culo. Almeno quelli li posso toccare. Oh, non che non mi dispiaccia la fica, ovvio!-
Ride.
- Lo sai cosa mi piace di te Angelo? Il fatto che mostri apertamente i tuoi difetti e te ne freghi di quello che la gente potrebbe pensare!-
- Io mi mostro per come sono per conquistare il più bel fiore del giardino!-
-Cosa? Angelo, che hai in mente?-
- Io? Niente!-
E intanto immagina le sue braccia “possenti” stringere prepotentemente il corpo minuto della Reiner.
Scuote la testa. Deve togliersi certi pensieri dalla testa.
È stato un lungo sonno interrotto da brevi intermezzi di semi-veglia. Angelo apriva gli occhi e si guardava in giro. Sentiva solo risate argentine di ragazze, voci maschili che parlavano di calcio e di veline. Al suo fianco c’erano Margherita e Mike. Parlavano tranquillamente. Ma Angelo, in coma per il sonno, non capiva molto. Si passava la lingua sulle labbra, facendosi il solletico con i peli del pizzetto. Notava che aveva la bava alla bocca, se la asciugava e si riaddormentava.
Faceva sogni stranissimi. E tutti avevano una protagonista fissa: la Reiner.
Nel primo confuso e frammentario sogno, l’aveva vista tutta vestita di bianco. Un vestito trasparente che metteva in evidenza un corpo così bello come non ne aveva mai visti. Si trovava in piedi, vicino ad una strana costruzione nerastra che sembrava un altare. Sorrideva beata, recitando poesie d’amore. Poesie d’amore? Angelo non ha mai letto poesie d’amore! Infatti le poesie “d’amore” dicevano cose del tipo “oh grande uomo virile, spaccamela”, oppure “tu, o mio padrone, prendimi! Sono la tua…”. Angelo si scaldava come un vulcano in eruzione.
In un altro aveva immaginato di essere un cavaliere medioevale che doveva salvare la donzella. Per raggiungere la stanza della principessa aveva affrontato un drago che assomigliava tantissimo al Semeranza. Parlava anche come lui. È stato dopo l’ennesimo “terün!” che Angelo gli ha mozzato il cranio. Era poi salito nella camera della principessa (Margherita ovviamente!) e lei gli aveva offerto il suo “frutto”. Dopo tutte le posizioni lei aveva esclamato: “Scopi come un dio!”. E Angelo si era visto in posizione “eroica”, come in uno dei romanzi d’amore di terza scelta che si era studiato a memoria.
L’ultimo sogno è stato inquietante. Margherita era la bella addormentata e lui doveva baciarla. Si stava preparando, leccandosi le labbra e pensando al “dopo”, quando aveva notato che qualcun altro era chino su di lei. Lei si era svegliata e gli aveva sorriso. Poi si erano voltati entrambi e aveva visto il volto di Michael.
- Io avrei dovuto salvarti!- aveva detto lui. La sua voce era un’eco profonda e assordante.
Margherita lo aveva guardato con i suoi occhi azzurri che erano diventati una lastra di ghiaccio.
- Farmi salvare da te? Prima di tutto, io non mi faccio salvare da nessuno! Figuriamoci poi da te! Sei un ingegnere fallito, un pessimo insegnante, un incapace. Non me ne faccio niente di uno come te!-
A quelle parole tutto il sogno si era accartocciato su se stesso. Angelo aveva cominciato a svolazzare in mezzo al nulla più assoluto. Poi era caduto. Aveva urlato disperatamente il nome di Margherita, ma il nulla aveva assorbito la sua voce. Intanto aveva sentito un crack provenire dall’interno del suo corpo: il suo cuore si era spezzato.
Si sveglia di colpo e vede che è sera. Sono arrivati ad Amsterdam. I ragazzi sono scesi tutti, adesso stanno scendendo i professori. Nessuno lo ha svegliato.
Scende dall’autobus, ancora sconvolto dall’ultimo sogno fatto. Si gratta la testa, il pizzetto, il sedere. Intontito per il sonno, non capisce niente. Solo che deve prendere il suo bagaglio.
Mentre si fa strada sgomitando vede Margherita che cerca disperatamente di recuperare la sua valigia. Mike non è nei paraggi. Mica può lasciare una donzella in difficoltà!
- Permetti? Ti aiuto!-
- Ti ringrazio, ma non è pesante!-
- Ma va, lascia fare a me! Tu sarai stanca per il viaggio. Io ho dormito tutto il tempo! E poi, bisogna essere gentili con i colleghi, no?-
Margherita sorride. – Veramente, non…-
- Faccio io! Sono freschissimo!-
A dire la verità non è proprio fresco come un bocciolo di rosa a maggio. Dodici ore passate seduto hanno fatto il loro effetto. Le natiche sembrano due forme di pecorino e la schiena “cigola” come un pezzo d’acciaio arrugginito. E poi deve fare “servizio completo”. La vescica potrebbe esplodere se non la svuota entro pochi secondi. E la pressione ventrale è tale che fa fatica a trattenere la spinta. Ma per Margherita è disposto a fare tutto. E poi dove andrebbe a svuotare? Sa benissimo come sono fatti i nordici: rischierebbe di finire in galera per una pisciata.
- Guarda che portare una valigia non è una cosa tanto stancante!-
- Ti ho detto che faccio io! Io sono più forte. E poi visto che Mike non ti aiuta qualcuno dovrà pur farlo no?-
- Che vuoi dire con questo?-
- Io? Niente!-
- Mike è impegnato a parlare con la guida. Parla solo inglese. Per risparmiare nemmeno una guida in italiano ci hanno trovato! Ho lasciato volentieri il posto a lui-
- Bene, lascialo parlare! Sai, a volte penso che quel ragazzo se la tiri un po’ troppo-
- Che vuoi dire?-
- Beh, che si da troppe arie. In fondo è solo uno sfigato senza donna-.
Margherita lo guarda con gli occhi gelidi e le mani sui fianchi. È contrariata.
- Ne sei proprio sicuro?-
Angelo sente la faccia diventare paonazza.
