Saturday 23 June 2007

INFINITE STORIE


Fin da piccola ho capito una cosa: se la vita reale faceva schifo, non era totalmente colpa del mondo e nemmeno mia. La felicità bisogna crearsela, e per fare ciò bisogna giustamente evadere dalla realtà, a volte, o anche entrarci attraverso la parola scritta, e ragionare per trovare soluzioni. Ecco perchè mi sono gettata a capofitto nei libri.
Non sono cresciuta in una famiglia molto "colta". In casa mia non si legge mai o si legge pochissimo, e al massimo libri tipo "Sono stata spiegata" o anche "Sola come un gambo di sedano". Fu il libro di "Pinocchio", regalatomi quando avevo quattro o cinque anni, ad aprirmi l'orizzonte. Lo lessi due, tre, quattro volte, forse più. Poi decisi che dovevo avventurarmi verso altri libri.
Non era facile poter ottenere libri quando ero piccola, essendo questi considerati inutili. Allora, non appena avevo il mio sussidiario, leggevo tutto quello che mi capitava, e mi ritrovavo a finirlo in un sol giorno! :-P
Poi, piano piano, tra biblioteca e soldi di mance dei miei nonni, mi sono costruita la mia prima "biblioteca personale". Ma il boom c'è stato dopo i dieci anni. Li la lettura è diventata "dipendenza".
Ho letto molti libri impegnati senza comprenderli appieno, e adesso mi accingo a rileggerli. Come "Il deserto dei Tartari" di Buzzati, che vorrei rileggere ora, a distanza di più di dieci anni, per comprenderlo meglio. E' incredibile come sia semplice cogliere nuovi aspetti di un libro, dopo che lo si rilegge. E ti rendi conti di nuovi significati, nuove chiavi di lettura.
Si, sono dipendente dai libri. Credo proprio che non potrei farne a meno.Talmente dipendente che alla fine ho pure iniziato a scrivere, dando sfogo alla mia "pazzia" :-P
Ultimamente ho letto:
- Il nome della rosa, Umberto Eco: un libro straordinario, che mi ha aperto la mente e il cuore;
- La lunga vita di Marianna Ucria, Dacia Maraini: un pò femminista, ma indubbiamente aperto a molte interpretazioni e che non mostra la donna vittima, ma la donna e l'uomo come vittime di una società stereotipata e chiusa, dalla quale la duchessa Marianna Ucria, sordomuta, ormai quarantenne si distacca;
- Una donna, Sibilla Aleramo: un altro libro femminista, ma scritto con intelligenza dove nessuno è vittima e nessuno è carnefice: tutti vittime di un sistema ignobile e della propria ignoranza e incapacità di ribellarsi. Storia di una donna coraggiosa (la stessa Aleramo) che abbandona la famiglia e il figlio al fine di trovare se stessa e l'amore che le scoppia in petto;
- Tra donne sole, Cesare Pavese: alcuni lo definiscono misogino, io lo definisco un piccolo capolavoro di denuncia di una società borghese avvizzita e vuota, che non ha altro svago che il chiacchiericcio inutile, oppure la morte;
Ora sto leggendo:
- The fountainhead, Ayn Rand: non so il titolo in italiano, ma un libro monumentale e fortemente filosofico...
Da leggere (o rileggere) in futuro:
- Il deserto dei Tartari, Dino Buzzati: letto a quindici o sedici anni, lo trovai addirittura noioso. Stupida che ero! Va riletto assolutamente;
- Antologia di Spoon River, Edgar Lee Masters: letto in italiano, non compreso, riletto in inglese mentre una folgorazione mi ha colpita in pieno. Un piccolo capolavoro dell'amarezza umana (mi ha stimolato per la stesura di nuovi racconti :-P);
- Fontamara, di Ignazio Silone: l'opposizione dei "cafoni", ovvero i contadini, contro i soprusi nell'Italia meridionale dominata dal fascismo;
- Il processo, Franz Kafka: impossibile non leggerlo, sopratutto dopo che si è letta "la metamorfosi".
Sto strafando, lo so...
See ya =)

1 comment:

Anonymous said...

Non posso che ritrovarmi in molte delle parole con cui hai descritto te stessa (Pinocchio è stato il mio primo libro preferito, costringendo mia madre a rileggermelo mille e più volte quando io non sapevo leggere), seppur con doverose differenze (Pippi Calzelunghe è stato il mio primo vero punto di svolta).

Io ho un grandissimo problema nella lettura: la memoria. Purtroppo ho una memoria decisamente labile, tale per cui riesco a fatica a ricordare eventi della mia fanciullezza, se non emotivamente forti, così come non riesco a ricordare per più di molto qualcosa che studio e studio anche a lungo (se mi chiedessi ora a distanza di un paio di mesi di spiegarti la mia tesi non saprei farlo). E questo, ovviamente, finisce anche per colpire ciò che leggo: a meno di non rileggere qualcosa in maniera periodica (una volta all'anno, per intenderci), finirò per dimenticarmi completamente l'intero libro letto, per quanto io possa averlo adorato. Mi ricorderò di certo le emozioni avute leggendo quel libro, ma al di là di quelle il vuoto più assoluto. A volte, addirittura, rimuovo completamente un libro al punto tale da arrivare a non ricordarmi neanche i colpi di scena più forti all'interno dello stesso.
Questo mi porta, appunto, a poter/dover rileggere gli stessi libri già letti (ed apprezzati) perché li ho già totalmente dimenticati e per quanto mi sforzi mi vengono solo dei flash e nulla di più. E da un lato, però, mi piace pensarlo anche come un vantaggio: perché se è vero che ora come ora non riuscirei a parlare con te del ciclo della Fondazione di Asimov seppur l'ho letto tutto anni fa e l'ho amato (soprattutto in Preludio alla Fondazione e Fondazione Anno Zero, libri che molti guardano attorcigliando il naso), allo stesso tempo potrei ora rileggermi gli stessi libri e godermeli ex-novo, come fosse la prima volta.

Il mio problema, quindi, è un handicap o un dono?