- Dai, stavo scherzando!-
- Se lo dici tu! Non mi piace molto il tuo humour!-
Alla fine la convince a cedergli la sua valigia. Si sputa sulle mani, preparandosi a sollevare una specie di “blocco di cemento armato”, quando si accorge che è leggera come una piuma di passero. Ma le donne non portano sempre una valanga di roba con sé? Che razza di donna è questa?, pensa. La cosa è ancor più sconcertante quando si accorge che la sua valigia è più pesante. Piuma contro cemento armato.
Il trolley della Reiner volteggia leggera sull’asfalto, mentre quello di Angelo striscia faticosamente. Se fosse di metallo farebbe le scintille. Forse non avrei dovuto portare tutte quelle camicie e quelle scarpe, pensa imbarazzato.
Si trascina fino all’hotel con quel macigno nella mano destra.
Il loro hotel è grazioso, illuminato come un albero di natale e pulito. Una grande hall con poltroncine in finta pelle nera. Un bel tappeto che sembra persiano. Il pavimento lucido come uno specchio. Due ascensori sul lato sinistro. E poi le scale, per chi le volesse usare. Ma se Angelo provasse a prenderle potrebbero esserci danni collaterali.
Ma quanto ci mettono ad assegnare le stanze? Ma porca puttana, pensa Angelo, ma perché i ragazzi sono così difficili quando si tratta di scegliere i compagni di stanza? E pensano, e ripensano, e questo si, e quell’altro no. La fronte di Angelo si imperla di sudori freddi. Trattiene a fatica una scoreggia, che alla fine esplode, inondando il viso di quello che sta dietro di lui. Rosso come un pomodoro si allontana, facendo finta di niente.
L’assegnazione delle stanze diventa sempre più una tortura per lui. Adesso gli pare addirittura di avere la vista annebbiata. Se non si decidono entro poco sente che potrebbe succedere l’irreparabile. Per la prima volta dopo un tempo immemore, Angelo si affida al Padreterno perchè ponga fine a quell’orrendo supplizio. E intanto cerca con lo sguardo una toilette, dove possa almeno andare a svuotare la vescica. Ma vede solo la porta del ristorante, quella del bar e una che reca la scritta in inglese “personnel only”. Si domanda bestemmiando come diavolo facciano gli olandesi quando devono andare al cesso.
È finita! Dopo trenta interminabili minuti! Allora dio esiste, pensa esultando.
Si precipita di corsa in ascensore. Con lui Mike, suo compagno di stanza,
- Ehi ragazzi, attenzione al fallus impudicus!- tuona lo Smilzi.
Ma non poteva rimanere a casa quello lì?
Dovrebbe incavolarsi, o almeno mandare Luca a quel paese. Ma è ridotto talmente male che non ha nemmeno la forza di sollevare un dito.
Non appena le porte dell’ascensore si aprono, si fionda all’esterno. Dimentica la sua valigia in ascensore. Mike è obbligato a svolgere “l’ingrato compito”.
- Ehi, guarda che non sono il tuo domestico personale!-
Ma Angelo non lo ascolta. Il suo obiettivo è un altro: trovare quel dannato numero 203, il numero della loro stanza. Con la vista annebbiata, corre con le gambe aperte e il sedere stretto: ormai è arrivato al limite.
Finalmente il numero 203 gli appare come un miracolo di Lourdes. Prende la sua tessera magnetica e la infila nella fessura. La porta non si apre. Gli cadono le braccia, sconsolato. In quell’istante si rende conto come poteva sentirsi Napoleone dopo la sconfitta di Waterloo.
- Ma porca di quella puttana, non possono fare serrature normali?-
Mike, trattenendo a stento una risata, prende la sua tessera magnetica.
- Permetti?-
Pronuncia quella parola con una tale nota di sarcasmo nella voce che Angelo lo strangolerebbe.
La porta si apre. Lui si fionda in camera e si chiude in bagno. La sensazione che prova è migliore di quella che gli dona l’orgasmo.
- Uaaaaaaaaaaaah!- urla.
Esce dal bagno dopo aver dato “fiato al trombone” per un’abbondante quarto d’ora. Il suo viso è rilassato e non suda più.
- Ahhhhhhhhhh, ci voleva!-
Mike non si trattiene più e scoppia in una straordinaria risata. Si sente imbarazzato come se fosse stato beccato a compiere chissà quale atroce peccato. Meno male che
Ripresosi dallo shock, può finalmente capire dove si trova. È una stanza spaziosa, con un letto matrimoniale nel centro, un armadio sulla destra e due grosse finestre che danno su una viuzza a senso unico. Il tutto ha una tonalità azzurro pastello. Sull’angolo di destra, accanto al letto, nota “lo scrigno”, ovvero il frigo-bar. Snack, bibite, alcolici: il sogno di Angelo.
Fissa quel piccolo scrigno con una luce sardonica negli occhi neri.
– E io mi pappo tutto!-
- Prima di dare il via al baccanale, controlla i prezzi. Vedrai che ti passerà la voglia di festeggiare!-
Angelo osserva il foglietto plastificato dove spiccano, a caratteri dorati, i prezzi. Per poco non sviene! 2 euro per una lattina di coca cola? 15 per una bottiglietta di whisky?
- Ma porca troia, pensano forse che siamo tutti ricchi?-
- I prezzi negli alberghi sono sempre così alti. Mi ricordo che una volta, a Parigi…ma cosa fai?-
Lo vede aprire una bottiglietta di gin e tracannarsela voluttuosamente. Dopo aver emesso un flebile rutto di soddisfazione, va in bagno e la riempie con l’acqua.
- Così non se ne accorgerà nessuno!-
Mike non replica. Si limita a guardarlo con un’espressione di commiserazione mista a divertimento dipinta sul volto.
La cena è un buffet con ogni tipo di piatto internazionale. Angelo prende un po’ di tutto. Avvicina il naso al cibo e annusa. Se sente che la pietanza contiene molto aglio, si riempie il piatto. Prende un bel bicchierone di birra gelata e si siede al tavolo dei professori, accanto alla Reiner.
Margherita ha il piatto semi-vuoto. A dire la verità, il suo piatto contiene una quantità di cibo normale. È il piatto di Angelo che è esageramene pieno.
- Siamo a dieta, vero?-
Margherita lo guarda in faccia. Poi guarda il suo piatto. Ride.
- E tu? Sei sicuro di riuscire a mangiare tutta quella roba?-
- Eheheh…io non sto li a lesinare con il cibo come fanno le donne! Io me ne infischio e mangio!-
Fregandosene della risposta acida della Reiner, osserva le sue “vivande”. Si lecca le labbra. Prende il contenitore del peperoncino in polvere e spolvera il tutto. A lui i cibi piacciono speziati. Depone il contenitore solo quando vede che le libagioni sono coperte da un sottile strato di polvere rossa.
Di fronte a quel ben di dio, sente la sua anima maialesca grufolare selvaggiamente dentro di se. No! Contegno dannazione! Si è forse dimenticato che si trova al tavolo dei professori, con
Si mette in bocca una forchettata e diventa tutto rosso. “Inferno di lava caliente!” Comincia a sudare.
Mangia con “dignitosa” sciattezza, grufolando in sordina e cercando di tenere la bocca chiusa. Il peperoncino assomiglia a lava bollente nelle sue fauci.
Dopo dieci minuti di scialbo tentativo di essere educato, finalmente termina il suo “magma”. Cerca a stento di trattenere un rutto, ma questo esplode nella sua laringe. Ciò che emette è un suono gutturale sinistro che fa ridere Mike e Margherita e rabbrividire
Dopo cena si siedono sulle comode poltroncine della hall. Cominciano a parlare del più e del meno. Del programma del giorno dopo, dei monumenti che visiteranno, ecc. Angelo naturalmente si intromette, parlando quasi fosse una guida.
- Ma guardate, questo posto…- e inizia a ripetere a memoria, parola per parola, virgola per virgola, quello che ha letto sul depliant. E visto che i due non sono scemi, se la ridono di gusto.
Per fortuna l’intermezzo post-cena finisce quasi subito. Angelo, soddisfatto, propone: - Andiamo a fare un giro? Amsterdam vive anche di notte!-
Mentre dice questo pensa ad una meta sognata ed agognata per mesi: il quartiere a luci rosse.
- Sono stanca- dice Margherita. – Vado in camera mia. Ci vediamo domani!-
Rimasti soli, Angelo fa l’occhiolino a Mike. – Dai andiamo a divertirci. Conosco un quartiere che…-
- Lo conosco anch’io. Ci sono pure andato quando avevo diciotto anni ed ero in gita con la scuola. Ma adesso sono stanco. Tu vai pure se vuoi. Quando rientri non fare casino o ti prendo a scarpate!-
Ripensa alla sua prima volta. Che diavolo scatenato che era stato! Aveva quasi diciotto anni e lei era una sensuale quarantenne, con una quinta di reggiseno: la madre della sua prima ragazza. Ancora non capisce come mai quella donna avesse scelto proprio lui, giovane e inesperto, come amante. Si erano “rotolati” nel letto per due ore. Era stato superlativo! Veniva in continuazione, urlava, bestemmiava. Lei invece gli chiedeva di insultarla, di picchiarla. L’aveva riempita di schiaffi! Cose dell’altro mondo! Poi la sua ragazza era venuto a saperlo e lo aveva mollato. Gli aveva dato del “puttaniere” di fronte a tutta la scuola. All’inizio si era arrabbiato. Che colpa ne aveva lui? Era stata lei! Se sua madre era una a cui piaceva fare certe cose mica era colpa sua! Poi si era pentito ed aveva provato l’amaro gusto della solitudine. Si era reso conto che, a quella bella moretta tanto timida, voleva un gran bene.
Arriva a destinazione a tarda sera. Il suo problema è che fa tanto il guappo ma non ha il benché minimo senso dell’orientamento. Ha chiesto ad una decina di passanti: gli hanno dato tutte informazioni errate. O forse le informazioni erano giuste. Il problema è suo: parla un inglese imbarazzante. E la sua comprensione della lingua è ancor peggio. Quindi si era ritrovato a girare come un deficiente per quartieri di ogni tipo, rischiando due volte il linciaggio da parte di olandesi ubriachi. Poi era entrato in un bar, aveva ordinato una birra e aveva scoperto che il barista era italiano. Era stato lui a dargli finalmente le indicazioni giuste.
Ed eccolo qui, a mezzanotte, nel quartiere a luci rosse. E chi si immagina cose simili in Italia? Ragazze bellissime in “vetrina”. Negozietti “osé”. Bancarelle che vendono ogni sorta di materiale pornografico. È un sogno! È il paradiso! Se solo potesse, si getterebbe a capofitto in mezzo a quel ben di dio. Nonostante la tentazione di andare dalle ragazze, si limita ad acquistare qualche chilo di giornaletti pornografici.
Assiste ad alcuni spettacolini osé che lo fanno precipitare in uno stato di eccitazione oscena. Corre in bagno un paio di volte a “sfogarsi”.
Entra in camera all’una passata. Fa un casino del diavolo. Mike apre gli occhi, si volta dall’altra parte e si riaddormenta. Non prima di avergli grugnito qualcosa alle spalle. Non ci fa caso.
C’è qualcosa di strano nella stanza. Odore di fumo. Mike fuma come una ciminiera, ma quello non è solo odore di sigaretta. È una puzza strana, che sembra voler accarezzare le narici con una dolcezza che non è delle sigarette. È strano, pensa Angelo, sembra…ma va, non può essere! Quella roba la fumano i vecchi!
Getta i suoi acquisti sulla poltrona e si sveste. Visto che è in gita, decide di infrangere tutte le regole: andrà a letto nudo.
Si spoglia con foga e prende la rincorsa per gettarsi sul letto. Inciampa in qualcosa e cade rovinosamente per terra. Si rialza bestemmiando. Ma che cavolo è? Un paio di mutande (molto sexy) da donna? Che ci fanno un paio di slip da donna in una camera di soli uomini? Non sta li troppo a pensarci. Forse se le sarà dimenticate l’ospite precedente.
Riprende la rincorsa e si getta finalmente sul letto. Le reti scricchiolano sotto il suo peso. Tira le coperte, strappandole a Mike.
Con un grugno beato, si addormenta.
Sbadigliando, Angelo apre lentamente gli occhi. Si ritrova sdraiato per terra, prono. La sua posizione gli fa venire in mente una pelle d’orso spelacchiata.
- Ma che cazzo…-
- Ti ho gettato per terra io- risponde Mike, tranquillo. – Così la prossima volta impari a tirare le coperte. Il letto non è solo tuo!-
Bofonchia un “vaffanculo” e va in bagno, con i suoi giornaletti porno. Quei giornaletti sono gli unici che gli possano dare il buongiorno. Li sfoglia con cupidigia, sognando cose proibite con le signorine ivi ritratte. Nel mentre, si lava frettolosamente senza sapone e si pettina disordinatamente con le mani bagnate.
Quando esce dal bagno, tre quarti d’ora dopo, si ritrova davanti Mike. Ha le braccia incrociate e lo guarda con occhi iniettati di lava.
- Pensi di essere solo in camera?-
- Che palle! Nemmeno lavarsi si può adesso?-
- Prima di tutto non ti stavi lavando, a meno che i giornaletti che hai in mano non siano una nuova forma di sapone. Secondo, vedi di cambiare atteggiamento: non sei da solo qui dentro, e se vuoi convivere serenamente dei rispettare alcune regole!-
- Minchia, che palle! Certo che se un gran rompicoglioni-.
Ne nasce un breve diverbio, che trova il suo vincitore in Mike. Se Angelo vuole continuare a condividere la stanza con lui deve imparare il rispetto reciproco. Oddio, Angelo farebbe volentieri a meno di questo “rispetto reciproco” (ma poi, si domanda, che cosa significa reciproco?). Il problema è che nessuno vorrebbe accoglierlo in camera. Deve quindi fare buon viso a cattivo gioco.
È vero, Angelo non è molto abituato a convivere con la gente. Prima di tutto non ha mai condiviso la camera con qualcuno. A casa sua ha una stanza tutta per sé. Non c’è una sola cosa che sia al suo posto. I calzini sono sparsi ovunque, mischiati tra puliti e sporchi. I vestiti e le mutande idem. Una bolgia dantesca, che Angelo ha provveduto a creare pure in quella stanza. Per Mike è il colmo. Inizia a prendere a calci qualsiasi cosa, che si tratti di calzini sporchi o di riviste porno.
Angelo non può tollerare di vedere le sue amate riviste “violentate” a quel modo.
- La pianti?-
- E tu, la pianti di fare casino? Rimetti in ordine!-
- Io? E perché dovrei?-
- Scusa, pensi forse che le cose si sistemino da sole?-
Angelo lo guarda interrogativo. Si gratta il pizzetto osceno e poi fissa la roba sparsa in giro. Che casino! Non si era mai accorto di essere tanto casinista! Ma a casa sua pulisce sempre sua madre. E lì, di donne che puliscono, non ce ne sono. Vuoi vedere che devo fare tutto da solo?
-Lo sai Angelo, se qualcuno mettesse piede qui dentro sicuramente non avrebbe una buona impressione di te!-
Quelle parole lo fulminano. Se qualcuno…e se entrasse Margherita? E se pensasse male di lui? La cosa lo terrorizza. Adesso, che vuole aprirsi a lei…
In meno di dieci minuti la stanza è in ordine. Angelo si è tagliato il pollice nel sistemare il rasoio, non sapeva dove mettere le scarpe, ma ce l’ha fatta.
Alle otto e trenta, possono finalmente scendere a fare colazione.
Dopo colazione inizia la prima tappa dell’itinerario: la visita alla casa di Anne Frank. Premesso che Angelo ha sempre trovato quel libro noioso, come la sua “autrice”. Per motivi “ideologici”. Però, visto che Margherita sembra molto interessata, non se la sente proprio di disertare.
Corre in camera e si “prepara”: camicia di flanella quadrettata, che lui lascia aperta sul davanti, jeans firmati, scarpe di pelle, occhiali da sole.
Conciato in quel modo, sembra una macchietta da cinema comico. Cammina sprezzante, con quel sorriso beota stampato sul viso. Se ne frega delle risate delle studentesse e dello Smilzi che gli dice “lo sai che sei imbarazzante per il genere umano?” Cammina e si pavoneggia, perché si sente vincitore.
Angelo sente che è venuto il momento di avvicinarsi a lei.
- Ehilà Meggy, tutto…-
Non fa in tempo a finire la frase che si ritrova steso per terra ai piedi della Pizzi. Non ha visto il tappeto, ci è inciampato con i suoi stivali da cowboy con la punta troppo lunga e ha fatto un volo imbarazzante.
Risate colorate risuonano nella hall. Anche la ragazza alla reception, una biondina olandese belloccia, si mette a ridere di gusto, scuotendo la testa e dicendo “Italians!”.
- Sai Angelo – inizia Margherita – forse dovresti toglierteli questi occhiali da sole-.
Ride. Ecco, adesso sicuramente ha fatto colpo su di lei! Anche se non come lui avrebbe voluto.
I suoi occhi si posano su quelli azzurri di lei. Il suo cuore ha un tonfo. La luce che emanano è inequivocabile: ilarità. Non lo può tollerare.
- Torno subito!-
Corre in camera e comincia una sfilza di bestemmie da competizione: sette minuti. Maledisce il tappeto, il mondo e la sua incredibile sfiga. Proprio oggi, pensa, proprio in gita!
Dopo aver dato un pugno al muro ed aver inveito volgarmente contro il padreterno, decide di indossare un maglione molto castigato e di mettersi un paio di scarpe da ginnastica. Di figure barbine, per quel giorno, ne ha fatte fin troppe.
Adesso che è in gita, si rende conto che non è come se l’era immaginata lui. Sono stati tre giorni strani. Avrebbe dovuto divertirsi, bere fiumi di birra, e flirtare con
E poi c’era Margherita. Si comportava in modo strano. Era gentile e gioviale come al solito. Eppure sembrava volesse evitarlo. Ogni volta che si avvicinava, che “gettava l’amo”, Margherita trovava sempre una scusa per allontanarmi. “E devo andare al bagno”, oppure “scusa ma mi hanno chiamato”, “guarda, vorrei ascoltare cosa dice la guida”, ecc…
Arrivato all’ultimo giorno, si sente depresso. Insomma, si rende conto che per Margherita farebbe qualsiasi cosa. Anche tornare a casa a nuoto. Anche correre completamente nudo per le strade strette e affollate di Amsterdam. Anche fare sesso per dieci ore di fila. Questo ed altro. Ma…cosa deve fare per attirare la sua attenzione? Perché lo evita? Possibile che sia lui a sbagliare?
Fa un esame di coscienza. Negli ultimi tre giorni, a parte la figuraccia della hall, non ha fatto altre stupidate. Non ha detto cose sconvenienti. Non ha fatto troppo il figo. Ha sempre letto i giornali e commentato le notizie. Ha visitato tutto il visitabile, e forse di più. È sempre stato attento a ciò che diceva la guida, pur non capendoci un fico secco. Eppure lei…ma porcaccia di quella Eva, pensa infuriato, ma cosa ancora devo fare? Cosa cavolo vuole da me?
Il quarto e ultimo giorno cerca di giocarsi il tutto e per tutto. Ormai non ha più tempo. Ne approfitta durante la pausa pranzo. Lui, Margherita e Mike (sempre tra i piedi quello lì!) sono seduti sull’erba. Mangiano un panino. La giornata è tiepida e piacevole. I tedeschi, che come al solito esagerano, sono già in giro in ciabatte. Angelo nota che un tedesco alto, biondo e muscoloso indossa un paio di infradito simili alle sue. Si compiace del suo buon gusto e continua ad addentare in modo mediamente osceno il suo panino ai crauti e non sa cos’altro.
- Gli olandesi sono decenni avanti a noi- dice all’improvviso. – Siamo noi italiani che siamo indietro. Tutta colpa della chiesa!-
Dice queste cose perché, il secondo giorno, aveva udito Margherita parlare con Mike di Vaticano, papa e company. In modo negativo ovvio. Ma doveva stare attendo a quello che diceva la guida, o non avrebbe potuto pavoneggiarsi di fronte a lei. E visto che non è in grado di fare due cose contemporaneamente, si era perso il resto del discorso.
Angelo comincia a sciorinare le sue idee. Con il sopracciglio destro sollevato e la fronte corrugata in un’espressione di estrema serietà, parla con gli occhi chiusi, imitando il suo professore di matematica delle medie. Sta usando tutta la dose di serietà di cui dispone. Questa volta non può sbagliare.
Margherita sembra non degnarlo di uno sguardo. Finisce il suo panino e si accende uno di quei sigari piccoli e affusolati simili a sigarette. L’aroma di sigaro aromatizzato alla vaniglia accarezza dolcemente le narici di Angelo,ancora intento nel suo monologo. Quell’aroma gli ricorda qualcosa, ma sul momento non sa dire cosa.
- Sai una cosa Angelo – inizia Margherita – tu sei diverso dagli altri: sei…eccentrico! Uno che esce da tutti gli schemi e che non ama sembrare diverso da quello che è!-
- Me lo ha detto anche Mike. Ma io amo essere spontaneo, non pensi? Insomma, se si vuole conquistare una persona bisogna mostrasi per quello che si è. Tu lo dici sempre, vero? Io sono perfettamente d’accordo!-
- E’ vero, ma c’è una bella differenza tra l’essere spontaneo e l’essere impudente: non pensi?-
Rimugina tutto il pomeriggio sulla frase di Margherita. Nel contempo la guida, il cui viso assomiglia in modo impressionante a quello di Solange truccato da Cicciolina, continua a spiegare. Che cosa voleva dire con quelle parole? Ma soprattutto, che cosa significa “impudente”? Prova a scomporre la parola. Che valore ha il prefisso “im”? E “pudente? Esiste la parola “pudente”? E se significasse “uno che non si gratta”? E se fosse il contrario di imprudente? Ma come diavolo ha fatto a collegare “impudente” con “imprudente”?
Angelo sospira. Non ha un vocabolario sotto mano. Sono anni che non ne vede uno. L’ultima volta è stato per il tema dell’esame di maturità, che gli è andato male e ha contribuito al suo misero 36/60. Vorrebbe chiedere a Mike, ma si vergogna. Che figura da cretino ci farebbe?
Rimane per tutto il giorno con questo dubbio atroce. Prepara le valigie, e la parola soffia nelle sue orecchie come il vento di tramontana. Non si accorge nemmeno che sta mettendo in valigia il maglione color corallo di Mike. Fa la doccia e sembra che le gocce d’acqua gli sussurrino la parola nelle orecchie, quasi come una cantilena satanica fastidiosa. Sta un’ora in bagno, e non sente nemmeno le urla del suo ormai esausto compagno di stanza, che deve lavarsi.
Anche a cena le cose non migliorano. Continua pasticciare con il suo cibo (ma che cosa ha preso? Che è quella roba?) e non mette in bocca niente. Osserva solo Margherita che mangia e parla con Mike. È più bella del solito. Stranamente è vestita da donna. Indossa una gonna nera fino al ginocchio. Ha gli occhi truccati, anche se molto leggermente. E quelle gambe…che belle gambe affusolate! Né troppo robuste né troppo magre! Darebbe tutto quello che ha per posarvi una mano sopra! Anche solo per sfiorarle con l’unghia del mignolo. Solo per sentire la loro morbidezza. Dio, come saranno morbide!, pensa. Il solo pensiero della morbidezza di quelle gambe lo manda in “trip utopico”.
Si demoralizza subito. Non c’è riuscito. Anzi, lei fugge pure. Ma dove ha sbagliato? Non riesce a capirlo. Dare al colpa a Margherita sarebbe da stupidi. È ovvio che è stato lui a sbagliare qualcosa. Ma cosa? Fa mente locale. Cosa avrebbe potuto sbagliare? Insomma, è stato attento. Ha cercato di evitare quei comportamenti che avrebbero potuto infastidirla. Cosa diavolo ha combinato per meritarsi tanta indifferenza? Gli viene voglia di piangere. Margherita, pensa, perché mi tratti così?
Voglio una donna seria, pensa mentre pasticcia. Sono veramente stufo di donnacce quarantenni vogliose. Voglio una donna che mi ami per quello che sono, per quello che dico. Sono stufo di fingere! E pensa che
Mike. La sua presenza è quanto mai inquietante. Nemmeno con
- Sai Margherita, non credo di essere impudente!- dice all’improvviso.
Non sa nemmeno lui perché se ne è uscito con quella frase.
Margherita alza gli occhi dal suo piatto.
–Scusa?-
- Ho detto che non credo di essere impudente! Insomma…io…non pensi? –
- Scusami ancora, ma a che cosa ti stai riferendo?-
- Ma si, dai, lo so che cosa volevi dirmi questo pomeriggio. Che io…ecco, non lo sono!-
Margherita ride. Non ci vuole molta intelligenza per capire che Angelo non conosce il significato di “impudente”, e si scusa secondo un vecchio metodo del “non sono stato io!”.
Pasticcia con il contenuto del suo piatto ancora per qualche minuto, senza mangiare. Non ha fame. Poi Margherita e Mike si alzano dal tavolo e lui fa lo stesso, abbandonando la sua cena senza spostare il vassoio.
- Angelo, le cameriere qui non sono tue serve!- dice Margherita.
Sistema subito il suo vassoio nel porta-vassoi.
Passa un’ora seduto davanti ai due, mentre quelli parlano. Li guarda senza sapere che dire. Guarda con occhi adoranti Margherita, ormai sicuro di non riuscire a conquistarla prima della fine della gita (che è già finita). Margherita non lo degna di uno sguardo.
No, adesso basta!, pensa Angelo. Adesso mi sono stufato. Vada come vada, ci “provo”.
- Margherita, oggi è l’ultimo giorno. Ti andrebbe di andare a fare due passi per la città, soli io e te?-
Margherita smette di parlare e lo guarda.
- Cosa?-
- Dai, non far finta di niente che hai capito benissimo: ti va di uscire con me?-
Margherita ride.
- Ovvio che no!-
- Ma…ma scusa? Ma…perché? Che cosa ti ho fatto di male?-
- Niente! Semplicemente non mi va! Cosa c’è? Devo uscire con te anche se non mi va?-
- Beh…no!-
- Ecco! E allora non pormi più certe domande!-
- Scusa!-
Preda di una cocente delusione, si risiede sulle poltroncine, con la testa bassa. Che cretino che sono stato, pensa mordendosi il labbro.
I due continuano a parlare, senza degnarlo di uno sguardo. Quando capisce che lui è escluso dai loro discorsi, si alza dalle poltroncine con l’impeto della rabbia nelle vene e dice:
- Buona notte a tutti! Io esco. Ciao Margherita!-
Lei lo saluta frettolosamente, senza nemmeno guardarlo in faccia.
Va al solito posto, il quartiere a luci rosse. È talmente depresso che gli viene quasi voglia di spendere cinquanta euro per una prostituta. Poi decide di desistere quando si rende conto che non è la soluzione ai suoi mali.
Va in un bar e comincia a bere. Una birra. Una seconda birra. Un whisky. Un limoncello. Un amaro della casa. Una vodka al melone, ecc. Tempo un’ora e mezza ed è ciucco come una bestia. Comincia a cantare in italiano canzoni sconce e a dire parolacce, sicuro che nessuno lì lo comprenda. Ma anche se non capiscono, gli avventori del bar non gradiscono. Due enormi buttafuori lo scaraventano “educatamente” fuori dal locale.
- And never come back!- dice uno dei due, in perfetto inglese.
Cammina a stento per vie e viottoli di Amsterdam. Ogni tanto emette un rutto scortese. Sente i liquidi etilici rollare nel suo stomaco. È in preda a forti attacchi di nausea e si è completamente scordato dove si trova il suo albergo. Meglio così: non sarà costretto a rivedere Margherita e quel traditore di Mike. Anzi, non tornerà più in quello schifo di Italia. Rimarrà in Olanda. Li qualcuno apprezzerà sicuramente le sue doti di ingegnere. Troverà un buon lavoro, guadagnerà un mucchio di soldi, si sposerà una bellissima olandese (meglio una brasiliana: sono più disponibili, pensa) e vivrà felice. L’Italia non ha niente da offrigli. Le donne italiane sono tutte delle stronze. Vuole tagliare con tutto e tutti. Gli viene da piangere.
Ridotto ormai da gettar via, entra in un altro locale. Ordina birra e whisky, che getta in gola a forza. Nel frattempo si siede accanto a lui una ragazza alta, bionda e bellissima. Ordina una birra. È una ragazza inglese. Ubriaco e frustrato, Angelo decide di “gettare l’amo”. Se Margherita non mi vuole, pensa, vorrà dire che mi farò qualcun’altra. Una che apprezza gli uomini come me.
- Hi!- attacca lui.
Comincia un monologo lungo e forzato. La ragazza lo guarda, si sforza di sorridere. Non risponde. Angelo continua a parlare, a fare l’occhiolino. Alla fine allunga pure una mano sulla sua coscia. Lei scosta la sua mano. Angelo rimette la mano dov’era prima.
- You beautiful- dice Angelo. E rutta.
Dopo dieci minuti la ragazza si alza. Angelo la segue, con la bava alla bocca. E’ talmente pieno da convincersi che la bella inglesina ci stia. Ma la vede parlare con quattro uomini, che subito si avvicinano minacciosi a lui. Lo trascinano fuori e cominciano a dirgliene di tutti i colori. Tra le varie ingiurie, parole tipo “white trash”, “mother fucker”, “bastard”, “cock sucker” ecc. Angelo non capisce nulla, complici i troppi “drink” e il suo schifosissimo inglese. Se ha superato la prova linguistica obbligatoria è solo grazie a Michael.
I quattro ragazzoni lo circondano e lo guardano in cagnesco. Angelo capisce che la cosa si sta mettendo male. Ricorda una cosa simile, avvenuta tre anni prima. Anche all’epoca era ubriaco. Aveva mediato. Ma all’epoca era in Italia. Tra “simili”. Adesso è in un paese straniero, di fronte a persone ostili che parlano una lingua ostile. Forse, pensa, forse anche stavolta me la cavo.
- Ehi, calms! – inizia. Apre le braccia come Gesù quando disse “lasciate che i pargoli vengano a me!”.
- Calms!- riattacca. – Vi ar al frends!-
Forse vuole dire “We are all friends”, ma la sua pronuncia è una cosa inimmaginabile.
Gli inglesi sicuramente capiscono cosa vuole dire, ma sembrano non commuoversi. Lo circondano e iniziano con un “carico” a otto mani. Per evitare i colpi Angelo si chiude a riccio. Sono i cinquanta secondi più brutti della sua vita.
Alla fine se ne vanno. Sono soddisfatti.
Angelo rimane chiuso a riccio, steso sull’asfalto, per altri venti secondi. Poi si alza e grida: - Brutti stronzi!-
- What?-
- Cazzo, quanto vorrei che Mike fosse qui!-
Il più grosso degli inglesi lo insegue e gli assesta un cazzotto sul naso. È talmente veloce che Angelo non riesce a chiudersi a riccio.
Rimane stordito a terra per altri trenta secondi, mentre i “barbari” si allontanano. Poi si rialza, a fatica. Il sangue cola dalla sua narice sinistra e gli scivola sulle labbra. Se lo lecca via, mentre torna in albergo colmo di bruciante umiliazione. Se qualcuno mi chiederà cosa è successo, pensa, gli dirò che sono caduto.
La hall è deserta. Alla reception, la ragazza bionda del primo giorno lo vede e ride. Angelo sussurra un “fanculo”. Dopo tutto quello che ha passato quella sera, ci manca solo la risata di quella oca!
Sale, a piedi, al quinto piano. Gli gira la testa e vorrebbe vomitare. Se non avesse vomitato anche lo stomaco in un angolo buio a due passi dall’albergo. L’unica cosa che vuole è gettarsi sul letto e dormire. Per dimenticare la sbronza, le botte degli inglesi e il rifiuto della Reiner. Si sente un fallito. Perché? Perché non è riuscito a conquistare
- Sono bello – dice tra i fumi dell’alcool. – Mike no. Non ha il petto peloso e il pizzetto come il mio!-
Ridacchia. Cade per terra. Si rialza.
Arriva a destinazione che ansima come un asmatico. Si incammina barcollante verso la sua stanza. Arrivato davanti alla porta, si fruga nelle tasche. Ha una fitta al cuore: non trova più la sua tessera magnetica! Fruga nella tasca destra e sinistra della giacca. Nel taschino della camicia. Nelle tasche dei pantaloni. Nelle mutande, sul davanti. Niente! Eppure ce l’aveva prima di uscire. Ovvio, l’ha persa. Bestemmia sottovoce. E adesso come farà ad entrare? Dovrà bussare. Dovrà svegliare Mike. E lui si arrabbierà. Ma chi se ne frega! Mica può dormire fuori, in corridoio!
Fa per bussare. La mano si ferma a mezz’aria. Qualcuno ride in camera. Ma non è Mike che ride da solo come un pazzo al Cottolengo. Con lui c’è qualcuno. Una risata solare e allegra. Una risata da donna. Margherita.
- Senti, dai, vado! Se Angelo torna…-
- Se non è tornato fino ad adesso! Scommetto quello che vuoi che tornerà domani mattina! Scommetto che è andato a divertirsi con qualche prostituta!-
- Che schifo!-
- Ha fatto di peggio, non preoccuparti!-
- In fondo, è simpatico. È solo un po’ stupido. Ma è simpatico. Sarebbe pure gradevole se non cercasse sempre di provarci con me!-
- Mah, guarda, sei una delle tante. Non pensare che per lui tu sia speciale. Sicuramente il suo intento è di portarti a letto, come voleva fare con Clementina-
- Si, me lo hai detto. Eppure credo che per me ci fosse altro-
- Nah, non è così!-
Dunque è questo che tu pensi di me, Michael?, pensa Angelo. Bastardo!
Ma…cosa fanno Margherita e Mike insieme, a quell’ora del mattino? E nella stessa stanza? Cosa…Quando Angelo realizza quello che in quella camera può essere successo o sta succedendo, è come nel suo sogno: il mondo si accartoccia su se stesso. E il cuore fa crack nel suo petto. Ha pure l’impressione di far fatica a respirare. Strabuzza gli occhi. Gli viene da vomitare.
Corre al bagno comune e vomita nella tazza del cesso. Si rialza, si sciacqua la bocca ed esce, senza tirare l’acqua.
Si siede su una poltroncina, mordendosi il labbro inferiore a sangue e stringendo con estrema energia i pugni.
- Perché, perché? Cazzo, perché lui si e io no? Perché? Che cos’ha lui più di me?-
Si mette a piangere senza dignità. Perché deve subire una cosa simile? A Margherita vuole bene. Forse non è amore, ma è un dolce sentimento quasi mai provato. Le vuole bene perché, nonostante tutto, non lo ha mai trattato male. Ha sempre avuto un sorriso per lui, anche nelle situazioni più fastidiose e imbarazzanti. Le vuole bene perché lo ha aiutato quando aveva bisogno. E tante volte ha avuto bisogno di qualcuno! Come quella volta che non capiva come usare Excel. E meno male che si era sempre vantato di sapere usare bene il computer! Lei, con pazienza da certosino, era stata un’ora in aula informatica, si era giocata l’intervallo, ma lo aveva aiutato a capire il suo funzionamento. Lui non ci aveva capito niente. Si grattava con foga il pizzetto selvaggio e la guardava. Le aveva dato poi la colpa perché, come donna, non poteva spiegargli niente. Che idiota! Se solo si fosse reso conto di che razza di donna voleva conquistare! Una meravigliosa. E lei si era invece resa conto di che razza di cretino è Angelo. Ecco perché teneva le distanze da lui.
Tira su con il naso. – Sono proprio un deficiente-.
Mike è il ragazzo giusto. Lui è un ragazzo intelligente, simpatico. Uno che usa il cervello. Pensa cose che lui nemmeno sa dove stanno di casa. E poi la rispetta. È l’uomo adatto a lei. Ha vinto anche questa volta. E Angelo deve solo raccogliere le macerie del suo orgoglio e le briciole del suo cuore.
- Sono un imbecille- sussurra tra le lacrime. – Sono una merda schiacciata, un cesso sporco! Non mi merito nessuno!-
Piange ancora per un po’. Darebbe le testate al muro, ma non lo fa. Rovinerebbe la carta da parati. Si odia, si ama, si odia ancora. Odia gli altri, poi non li odia più. Alla fine si compatisce e basta.
Si acciambella come una cane rognoso su una poltroncina del corridoio. Verso le quattro sente la porta di una camera aprirsi e due persone confabulare. Sono Margherita e Mike. Si stanno salutando.
- Ma Angelo? Non è ancora tornato?-
- Tornerà vedrai!-
- Spero torni. Insomma, non sa l’inglese, in una città straniera…mi preoccupo per lui-
Angelo sente tutto. Si preoccupa per me non per quello che sono, ma perché non so l’inglese. Prova un moto di rabbia che reprime subito dopo.
- Te l’ho detto. Magari sarà nel letto di qualche prostituta o di qualche olandese quarantenne. Lui è fatto così.-
No mio caro, pensa Angelo mentre si acciambella di più sulla poltroncina, nessuna quarantenne potrebbe mai sostituire Margherita.
Sente un rumore flebile rompere il silenzio della notte. Lo schioccare di un bacio sulle labbra. Poi i passi di Margherita si defilano giù per le scale.
Le lacrime bagnano ancora il viso di Angelo. Chiude gli occhi. Si addormenta. Passa la più brutta notte della sua vita.
Angelo apre debolmente gli occhi e li vede tutti attorno a lui. Ridono.
- Ehi prof, ti hanno cacciato fuori dalla stanza? Che è successo, hai fatto troppa puzza nello scoreggiare?-
Angelo si guarda in giro per qualche secondo. Solo il giorno prima avrebbe mostrato a quei “deficienti” di che pasta è fatto. Si sarebbe messo in posa come Mussolini dopo la conquista dell’Etiopia e li avrebbe guardati dall’alto verso il basso. Poi avrebbe detto le solite stronzate, tipo “voi non capite niente”, “io sono ingegnere”, ecc…
- Sai Smilzi, forse hai ragione tu-
Luca lo guarda, spalancando gli occhi.
- Prego?-
- Certo, hai ragione tu: sono un pessimo professore e un fallito come uomo-.
Luca lo guarda allontanarsi.
- Questo mi sta prendendo per il culo- dice agli altri.
- Forse è ubriaco!-
– Sono sobrio – conclude Angelo, senza voltarsi. – E non sono mai stato più sincero di così!-
Va in camera sua, a prendere la valigia. Nel mentre il suo cervello è un frullato di pensieri. Ora capisce tutto. L’odore che aveva sentito in camera la prima notte era del suo sigaro alla vaniglia. Le mutande femminili non potevano che essere sue. Quella sera, quando lo avevano riportato a casa ubriaco come una bestia, sicuramente era stata con lui. Parlavano sempre in modo amichevole, diciamo affettuoso. Era una cosa che andava avanti da tempo. Solo un cretino come lui poteva non accorgersi dell’evidenza, accecato com’era dai suoi sogni di “conquista”.
Trova Mike intento a trascinare fuori anche la sua valigia.
- Eccoti! Ma dove cavolo sei stato tutta la notte? Hai fatto sesso con qualche quarantenne, vero? Sei sempre il solito! Pensi solo a quello! Ma quando ti deciderai a mettere la testa a posto?-
Lo osserva.
- Che hai fatto al naso?-
Ha del sangue raggrumato attorno alla narice sinistra.
– Niente, sono caduto!-
- Ma non dire balle! Ti sarai ubriacato e le avrai prese da qualcuno. Angelo, dannazione, ma quando imparerai a comportati da persona adulta?-
- Mai!-
Gli strappa dalle mani la valigia, lasciandolo basito.
- Angelo, che hai? Che ti è successo?-
- Niente, non preoccuparti!-
Scende nella hall. I ragazzi fanno colazione. Lui ha una forte nausea. Non si è lavato, non si è sbarbato, è tutto spettinato. I suoi vestiti puzzano di sudore e altri odori di strada: sembra un barbone.
Dopo un’ora tutti sono raggruppati nella hall. C’è chi salda alcuni conti, chi parla. Margherita non l’ha ancora vista. Probabilmente è mischiata al gruppo di studenti e professori che si accalcano davanti alla reception. Angelo avrebbe i debitucci degli alcolici da pagare. Non li paga. Non gliene frega niente. Che mi facciano causa se vogliono, pensa arrabbiato.
Esce sul retro e fa una misera pisciatina contro il muro, in mezzo all’immondizia. Quando ritorna i ragazzi stanno già salendo sul pullman. Sono le otto e dieci: è ora di partire.
- Ciao Angelo! Tutto bene? Mike mi ha detto che stanotte non sei rientrato! Che cosa ti è successo?-
La voce di Margherita lo trafigge come un giavellotto. Si volta. Sorride felice. È ben vestita, pulita, profumata.
- Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?-
- Non preoccuparti. Non mi è successo niente di grave. Come vedi, sono qui! Impudente come sempre!-
- Cosa?-
Sfugge al suo sguardo. Sa benissimo cosa potrebbe succedere se solo osasse guardarla negli occhi. Sa benissimo che potrebbe mettersi a piangere, gettarsi ai suoi piedi, afferrare le sue gambe lisce e diritte e domandarle il perché della sua scelta. Un po’ di dignità la deve mantenere.
Va a rintanarsi, come una bestia ferita, in fondo al pullman. I ragazzi lo guardano di traverso.
- Se volete mi siedo per terra, così non vi do fastidio!-
- No, rimani dove sei!- gli dice lo Smilzi.
Negli occhi di Luca adesso c’è la brillante luce della curiosità e l’opacità della pietà. Forse, in altre circostanze, lo avrebbe cacciato. Adesso evidentemente non se la sente. È la commiserazione il sentimento che li lega, Angelo e Luca. Si osservano per qualche secondo. Luca, con gli occhi brillanti e sfrontati dell’adolescenza. Angelo, con gli occhi opachi della rassegnazione.
Mentre i professori salgono uno per no, pensa alla Reiner. Nonostante tutto ha ancora la forza di fare pensieri tiepidamente erotici su di lei. Non mi avrebbe mai apprezzato a letto, pensa. Sono troppo rude per lei. Meglio così.
Quando partono, Amsterdam è avvolta da una nebbiolina autunnale leggera e fastidiosa. Angelo si volta a guardare la città per l’ultima volta. I tetti grigiastri, i muri grigiastri, le strade grigiastre. Tutto è avvolto in una luce grigiastra sepolcrale, che lo fa rabbrividire.
Nessuno attorno a lui ha voglia di fare casino. Tutti sono in coma, a causa della notte insonne passata.
Si acciambella sul suo sedile e dorme. Un sonno lungo, ininterrotto e senza sogni.
1 comment:
Mi è piaciuta molto questa parte di racconto, soprattutto come descrivevi gli stati d'animo.
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